Da dove cominciamo?
II domenica di Avvento
(Is 40,1-5.9-11 / Sal 84 / 2Pt 3,8-14 / Mc 1,1-8)
Quando ci si trova a dover iniziare qualcosa, qualcosa di concreto, spesso la domanda è proprio questa: da dove si comincia? Anche un foglio bianco sta davanti a chi scrive come fosse, lui stesso, questa domanda. Una tela sta davanti ad un pittore che attende l’ispirazione; uno spartito sta davanti a chi compone; gli ingredienti stanno sul tavolo di casa quando devi preparare un cibo… da dove cominciare? Al netto di tutte le volte che ci siamo posti questa domanda molto pratica se volete, di fondo resta proprio la questione degli inizi… da dove inizia la nostra esistenza?
Nella notte di Natale, risuonerà ancora il racconto della nascita di Gesù Cristo, ma già oggi c’è qualcosa di natalizio: “Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio“. E poi, nella liturgia del giorno di Natale, quando ormai la notte è passata, il racconto descrittivo che da quei pochi dettagli per costruire il presepio, cede il posto ad un vangelo un po’ più elaborato, l’inizio del Vangelo di Giovanni: “In principio era la Parola. La Parola era presso Dio, la Parola era Dio” (Gv 1,1).
Dio, Uno, ha presto bisogno di un altro. E infine, prima di concedersi riposo, decise, parlando un’improvviso plurale, di fare l’uomo a sua immagine e somiglianza. Come a dire che non è solo l’uomo a trovarsi solo seppur circondato da mille altre creature. Tutto, stando al linguaggio biblico, comincia da lì. “Dio disse…“
La Vita inizia da una Parola e la Parola, si sa, per essere udita ha bisogno almeno di qualcuno che le dia voce e di orecchi che la intendano. E così si è già in due: chi parla e chi ascolta. La Vita inizia in due, in un fare insieme… uno parla e l’altro ascolta. Anche un figlio è vita che inizia da due.
Questi della pandemia sono giorni di un crescente senso di smarrimento che presso alcuni si fa paura, presso altri mancanza di vigilanza e di attenzione, presso altri indifferenza, presso altri ancora incertezza. Alla fine, non si sa più da dove cominciare, da dove riprendere… e a chi dare ascolto. Un groviglio di strade, di sentieri, di percorsi, alcuni dei quali finiscono in vicoli ciechi o in burroni. Troppe notizie, troppe informazioni, troppe sollecitazioni e noi non riusciamo a rielaborare così velocemente così tanti stimoli. Neppure gli ultimi arrivati, neppure i figli nativi digitali, che pure sembrano avere un’innata dimestichezza con la tecnologia dagli schermi digitali, neppure loro reggerebbero questa accelerazione di messaggi e di comunicazioni e, quasi paradossalmente, stanno crescendo in un mondo dove i contatti umani sono rarefatti o quasi banditi. Il cervello umano non accelera la sua capacità di rielaborazione e di comprensione al sentirsi bombardato da così tanti messaggi. Negli adulti l’effetto generato è più simile alla confusione che alla determinazione o alla chiarezza. Nei più piccoli si ha la percezione di avere attorno a noi bambini più svegli solo perché stimolati prestissimo all’interazione. Ma a ben guardare, soffrono pure loro e alcuni (per non sapere le esatte proporzioni) si rintanano, si ripiegano, si isolano pur essendo connessi. Mi rifaccio a semplici racconti quotidiani ma potremmo anche prendere dati ufficiali di analisi sociologiche.
Chi ha fatto per la prima volta il pellegrinaggio nella terra di Gesù, tornando a casa probabilmente non ricorda con esattezza tutti i luoghi visti e gli spostamenti fatti. Ma c’è tuttavia qualcosa che invece si imprime nel cuore come indelebile: il deserto. Il deserto attorno al Mar Morto, ma ancor più il deserto di Giuda che si percorre prima di salire alla grande città di Gerusalemme. Sono stato già diverse volte in Terra santa e devo dire che quel passaggio nel deserto non smette di lasciare un segno. In me come in tutti gli amici che si sono fatti pellegrini. La nostra vita ha bisogno di deserto dove, stando alle parole di Osea, il Signore ci vuole condurre per parlare al nostro cuore. Per parlare, appunto! E l’ascolto è comando primo. Per noi. Ma pure per Lui che dal cielo s’è presto messo in ascolto perfino del sangue che grida dalla terra.
L’inizio del Vangelo di Marco è nel deserto, dove risuona la voce di Giovanni, secondo quanto stava già scritto. Una Parola da ascoltare o da leggere con i propri occhi, sta all’inizio del nostro cammino umano e di fede. Da dove iniziare dunque le nostre giornate? Scrive Isaia: “Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro” (Is 50,1-4)
Stavamo forse nuovamente costruendo una torre di Babele per puntare in alto, dimenticandoci delle origini? Nell’odierna Babele di lingue confuse che ancora faticano a comprendersi, credo urgente trovare e disporre uno spazio di deserto nelle nostre case, nel segreto della propria stanza. In sé. L’uscire da sé, dal questo deserto, saranno incontri più umani e il parlarci potrebbe davvero risultare un dialogo, quel “due” che fa “uno”.
Per ciascuno ci sia un inizio di giornata che permette di ascoltare Dio, quando parla nel deserto del nostro cuore, in queste vite che paiono ancora troppo sterili per essere immagine e somiglianza Sua. Promise non solo di attirarci nel deserto, ma disse perfino che quel deserto Lui, sapeva come farlo fiorire… e noi crediamo in questa promessa, Parola che sta davanti a noi.
Ma oggi nessuno ode alcuna voce,
tempi senza profezia viviamo,
solo urli e frastuono riempiono
perfino il cielo, e forse
per questo anche tu, Signore, ti sei fatto muto?
Signore, mandaci ancora dei profeti
e fa’ che almeno le chiese
ti sappiano ascoltare.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Marco (1,1-8)
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
La tua venuta, Signore,
disegna un nuovo inizio, apre una novità.
Liberaci da una vita spenta e asfittica,
liberaci dall’abitudine che soffoca il cuore.
Le folle correvano nel deserto,
noi purtroppo corriamo in altre direzione,
e questi giorni confusi
ci trascinano ancor più fuori da noi stessi.
Donaci spazi di silenzio e di verità.
Davanti a Te, Signore,
ci ricordiamo di tutti coloro che nel mondo preparano strade:
le strade della pace, della giustizia, della comprensione.
Sostieni la loro fatica e la loro speranza.
Ti affidiamo la nostra terra,
i problemi giganteschi che inquietano il futuro dei popoli.
Vinci la fatica e la resistenza a disegnare per l’economia
un cammino che sia promettente per tutti.
Apri i cuori, dilata le visioni.
Dona luce ai nostri occhi, Signore
perché dalle vie che generano morte
ci convertiamo alle tue vie,
che costruiscono sulla terra segni di vita e di pace.
Amen.
(don Angelo Casati)
Sembra che Giovanni ci inviti nel deserto per ritornare semplici, per ritrovare sè stessi, per perdonare ed essere perdonati dalla immensa misericordia di Dio.
Sì,hanno ancora il potere, dopo duemila anni, di scuotere le coscienze… non solo le parole, ma anche la vita del Battista, si elevano dai tanti “deserti della nostra vita”.
Signore,indicaci la tua via per giungere a Te…
Signore Gesù, in questa seconda domenica di Avvento, Ti chiedo per intercessione di Giovanni Battista, il dono di saper ascoltare la Tua Parola e di viverla pienamente, così da preparare al meglio il mio cuore nell’incontro con Te nel giorno di Natale.
Il deserto visto rimane davvero nel cuore così come i deserti vissuti, che attraversiamo nella nostra esistenza, fatti di silenzi, tentazioni ed aridità orientano i nostri passi nella giusta direzione, alla ricerca di una Fonte viva, che permetta a noi uomini di dissetarci e ai germogli di fiorire.
Signore, resta con noi nel deserto per condurci alla fonte del Tuo inesauribile Amore.