Cos’è? Perché?

XIV domenica del Tempo Ordinario

(Zc 9,9-10 / Sal 144 / Rm 8,9.11-13 / Mt 11,25-30)

Benché sia impossibile non credere, e sicuro che da soli riusciamo appena a credere in qualche dio sbagliato, forse è ancora più difficile credere nel Dio di Cristo. Signore, liberaci dal credere in un Dio che non sia Padre, e aiutaci a scoprirlo nei piccoli, negli ultimi, nelle più umili cose, dove tu ami nasconderti, Signore: Dio di Cristo, scandalo di tutte le fedi, per quanto creatore del cielo e della terra! Amen.

(David Maria Turoldo)

Dal Vangelo secondo Matteo (11,25-30)

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

La madre cantava “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1,52). Lui all’epoca era portato in grembo, Lui che doveva portare su di sé il peso del mondo. Ma udì quel canto e quelle parole. Ebbe così udito e sguardo già formati a cogliere il gemito degli ultimi. È Dio – che Lui ha sempre chiamato Padre – che scelse di irrompere nella storia degli uomini in questo modo: nascondendosi ai sapienti e facendosi rivelazione per i piccoli. Il primo testamento lo racconta, pagina dopo pagina, parola dopo parola. E questa è tutta la sua benevolenza, il suo modo di voler bene. Scegliere tutto ciò che è scartato.

Certe parole si imprimono nella carne. Lui era la Parola, fin da principio. Semplicemente venne a svelare il significato di ogni parola. Niente vocabolari, niente etimologie… basterà guardare a Lui e capire cosa esse significano. Questa ora sarà la vera sapienza. E il sapore per la Vita, anche la più semplice e quotidiana.

Queste parole le trasse dalle sue viscere di misericordia. Per questo si rivolgeva a suo Padre. E sempre come Figlio gli stava dinnanzi. Parlava col Padre che gli aveva insegnato a parlare al mondo. Gli aveva insegnato che un Figlio deve venire al mondo e in quello stesso mondo deve andare. Diceva che “tornava al Padre”. Gli uomini pensavano parlasse di morte. Lui invece tornava al Padre per ritrovare la Vita. Quando poi dovette bere il calice amaro della morte, in quell’ora ancora parlava col Padre. E il Padre non tardò nel rispondere e Lui, ancora più felice aveva appena fatto a tempo ad intonare un salmo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Salmo 22,1). Furono le parole del suo lamento, come del nostro. Egli conosceva quelle parole e sapeva cantarle dall’inizio alla fine. Sapeva che alla metà di quel canto le sorti si mutano. I sordi odono, i ciechi recuperano la vista e ai poveri è annunciato il Vangelo. “Tu mi hai risposto! Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea” (salmo 22, 22). Lui è così: riesce sempre a tornare al Padre anche quando sperimenta il peso di stare al mondo, perché Lui è la gloria di Dio, impronta della sua sostanza.

Quand’era fanciullo dodicenne, lo persero pensandolo nella carovana. Lo persero in buona fede, pensando che altri avrebbero avuto le stesse cure e attenzioni che si riservano ai proprio figli perché quel figlio era già un po’ per tutti. E si misero in cerca di Lui. E si fece trovare. Lo ritrovarono a Gerusalemme nel Tempio, intento a discutere con i sapienti e disse chiaramente che doveva occuparsi delle “cose” del Padre suo (Lc 2,49).

Ci sono “cose” che incuriosiscono, che attirano le attenzioni di un bambino. Cose che sono dei grandi ma per lui il più grande era suo Padre. Perché pure Giovanni, che considerava il più grande tra i nati di donna, a confronto rimaneva il più piccolo nel regno dei cieli. “Cos’è?“, “Perché?” chiedono sempre i bambini. E quando anche noi ci mettiamo davanti a Dio con queste semplici domande, forse è quello il momento in cui siamo giusti davanti a Lui, siamo nella postura giusta, quella di figli incuriositi da ogni scoperta o impauriti e delusi di ciò che accade.

Le parole che oggi leggiamo, Gesù le pronunciò quando iniziava a sperimentare il rifiuto degli uomini. Lì paragonò a dei bambini capricciosi che non erano mai contenti. “Come sei brutto quando fai i capricci” si dice ai bambini, per avvertire che si sta perdendo la bellezza di colui che inizia, la bellezza di essere figli amati. Il capriccio non è roba da piccoli: è lamento di adulto in un corpo di bambino. Stona! Non si decidevano per la Vita (la loro e quella altrui). Semplicemente se ne stavano a guardare, stavano ad attendere che Lui facesse qualche segno, per poi, con superbia e arroganza, opporgli rifiuto. E nessun segno andava bene: né il digiuno di Giovanni che preparava la venuta, né il mangiare di Colui che venne nel mondo per chiamare i peccatori a riconoscersi e festeggiarsi come perdonati.

Era mitezza la sua: quel soffio che incanalato nel verso giusto dà vita, senza trasformarsi in un vento violento che distrugge e spazza via ogni cosa. La mitezza non è debolezza. È forza convogliata nel verso giusto, in favore della Vita. È forza di chi non ripaga il male con il male.

Era umiltà la sua: quello stare sulla terra sentendo tutto se stesso. Non qualcosa di sé, non la percezione di un istante. Non un sentimento passeggero. Ma tutto se stesso. Unito. Come un chicco di grano che cade in terra per portare frutto.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro“. Li vide tornare dalla missione. Li vide tornare come pecore passate in mezzo ai lupi. Li aveva inviati senza incitarli troppo al successo. Preparandoli piuttosto al rifiuto. Li avevano mandati avvertendoli dei rischi. Non si tirarono indietro. Li attendeva al loro ritorno, come il Padre attende il Figlio quando torna a lui. Li vide stanchi e oppressi. Li attendeva per offrire loro un ristoro, un’eucarestia. Un riposo. E il suo giogo. Un nuovo giogo, la sua nuova legge: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). Figli tra fratelli, bambini tra i poveri.

“Cos’è?” È il povero Cristo in terra. È il regno di Dio che si è avvicinato.

“Perché?”. È occasione di testimoniare che siamo suoi.

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!

Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me. […]

In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti;

a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi.

Ma io sono un verme e non un uomo,
rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente.

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:

«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai affidato al seno di mia madre.

Al mio nascere, a te fui consegnato;
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.

Non stare lontano da me,
perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti. […]

Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere.

Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato,
mi deponi su polvere di morte.

Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Tu mi hai risposto!
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.

Lodate il Signore, voi suoi fedeli […]
perché egli non ha disprezzato
né disdegnato l’afflizione del povero,
il proprio volto non gli ha nascosto
ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.

Da te la mia lode nella grande assemblea;
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.

I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno  tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere;

ma io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;

annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno: “Ecco l’opera del Signore!”.

(salmo 22)


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Piccoli Pensieri (1)

Maria Rosa

Ti benedico don Stefano per il tuo servizio alla Parola e chiedo al Signore il dono di questa relazione con il Padre.
Attirami e attira anche i miei figli in questa relazione che è vita

5 Luglio 2020

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