Brucia ma non consuma

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Data :22 Ottobre 2020
Yosemite, La “cascata di fuoco”

O Amore senza alba o tramonto, libera noi tue creature in cammino, da ogni intolleranza e durezza, da ogni incomprensione e chiusura. Svuota gli abissi interiori, crea sempre più dei cuori nuovi; sottrai la natura dal male, battezzandola col tuo fuoco d’amore. Amen.

Dal Vangelo secondo Luca (12, 49-53)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Che la (Sua) vita non fosse una passeggiata lo si è capito. La sua morte l’aveva pure saputa annunciare. Non tanto come predizione di una data certa, ma l’aveva meglio definita nel suo essere una modalità di espulsione: eliminarlo dalla faccia della terra lasciandolo pure sospeso ad una croce, fuori dalla città. E dentro gli bruciava come fuoco il desiderio che si compisse questa passione che già s’era accesa. Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e cosa posso volere, se già è stato acceso?

Egli è in mezzo a noi come uno spartiacque, e solo il vecchio Simeone, navigato com’era nelle cose della vita per il gran numero dei suoi anni, potè dire a sua Madre che quel bambino era nato per la rovina e la resurrezione di molti, come un segno di contraddizione (Lc 2,34), come la colonna di fuoco che guidava il popolo nella sua pasqua e bruciava tutt’intorno i suoi nemici (salmo 96,3). Gli bruciava dentro la passione che contraddistingue i profeti ma non volle più che il fuoco dal cielo divorasse città inospitali. Abramo cercò di patteggiare con i tre stranieri diretti verso le città di Sodoma e Gomorra per evitarne la distruzione, ma venne dal cielo il fuoco che le distrusse (Genesi 19). Anche i due discepoli Giacomo e Giovanni, quando si trovarono davanti al rifiuto che i Samaritani ebbero per il loro Maestro già che stava andando a Gerusalemme, furono come presi da un impeto di distruzione che avrebbero trasformato in una preghiera: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Luca 9,54). La preghiera non venne neppure esaudita. Al contrario ne ricevettero un rimprovero. Il fuoco era già in mezzo a loro e bruciava di passione per salvare l’uomo e non per distruggerlo.

L’esistenza dell’uomo si consuma e finisce da sé. La vita è già di per sé una perdita a meno che tu, prima, in un chiaro discernimento, scelga di donarla per gli altri. Ci sono lavori inutili, si dice in un proverbio bergamasco: spalare neve, battere rami di noce per farne cadere i frutti e ammazzare gente sono lavori inutili. Cose tutte che accadono naturalmente: la neve si scioglie da sé, le noci cadono dall’albero e la gente muore senza bisogno di ucciderla. Già!

La Parola di Dio che come colonna di fuoco guidava il popolo nel suo camminar errante per deserti d’anima più che per quelli geografici, si fa carne ogni volta che la Vita, nel suo umano consumarsi risplende di luce e dona calore tutt’attorno. E scopriremo poi, come Mosè, che altro non è che un roveto (perché vivere è pungente) che brucia ma non si consuma.

C’è una cascata, nel parco naturale di Yosemite in California, che in rarissimi periodi dell’anno, con il disgelarsi delle nevi dalla sommità delle sue cime, lascia colare acqua che per un particolare taglio della luce in giornata terse e limpide, si illumina come fosse una cascata di lava. M’è venuto in mente questo spettacolo della natura leggendo il Vangelo di oggi, sentendo parlare di fuoco e di battesimo. La neve che si scioglie al termine dell’inverno è presagio della vita che accende nuove stagioni e nuovi colori. In momenti ancora più rari, quasi brevi istanti, dalla stessa cascata si sprigiona, sempre per giochi di luce naturale, di gocce d’acqua e di vento, un riverbero d’arcobaleno, da sempre simbolo di pace. E mi fa pensare alla pace che solo il Risorto da morte, solo Colui che ha dato la sua vita per tutti potrà offrire al mondo. Non è come la pace che dà il mondo (Gv 24,27). Non è la pace da intendersi come sinonimo di assenza di conflitti o di tregua tra l’una e l’altra guerra. Queste, purtroppo continuano a fasciare il pianeta e ad uccidere inutilmente la Vita. Non parla neppure di conflitti generazionali o di liti in famiglia o tra parenti, che neppure queste mancherebbero sulla terra.

Parla di una divisione non scontata, di una chiarezza ulteriore che occorre fare anche laddove i rapporti sembrano chiari e ben definiti. Non basta neppure più dirsi padri e madri e figli e nuore e suocere. Tra le pieghe mai semplici di questi rapporti, si aggiunge un’altra discriminante che però fu annunciata come beatitudine. Beati voi quando subite a causa del Vangelo, l’incomprensione all’interno dello stesso nucleo famigliare e pure nella famiglia più grande che è la comunità stessa. Sì, il Vangelo quando è proclamato e annunciato non lascia indifferenti. A volte brucia, scotta, segna a fuoco. Brucia ma non consuma. Brucia perché cura. Brucia perché guarisce le ferite.

Yosemite, la”cascata di fuoco” quando si trasforma in un arcobaleno
Tra i lettori di “ottogiorni.it” si fanno conoscenze. E si giunge fino in Toscana, per amici che abitano a Monza. E vengo a conoscere Alessandra Giusti, che da pochissimo scrive poesie. Lei piuttosto canta, mi dice. Ma da pochi giorni, dopo un passaggio presso la fraternità di Romena, è presa dallo scrivere poesie. Succederà che ne leggeremo alcune. Grazie di questo dono che volentieri condividiamo qui.

Partorire.

Soffrendo.

Urlando, strappandosi la veste.

Senza anestesia, contattando la carne,

ascoltando il caldo del sangue che cola.

Io nn ho partorito mai.

Sono una mamma, si, ma mamma del cuore.

Ho scelto questo modo che mi pareva indolore.

Avevo paura della vita e volevo un rifugio.

Volevo preservarmi,

Cercavo protezione.

Ma la vita mi ha fatto partorire.

Con molto dolore, senza anestesia.

Ho partorito molte volte,

Ho aiutano a rinascere,

Mi sono a mia volta partorita.

Sì, perche’ son nata e rinata a me stessa,

Quasi sempre con urla e pianti,

o almeno quelli li ricordo più forte.

Quasi sempre da carni straziate,

Con brandelli di pezzi.

Ma il mio dolore ha partorito occasioni.

Allora ha senso lo straziar delle carni.

E con dolore partorisco poesie,

Nel dolore partorisco pensieri.

Dall’urlo si apre una porta.

Dell’amaro calice vorrei liberarmi,

Dell’amaro calice non vorrei fare esperienza.

Ma se bevo si apre la porta.

La vita mi ha chiamato a partorire molte volte,

Quasi tutte con dolore.

(Alessandra Giusti)


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Piccoli Pensieri (3)

Emilia

Grazie Alessandra di aver condiviso questo tuo capolavoro, il mondo ha bisogno di tutte le donne che sanno essere mamme.

22 Ottobre 2020
Emanuela

Grazie per questa bella iniziativa di proposta di poesie e grazie a chi le offre. Aiutano sicuramente a tenere acceso il fuoco della passione e della fede.

22 Ottobre 2020
serena

Vieni e vinci ogni paura dentro di noi,
rendici felici, di credere sperare e di amare.
Metti entusiasmo nella nostra vita,
mitezza e serenità nel nostro cuore.
Vieni, Spirito Santo!

( Angelo Comastri)

e trasforma la nostra vita in un arcobaleno.

22 Ottobre 2020

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