(Darsi) arie per (avere) peso?
La tua luce, Signore, ci riveli sempre più oggetti d’amore, manifesti sempre più le ragioni profonde della vita di tutti. Svuota gli abissi interiori, crea sempre più dei cuori nuovi; sottrai la natura dal male, battezzandola col fuoco del tuo amore. Per Te ritrovino in noi unità e canto il cielo e la terra, l’altissimo e l’abisso profondo. Il giorno e la notte, la tenebra e la luce, la gioia e il pianto, la morte e la vita. Amen!
Dal Vangelo secondo Matteo (6,1-6.16-18)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Compreso finalmente che non basta non fare il male, che occorre superare la giustizia di scribi e farisei (quella di chi “fa il compitino” ma se ne guarda bene di andare un attimo oltre), compreso che occorre allargare lo spazio del Bene, con una certa naturalezza potremmo ora chiederci: cosa dunque possiamo fare di più? Per un buon credente, al tempo di Gesù la domanda in un certo senso non sussisteva: elemosina, digiunano e preghiera erano (e ancora sono) tre pilastri della pratica di fede. È come se Gesù desse per scontato che questo bisogna fare. Quindi la questione non riguarda il “cosa fare” di buono.
Il dilemma è nell’intenzione con cui facciamo queste cose. Il “di più” non è dunque da intendersi in senso quantitativo (sarebbe semplicemente l’inizio di una pessima competizione!) quanto piuttosto in termini di valore delle intenzioni. Come dire: mentre fai di più, non fare il di più! Sappiamo benissimo – senza dover esemplificare – cosa succede dentro di noi quando decidiamo di compiere una buona azione.
In diversi scritti spirituali questo sentimento viene chiamato “vanagloria” e per far capire come agisce su di noi questo atteggiamento, la chiamano “ladra”. La vanagloria ladra ti si mette vicino in viaggio, ti assicura di avere la tua stessa meta e alla fine ti deruba. Si fanno le stesse opere buone ma una grande differenza si produce quando guardiamo al cuore delle intenzioni: per chi e perché lo faccio? Lo so che questo essere mortale che si chiama uomo ha pure bisogno di un po’ di stima, di riconoscimento, di ricompensa, ma è ben per questo che è necessario riportarci alla motivazione iniziale!
In ebraico la parola “gloria” è il peso, la consistenza. Conoscendo la sua propria fragilità – che davvero egli è un soffio – l’uomo è sempre alla ricerca della sua consistenza, di un suo peso specifico nella storia e nel tempo. Ma perché cercare di costruirsi una propria immagine davanti agli uomini, quando abbiamo già ricevuto una ricompensa – che ha il sapore di un pegno – e cioè quella di essere già immagine di Dio? E perché costringere gli altri a dover dare peso ad umane opere buone, invece che aiutarli a far loro cogliere la consistenza di Dio nella nostra vita quotidiana? Rischiamo davvero che opere e giorni siano inconsistenti, che tutto sia vanità di vanità.
Signore, guarda Tu il tuo dono in me;
perché io sono il ladro,
quando rubo a Te la gloria e l’attribuisco a me.
E restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni
e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie,
perché procedono tutti da Lui.
E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia,
e gli siano resi ed Egli stesso riceva
tutti gli onori e la reverenza,
tutte le lodi e tutte le benedizioni,
ogni rendimento di grazia e ogni gloria,
poiché suo è ogni bene ed Egli solo è buono.
Amen.
san Francesco di Assisi
Grazie don Stefano che ci doni generosamente la tua sapienza e lode al Signore che te ne ha fatto dono.
Che lo Spirito Santo continui a sorreggerti e guidarti anche in questo cammino.
“l’uomo è sempre alla ricerca della sua consistenza, di un suo peso specifico nella storia e nel tempo”: a me questo essere umano fa un po’ di tenerezza anche perché lo vedo così fragile appunto che cerca di mettersi delle zavorre per rimanere ancorato alla terra…. rimanendo a terra è più facile lasciare impronte, lasciare segni del proprio passaggio…
Nel periodo in cui ero rinchiusa in casa e fuori imperversava la bufera, io ho scritto molto, per sfogarmi, per consolarmi, ma anche perché, sentendo la morte “ così vicina “, volevo lasciare un segno dietro di me….
Era dunque vanagloria?
La Parola oggi mi ha messo in cuore il seme del dubbio….