Cogliere è capire
Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani – II giorno
(Eb 6,10-20 / Sal 110 / Mc 2,23-28 oppure i testi per la settimana: Ef 3,14-21 / Lc 2,41-52)
Si persero per alcune spighe di grano! Se sfogliate il Vangelo all’indietro a partire dal brano proposto quest’oggi, si può cogliere in poco tempo tutto quanto Gesù aveva già compiuto: guarigioni varie, alcune delle quali in giorno di sabato, guarigioni che maturano nel contatto con l’impuro lebbroso. Ancor di più, perdonerà i peccati del paralitico. In sostanza e in breve, Gesù si troverebbe dunque di fronte a diverse forme di immobilismo, paralisi umane che sembrano dire paresi spirituali. I piedi dei risanati ora segnano una nuova direzione, traducono i più buoni desideri che muovono la Vita. Le mani invece simboleggiano il potere di compiere, di fare. Non a caso la suocera di Pietro venne presa per mano, fatta rialzare ed ella poté nuovamente servirli con le sue proprie mani.
La coscienza dei proprio limite è l’esperienza umana per eccellenza. Un cielo stellato e un silenzio profondissimo ti fanno sentire il limite. Così pure un uomo solo in mezzo ad una foresta o in un deserto. A volte, anche un uomo in mezzo ai suoi simili. Più degli animali o di qualunque altra creatura noi abbiamo la precisa coscienza dei nostri limiti e, assieme, quel crescente desiderio di provare anche solo a superarli. Potremmo dunque dire che siamo fatti per la trasgressione? Meglio tuttavia dire che desideriamo nel profondo andare oltre i nostri limiti. E qual é il limite dell’uomo? L’uomo stesso, forse. Quando si veste da fariseo. Quando si nasconde dietro rigore e osservanza esteriori non tanto per allenare se stesso all’obbedienza quanto per avere di che accusare gli altri. Anche la fame è limite per l’uomo. Fame che ti può tentare all’inverosimile. Fame che ti fa dimenticare l’altro con il quale invece potresti anzitutto condividere, per poco o tanto che tu abbia.
La fame a cui Gesù si appella è quella di Davide, il Re-Messia dalle fattezze umane (la fame che provava lo dice) a cui di certo non mancava il potere di sfamarsi. Ebbe fame. Entrò – dunque – nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni». E ne diede anche ai suoi compagni!. Questa è la chiave che libera l’uomo. Avere tutti fame e pensare solo al proprio stomaco è paralizzante, riduttivo dell’uomo stesso.
Si intuisce dunque che c’è modo e modo di superare il limite dell’uomo. Se superare i propri limiti significa estendere il proprio dominio, allora il pericolo vero è dimenticarsi degli altri. In inglese si chiama “hand grabbing”. Chi troppo vuole, nulla stringe! E questa è vera trasgressione del comando. L’altro modo di superare il limite dell’uomo porta un nome preciso: condivisione. L’abbondanza di quella messe, il numero di spighe presenti su quell’appezzamento di terra, i chicci sgranocchiati sotto i denti dei discepoli, dicono soprattutto la generosità del padrone della messe. Il limite della fame si trasforma così in un luogo di comunione, di contatto e di scambio. Il sabato diventa così il giorno dove l’uomo non stende la mano per accaparrare. Ci si Ferma da proprio lavoro per ricevere in dono ciò che le nostre mani non riescono a procurarci con le proprie forze.
Colsero spighe e parve trasgressione agli occhi di chi era già intenzionato a mettere la mani su Gesù stesso. Colsero spighe e compresero la generosità di Dio.
Santo Spirito,
fa’ che possiamo accogliere Cristo nei nostri cuori,
e custodirlo come un segreto d’amore.
Nutri la nostra preghiera,
illumina la nostra comprensione delle Scritture,
opera in noi affinché i frutti dei tuoi doni
possano a poco a poco crescere.
Amen.
Dal Vangelo secondo Marco (2,23-28)
In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Lasciamo che Cristo discenda
nelle più riposte profondità del nostro essere.
Egli penetrerà nella nostra mente
e nel nostro cuore,
e s’impadronirà anche del nostro corpo,
oltre che del nostro spirito
così che anche noi un giorno
sperimenteremo
le profondità della misericordia.
Comunque c’è da capire perché certi limiti cerchiamo di superarli, anche se sarebbe meglio fermarsi prima, e il limite della condivisione del pane invece lo troviamo spesso insormontabile, o meglio non ci impegna come il cercare di superare i nostri limiti umani. Mi riferisco a noi piccoli, ma anche ai governanti.
C’è fame e fame… La fame da ingordigia, la fame nel mondo, la fame di successo, la fame di chi digiuna e poi la fame e la sete di Dio, della Sua Parola che potrebbe aiutare a gestire tutte le altre, rimettendole al giusto posto. Quest’ultima fame da sola aiuta a sorreggere la fame di chi digiuna per scelta, per sentire la mancanza di cibo da compensare con pienezza di ascolto, preghiera, silenzio… Nella libertà e con la consapevolezza che il Signore dona la forza, perché siamo forti solo della Sua forza. La privazione scelta non è mai privazione subita, è quest’ultima che dovremmo combattere con tutte le nostre forze, affinché i poveri non siano sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi.
Che il Signore effonda la rugiada del Suo Spirito che è anche fortezza.