Classificare, osservare. Amare.
Joseph Cornell, Shadow box
C’è poco da fare: siamo degli esseri classificatori per definizione. Classificare nasce da una discreta e sempre più affinata capacità di osservare. Classifichiamo ogni forma di vita: specie di animali, di vegetali, di batteri e di virus. E abbiamo imparato a classificarci pure tra noi esseri umani: in base alla provenienza, alla lingua, ai tratti somatici, alla cultura, ad atteggiamenti caratteriali. Classifichiamo automobili o mezzi di trasporto in base a cilindrate e molti strumenti utili in base alla potenza. In materia di lavoro si ottiene un posto in una graduatoria, e anche nello sport ci si classifica. Perfino l’olfatto classifica profumi e odori in grandi famiglie olfattive. Gli stessi rifiuti che noi produciamo, insegniamo presto a differenziarli.
Classificare è sempre un po’ valutare. Classificare è molto rassicurante. Ciò che è classificato, in un certo senso, è conosciuto. Ciò che è conosciuto poi fa sempre meno paura dell’incognito.
Anche in materia religiosa l’uomo sembra applicare gli stessi comportamenti: distinguiamo e classifichiamo precetti, comandamenti, leggi. Si classificano pure appartenenze religiose dai tratti di rigore o di apertura di vedute. E quando in una selva di precetti da suddividere ulteriormente in cose da farsi e non farsi, c’è davvero il rischio di perdere la rotta, nasce un desiderio di chiarezza e di semplificazione. Questo desiderio di alleggerire il bagaglio va di pari passo con il peso specifico stesso dei comandi e delle leggi. «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Qual è dunque il comandamento a cui dare più peso? Qual è il comandamento sul quale appoggiare le fondamenta di una vita di fede?
Per il popolo di Dio, dai tempi di Mosé i comandamenti crebbero in fretta di numero: seicentotredici. Poi – dicono i racconti rabbinici – venne David, che ridusse questi comandamenti a undici. Poi venne Isaia che li ridusse a sei. Poi venne Michea che li ridusse a tre. Poi venne ancora Isaia e li ridusse a due. Infine venne Abacuc e ridusse i comandamenti a uno solo.
Rischieremmo anche noi di passare giornate intere a discuterne, se non fosse che alla questione ha risposto Gesù stesso. Egli sapeva bene quanto il dibattito fosse delicato e propendere per un comandamento o per l’altro poteva essere perfino pericoloso. Basti pensare alle pulci che facevano a Gesù ogni volta che, per salvare una vita, infrangeva il precetto del riposo sabbatico.
Ci sono due comandamenti che si assomigliano tra loro per un verbo valido sia per il cielo che per la terra: amare. E così si ama Dio con tutto se stessi e si ama il prossimo come se stessi. Amare poi conosce un altro verbo (non citato nel brano di Vangelo ma strettamente legato): ascoltare. È proprio l’ascolto che rende l’amore un vero comando. Come si può essere sicuri di amare veramente se non mettendoci in ascolto? Altrimenti si potrebbe finire per amare un’idea dell’altro, un idolo piuttosto che Dio stesso. Che il nostro bisogno di classificare illudendoci di starcene più al sicuro, ceda il posto ad un desiderio maggiore di amare. Senza dimenticare Colui che ha messo per noi ordine in questo smisurato numero di comandi. Senza dimenticarci neppure che osservare non è soltanto verbo da scrupolo di coscienza. Osservare è pure imparare a volgere lo sguardo verso coloro che abbiamo facilmente o maldestramente classificato all’ultimo posto.
Certo, senza legge
non c’è né ordine né libertà,
ma senza l’amore non c’è vita:
Signore, donaci lo Spirito dell’Amore,
lo Spirito di tuo Figlio.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Matteo (22,34-40)
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
O Spirito Santo,
anima dell’anima mia,
in te solo posso esclamare:
Abbà, Padre.
Sei tu, o Spirito di Dio,
che mi rendi capace di chiedere
e mi suggerisci che cosa chiedere.
O Spirito d’amore,
suscita in me il desiderio
di camminare con Dio:
solo tu lo puoi suscitare.
O Spirito di santità,
tu scruti le profondità dell’anima
nella quale abiti, e non sopporti in lei
neppure le minime imperfezioni:
bruciale in me, tutte,
con il fuoco del tuo amore.
O Spirito dolce e soave,
orienta sempre più la mia volontà
verso la tua,
perchè la possa conoscere chiaramente,
amare ardentemente
e compiere efficacemente.
Amen.
(san Bernardo di Chiaravalle)
“Shema’ Israel….”
“Ascolta, Israele, ascoltami tu…” sembra dire oggi il Signore.
Un comando, certo, ma detto con autorevolezza e… amore. Già dalle prime parole si “sente” ciò che il Signore chiede…
Tutto parte dall’ascolto, esercizio impegnativo perché ti coinvolge totalmente.
Cosa dobbiamo ascoltare?
Il Signore parla subito di Amore, verso di Lui e verso gli altri.
Ma sapeva della nostra caparbietà e poco impegno ad imparare.
Allora ecco Gesù, tre anni di cammino instancabile, con l’urgenza di parlare di Amore, non solo per il Padre ma per tutti gli uomini.
Non si è risparmiato Gesù, con altre parole ha chiesto l’ascolto.
“In verità, in verità vi dico…”
Sappiamo amare? Assolutamente no, forse a malapena amiamo noi stessi, c’è ancora tutto da imparare.
“Shema’ Savina…”
Impara ad ascoltare, chiedi di imparare ad amare.
Riuscire a mettere da parte tutto il superfluo per concentrarsi su ciò che conta davvero è qualcosa che permette slanci impensabili. Un po’ come un corridore che dovesse fare una gara carico di borse della spesa o carico solo della propria volontà. Una differenza notevole davvero… Varrebbe la pena provare a farlo, di tanto in tanto.
AMARE….che comandamento difficile da vivere! Eppure quanto è essenziale. Lo capisci quando ne hai bisogno, quando sei costretto a dipendere completamente dalla cura degli altri e sei fragile. Lì, nella qualità dei gesti, dello sguardo, del tempo dedicato, nell’ attenzione a capire e prevenire i tuoi bisogni, a soddisfarli con leggerezza e cura, è lì che eserciti l’ amore. E quanto male fai se non curi la qualità!
Eppure amare ed essere amati è VITALE nel senso che non c’è vita senza amore.
Quanti bambini, fra quelli incontrati nella mia professione, hanno fatto fatica a crescere e a diventare uomini! E oggi, quanti anziani arrivano a desiderare di morire per mancanza d’ amore!
Costa amare…Mi appare la splendida persona che è Gino Strada, un uomo che ha saputo amare. Con lui ricordo un pensiero di Cesare Pavese: “ L’ uomo mortale ha solo questo d’ immortale: il ricordo che porta, il ricordo che lascia.”
“…Conoscere chiaramente, amare ardentemente e compiere efficacemente. Amen”. La prima forma di conoscenza è l’ascolto, per l’embrione come per il neonato, per Israele come per noi. Che il Signore ci renda ogni giorno sempre più umili ed attenti ascoltatori della Sua Parola, per conoscerLa, amarLa, viverLa e compierLa e facendo questo amare Lui ed ogni fratello o sorella che incontriamo. Siamo tutti in Uno, in Te, e Tu sei tutto in noi, in ognuno, grazie alla Tua Parola.