Come mi vedi?
Sabato dopo le Ceneri
(Is 58,9-14 / Sal 85 / Lc 5,27-32)
Sfogliamo un attimo il Vangelo di Luca, i versetti e le pagine che precedono il brano di oggi. Si raccontano almeno due guarigioni: quella del lebbroso e del paralitico portato a Gesù da alcuni che ebbero la brillante idea di scoperchiare il tetto per mettere davanti agli occhi di Gesù proprio quell’uomo infermo. Gesù – dice Luca – vide la loro fede… oltre che l’uomo paralitico. Con la stessa intensità di sguardo aveva già notato le barche su cui stavano i pescatori di ritorno da una notte di pesca infruttuosa. Propose loro di gettare nuovamente le reti… sulla sua parola le gettarono e, alla fine, divennero i suoi primi discepoli. Pietro chiese a Gesù di allontanarsi: provava evidentemente un senso di inadeguatezza nato dalla sua incredulità alla parola del Maestro. I malati invece si avvicinavano spontaneamente a Gesù.
L’evangelista Luca miscela accuratamente questi racconti di malati e peccatori, senza nemmeno marcare troppo la linea. Anzi, nel racconto del paralitico, guarigione da malattia e perdono dei peccati sembrano fondersi nell’unico segno. E abbiamo imparato altrove, sempre leggendo il Vangelo che Gesù non fa analogie o collegamenti tra malattia come castigo di chissà quali peccati. Ci sono peccatori che di salute stanno benissimo… in perfetta forma. Ad un primo sguardo, si intende! Noi non riusciamo più (ci siamo mai riusciti?) a scorgere in noi i danni causati dal peccato e facciamo presto a tirare linee di categoria, di catalogazione.
Vide un pubblicano di nome Levi. Lo vide come nessun altro lo vedeva. Non gli mancava un certo spirito di osservazione, quella capacità di guardarsi attorno e vedere ciò che nessun altro sapeva scorgere. Oltre ogni categoria, oltre ogni semplice divisione in gruppi. Lo vide seduto, come seduti erano i farisei mentre dal tetto calavano il paralitico. Non è che Luca sia povero di parole, che il suo vocabolario sia scarno. Sono scelte precise.
Gli disse: «Seguimi». Sapeva bene la portata di quella parola. Ne conosceva la forza. Come quando diceva: «Alzati». Ci sono parole essenziali alla vita, come quando Dio disse: «Luce». Ogni parola che pronunciamo ha un suo peso, una sua portata, un suo valore ed un suo effetto. Levi sta seduto al banco delle imposte come i farisei se ne stanno sicuri nelle loro posizioni strategiche di giudizio. C’è come una sorta di paralisi in chi sta seduto ad osservare, mentre uno sguardo attento e profondo, spesso unito ad una sola parola, attiva un rapido sconvolgimento interiore così forte che subito il peccatore Levi preoccupato soltanto di guadagnare a dismisura, diventa colui che offre un banchetto. Luca annota che fu proprio Levi a preparare un banchetto come la suocera di Pietro che guarita dalla febbre s’alzó dal letto e si mise a servire.
Il banchetto diventa dunque un segno incomprensibile per chi vede solo dei “compagni di merenda”, dei complici accomunati dallo stesso male, destinati a perire tutti allo stesso modo. Gesù vedeva già in quella capacità di condividere, i frutti di quella parola che aveva indirizzato all’uomo seduto al banco del guadagno. Levi comprese così che egli stava solo perdendo la sua vita nel desiderare guadagno e profitto. Fece un banchetto, uno dei tanti banchetti ai quali Gesù amava partecipare… se questi erano il segno posto alla vigilia di una vita donata. Per questo amiamo quell’ultima cena, quell’ultimo banchetto che Egli diede alla vigilia della sua morte, quando stava per dare la vita per i propri amici.
In quello sguardo di Gesù, riflesso dello sguardo del Padre che vede nel segreto, noi possiamo intuire che l’amore di Dio è più forte di ogni nostro giudizio, di tutte le nostre classificazioni; più forte perfino di tutte quelle fragilità che ci atterriscono e ci tengono legati a terra. Così si leva per noi un nuovo giorno, segno di una vita che, pur essendo sempre l’unica e medesima vita, può ricominciare.
Signore Gesù,
ogni nuova giornata è un appuntamento che Tu mi dai.
A questo appuntamento Tu sei sempre il primo.
E che ogni giorno, ogni risveglio,
mi porti conversione più profonda.
(Giovanni Vannucci)
… per sostare ancora in meditazione, per disporre il cuore all’ascolto, puoi ascoltare Aurore, di Paolo Fresu, Richard Galliano, Jan Lundgren (tratto da Mare Nostrum II)
Dal Vangelo secondo Luca (5,27-32)
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
Chi mi è accanto stia pur vicino;
essi non possono sapere
che Tu sei più vicino di loro
dentro il mio cuore.
Chi vuol parlare parli,
non chiuderò loro gli orecchi;
essi non sanno che il mio animo
è pieno delle tue parole segrete.
Te ne stai sempre in silenzio,
dentro il mio cuore, in silenzio.
Non dirò mai a nessuno, o Signore,
di lasciare la strada che conduce a Te.
Tutti gli amori mi porteranno verso di Te.
Il tuo amore sta nell’amore di tutti,
nel mio cuore.
La mia preghiera è di poter sempre vedere
i vincoli che Ti legano a tutti,
in spirito possa portare, insieme a tutti,
la tua adorazione.
Si risvegli in cuor mio
l’unione nell’unione di tutti.
(Rabindranath Tagore)
Questo Vangelo ha il suo centro nello sguardo di Gesù su Levi. È Gesù che fa il primo passo, volgendo l’attenzione su quell’uomo, senza pregiudizi, senza giudicare, lo invita a seguirlo.
Signore, quando mi sento fragile, rendimi bisognosa del Tuo sguardo, per essere pronta a cambiare per Te; donami il Tuo sguardo d’amore sugli altri.
Il brano evangelico di oggi, come un flash, mi richiama alla mente con uno straordinario vissuto emozionale- proprio perché l’ho gustato dal vivo in S.Luigi dei Francesi a Roma – lo splendido dipinto di Caravaggio “Vocazione di S. Matteo”.
Nel raffigurare il “Seguimi” e lo seguì, con i suoi magistrali contrasti di luci e ombre, Caravaggio irrompe nel nostro, nel
tuo presente….La mano di Gesù è la Parola che crea : è la nuova creazione di Matteo.
Matteo si alza ed è come se risuscitasse:
Gesù, dando la sua vita sulla croce, chiama
Matteo ad una nuova vita.
Matteo siamo noi…la sua storia è la storia della nostra Salvezza…
(Brevissima sintesi di un bellissimo commento artistico/teologico di P. Jean Paul Hernandez.