Autorità: da ‘augere’, far crescere
(Sir 51,17-27 / Sal 18 / Mc 11,27-33)
Quelle parole dette di traverso ad una pianta di fichi e la cacciata dei mercanti dal tempio furono, stando al Vangelo di Marco, gli ultimi gesti di Gesù. Non serviranno più segni miracolosi o guarigioni. Ora tutto dovrà risolversi in un faccia a faccia tra Gesù e i suoi oppositori che, d’ora in poi, formeranno un corpo unico contro Gesù stesso: capi dei sacerdoti, scribi e anziani.
È tempo per Gesù di parlare ancora in parabole, di dare alcuni insegnamenti perché di lui possa rimanere una traccia, un solco, un cammino lasciato dalla sua Parola. Parole di Dio e parole degli uomini stanno l’una di fronte all’altra come Gesù sta di fronte ai suoi oppositori. Sarà un dibattere che diventerà perfino un processo.
La maledizione del fico fu anche prova di quanto potere abbiano le parole. La faccenda di quell’albero sta a dimostrazione di quanto le parole umane possono ferire o addirittura mettere a morte o far morire. Non è così della Parola di Dio ed è per questo che paiono così strane sulla bocca di Gesù quelle parole contro un fico. Ci scandalizziamo quasi che sulla bocca di Gesù possano essere apparse parole maledicenti, e come mai non proviamo lo stesso scandalo quando parole malevole escono dalle nostre labbra? Se avessimo percezione che lo stesso accade per effetto di certe parole che circolano tra noi, dovremmo davvero preoccuparci unicamente di cercare la Sapienza, di chiedere nella preghiera che un custode vigili a ciò che esce dalla nostre labbra. Il fatto del fico seccato potrebbe stare a lezione e a conferma di tutto questo.
Ma ora sono i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani a scagliare contro Gesù parole amare, domande che sembrano plausibili e legittime ma che serviranno solo per condannare Colui che compie certe cose senza avere il permesso, il mandato, una nomina. Al Tempio tutto si svolgeva secondo riti stabiliti; anche incarichi e nomine erano ben definite da un sistema rigido. È comprensibile che, dopo che Gesù ebbe cacciato i mercanti dal Tempio, si rivolgano a Lui chiedendo le credenziali, le referenze: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?»
Gesù risponde, sostiene il dialogo. La Parola è dialogica per natura. Sta sempre rivolta a qualcuno. In questo caso tuttavia il dialogo non si fa risposta immediata ma una nuova domanda, come un indizio a cercare meglio, un’indicazione che possa portarli a trovare la fonte, il mittente. Ammesso e concesso che l’uomo abbia compreso di essere il destinatario di quella Parola.
Capi dei sacerdoti, scribi e anziani del popolo, vivevano la loro funzione di autorità come uno stare sopra. Si imponevano dall’alto, convinti che quella postura fosse garanzia di obbedienza. Ma l’autorità, sembra dire Gesù, non si esercita dall’alto, quanto piuttosto facendo crescere dal basso, spingendo da sotto a sopra. Per questo scese e venne in mezzo a noi. Il suo battesimo fu un’immersione, un farsi simile in tutto a noi perché autorità – nel termine letterale – porta in sé anche questa radice. Discese dunque, si immerse, fu battezzato proprio perché d’autorità l’uomo potesse essere innalzato, fatto crescere. Nella loro povera autorità non seppero far altro che innalzare un innocente per eliminarlo ed affermare così la loro presunta autorità. Eliminare, cancellare, uccidere è l’altro modo di esercitare l’autorità. Alla fine ci si ritrova soli al comando e si pensa di avere un regno e dei sudditi.
Gesù conosce l’autorità del Padre. In Vangelo di Marco iniziò proprio con la predicazione di Giovanni, il battesimo di Gesù e la sua immersione nelle tentazioni dell’umano. Giovanni Battista in terra, dall’alto della sua autorevolezza, riconoscerà a priori la grandezza di colui che verrà dopo di lui e il Padre, dal cielo, farà udire la voce ancor più autorevole e incoraggiante: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Una vera benedizione che fa crescere, che fa portare frutto.
Autorità è seminare, far crescere e lasciar crescere, non imporre pesanti fardelli che nemmeno colui che li impone sarebbe disposto a portare. Autorità non è oppressione e autorevole è colui che libera e fa vivere. Autorità è aiutare a mettere radici profonde in questa terra; autorità è vedere spuntare germogli.
Vieni, santo Spirito!
Deponi nei nostri cuori il desiderio di avanzare
verso una comunione: sei tu che ci guidi.
Tu che ci ami ispira il cuore di chi cerca una pace
e donaci di porre la fiducia là dove ci sono i contrasti.
Dio che ci ami, Tu conosci le nostre fragilità.
Tuttavia, con la presenza del tuo santo Spirito,
Tu vieni a trasfigurarle al tal punto
che le ombre stesse possono illuminarsi all’interno.
Dio che ci ami, rendici umili,
donaci una grande semplicità,
nella nostra preghiera, nelle relazioni umane,
nell’accoglienza.
(Frère Roger di Taizé)
Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
La parola di Dio è un grande dono,
trasmette una forza che nessun altro sa dare.
Vi trovi la salvezza e il bene
ed è fonte di sapienza per tutti.
La parola di Dio è un messaggio
che non cambia col cambiare delle mode.
La Parola di Dio è la buona notizia
che ci riempie il cuore di gioia.
Non è frutto di ragionamenti complicati
ma testimonianza di una storia di salvezza.
Le persone semplici la leggono con gioia
e i poveri ne colgono l’annuncio di liberazione.
L’impegno di metterla in pratica
ha cambiato profondamente la mia mentalità
e il mio stile di vita.
Mi ha richiesto costanza nell’ascolto,
preghiera, dialogo con gli altri
e l’umiltà di mettermi in discussione.
La sua proposta è così radicale
che a volte mi sembra un’utopia
impossibile da realizzare in questo mondo
e da incarnare nelle scelte di ogni giorno.
Mi sento tanto incoerente, Signore,
e te ne chiedo perdono.
Tienimi lontano dalla tentazione
di racchiuderla in schemi teologici
o di fane un prontuario morale.
Solo così sarò un vero credente,
sempre in ascolto della Parola
senza sentirmi un arrivato.
Spero che questo bisogno che ho dentro
e questo impegno che mi sono assunto
di una lettura quotidiana della Parola
trovino sostegno costante in te, Signore,
che sento come compagno di viaggio
e fonte della mia fedeltà.
La tua Parola è mia guida, Signore!
(salmo 18b, trascrizione di Sergio Carrarini)
Lode a te o Signore poiché trovi sempre il mezzo per sostenere il nostro cammino. Grazie don Stefano le tue riflessioni accendono sempre la luce dentro il mio cuore.