Denaro + documenti = identità?
XXIX domenica del Tempo Ordinario
(Is 45,1.4-6 / Sal 95 / 1Ts 1,1-5 / Mt 22,15-21)
Signore, fa’ che non spegniamo lo Spirito, che non disprezziamo le profezie, che esperimentiamo tutto e tratteniamo solo il bene. Rendici ancora figli del giorno, Signore, ancora gente che crede che Tu stai per tornare. Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Matteo (22,15-21)
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Prima si ritirano… e per un po’ non li senti più. Il tempo di studiarne un’altra. Poi tornano alla carica. Sto parlando di coloro che non vogliono mai metterci la faccia. Di coloro che, girando le pagine del Vangelo, sono sempre in agguato per cercare un motivo che cogliesse in fallo Gesù nel suo stesso parlare. Non si presentano di persona: mandano le nuove leve, mandano avanti i più giovani, i loro discepoli. Questi ultimi, contenti di incontrare quel Maestro che tutti volevano vedere, di farsi un selfie con Gesù… ignari della strumentalizzazione dei potenti che stanno sempre al sicuro.
Una bella sviolinata al Maestro – che seppur non guarda in faccia a nessuno sa leggere nel cuore – e poi piazzano la trappola. Convinti come non mai che in ogni caso, qualsiasi risposta avesse dato, qualcuno avrebbe avuto di che accusarlo. Con la stessa probabilità del lancio di una moneta. Testa o croce… se risponde che le tasse si devono pagare allora anche lui è asservito al potere romano per la felicità degli erodiani. Se invece avesse negato il tributo a Cesare, avrebbe fatto la gioia di chi si ribellava al potere romano e affermava l’autonomia della religione. Non dimentichiamo che l’impero romano aveva contribuito notevolmente alla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e l’aquila romana campeggiava proprio all’ingresso dell’edificio sacro a perenne memoria di questo “discreto” benefattore. Il modo più semplice per un uomo di potere che voglia guadagnarsi la simpatia del popolo è accarezzare la sfera del religioso… e chi mai, dopo un dono simile, osava più mettersi contro? E quanto spesso sono ingenui (o opportunisti?) coloro che credono…
Gesù scova la malizia nei suoi interlocutori e allo stesso tempo scova questa grande malizia del potere politico quando strizza l’occhio al potere religioso. Colui che non possedeva nulla, chiede ai suoi interlocutori di mettersi un attimo le mani in tasca. Era sicuro che qualche moneta l’avrebbero avuto con loro. E infatti! I “soldini” in tasca li hanno perché senza di quelli non è che fai molto. In alcuni paesi del mondo, ancora oggi, è obbligatorio circolare per strada con del denaro in tasca, onde evitare un’accusa di accattonaggio. E noi, quando mai usciamo di casa senza aver preso il portafogli? Non fosse altro che per i documenti. La nostra identità è racchiusa lì dentro: documenti e denaro. E chi non li ha, quanto vale? Avere in tasca le monete dell’imperatore era, in fondo, un modo per farsi riconoscere, per identificarsi.
Guarda nelle tue tasche, guardati anche attorno… e riconosci da cosa dipende la tua vita. Riconosci attorno a quali sistemi restiamo sottomessi, in quali ingranaggi siamo compressi e in quali meccanismi e giochi economici l’uomo è costretto a muoversi. Certo, il buon potere, l’autorità legittimata dall’uomo stesso, potrebbe avere sempre a cuore il bene comune… ma quanti scandali, quanta corruzione attorno al denaro.
Molti vorrebbero tirare una riga netta che segni una demarcazioni di spazi e di competenze. Sono sempre di più coloro che sostengono che ciò che riguarda l’economia e la politica non deve interessare all’ambito religioso. Un rischio enorme anzitutto per i credenti stessi che potrebbero comportarsi da evasori legittimati… convinti come sarebbero di appartenere ad un “altro regno”. E tuttavia pretenziosi al massimo anch’essi di tutti i servizi che una società deve loro offrire in quanto cittadini. Dall’altro di cosa dovrebbero occuparsi i cristiani? Del fumo delle candele? Questa netta separazione tanto invocata e auspicata sta creando in noi la convinzione che si può credere a singhiozzo: quel tempo in cui vai in chiesa alla domenica, il tempo di un segno di croce al mattino tanto per augurarsi che tutto vada bene, e un segno di croce alla sera prima di coricarti per permettere alla coscienza di dormire tranquilla insieme al corpo. Il resto del tempo, è solo roba di affari umani?
Mi dispiace, io non credo che si debba tracciare questa netta separazione e far funzionare l’uomo per ambiti, competenze, settori e specializzazioni. Guardiamo pure una moneta e facciamo tutte le nostre considerazioni sul potere economico, ma non dimentichiamo di guardarci dentro per trovare impresso in noi un legame indelebile con Dio stesso. Come si può pensare di stare uniti a Dio ad intermittenza? Quando ci va male Dio ci serve: che sia per pregarlo o bestemmiarlo. Quando i nostri affari vanno bene è sempre merito di personale ingegno e abilità. Ci leghiamo e ci sleghiamo a Dio all’occorrenza. Sappiamo vivere di Lui e senza Lui. Ma il Vangelo è tutto. Parla di noi e di tutto ciò che ci riguarda. Dio non si interessa a noi per ambiti o per competenze. A Dio interessa tutto di noi: la salute del corpo e la salvezza dello spirito. Egli ci dona, anche oggi, la Parola e il Pane. Spirito e materia è il Vangelo: i capelli del capo e il vento che li spettina; la pancia che brontola di fame e il pane condiviso; le lacrime degli occhi e i morti che risuscitano; la moneta di Cesare e l’immagine di Dio in noi.
Oggi si celebra la Giornata Missionaria mondiale. Mi dico sempre più che la vera terra di missione oggi siamo noi. Qui e ora. È tempo di portare il Vangelo nella vita quotidiana. La preghiera nelle stalle, al caldo delle mucche, di quelle piccole comunità ecclesiale che erano i cortili e le cascine di più di mezzo secolo fa è certamente tempo passato che non torna più. Testimonianza di quanto la fede fosse nel tessuto e nella carne. Oggi che abbiamo la grazia di poter conoscere meglio il Vangelo stesso, è tempo di non lasciarlo relegato a quel “tempo religioso” che ci ritagliamo nell’arco di giornate d’affari, sempre più impegnate e impegnative. È finito pure il tempo in cui ci commuovevano le storie di missionari che raccontavano di bambini lontani che soffrivano la fame (e che ci sono ancora, per altro!). Solo al sentire quei racconti ti sentivi dentro una molla, pronta a scattare: “Voglio andare anch’io in missione!”. Oggi, non andiamo in missione, ma abbiamo una missione: togliere quella demarcazione che ha spaccato in due le nostre esistenze. Coerenti a secondo del luogo dove ci troviamo, camaleonti nell’ambiente in cui ci troviamo a vivere… così esposti al pericolo di essere sempre meno conformi al Vangelo e all’immagine di Dio impressa in noi. Abbiamo una missione: portare il Vangelo dove ci muoviamo ed esistiamo.
Signore Dio, a te va il primato del nostro cuore e della nostra vita.
Nessuno e niente può prendere il posto che tocca a Te,
perché Tu solo sei la garanzia della nostra libertà,
della nostra resistenza ad ogni faraone della terra.
Signore Dio, noi ti affidiamo coloro che detengono l’autorità
nel campo religioso, civile, culturale.
Le loro scelte non siano dettate dalla ricerca di interesse
o dall’ebrezza del potere,
ma siano in verità al servizio del bene comune.
Signore Dio, in ciascuno di noi
è impressa indelebilmente la tua immagine.
Aiutaci a riconoscerla e a onorarla,
al di là di ogni differenza, in ogni creatura.
La tua Parola sia criterio di discernimento
per le nostre scelte personali e comunitarie.
A Te la lode nei secoli. Amen
(Angelo Casati, preghiere dei fedeli per le domeniche e le feste)
La frase lapidaria con la quale Gesù abilmente risponde ai suoi interlocutori mi richiama alla mente l’immagine di tante piazze di città comunali italiane (tra cui Bergamo), che ci mostrano due realtà del nostro vivere, che hanno segnato la storia: potere religioso e potere politico che si fronteggiano, ma che convivono nel medesimo spazio. Ed è questa auspicata convivenza nel reciproco rispetto che mi ispira una riflessione : la consapevolezza di appartenere a Dio e di essere fatti per il Cielo ci porta a vivere il Vangelo nelle nostre scelte di vita, sociali e politiche. Di conseguenza, sentiremo l’impegno di essere buoni cittadini, per contribuire al bene comune.
Gesù, in questo Vangelo, ci chiede impegno concreto nella nostra esistenza quotidiana alla volontà di Dio Padre, sul Suo esempio. Concedici, con la forza del Tuo Santo Spirito, di camminare con fiducia in quella libertà che ci hai voluto, e testimoniare che Dio è il centro della nostra vita.
Signore, aiutaci a vedere la Tua immagine negli altri in ogni altro affinché possiamo riscoprirLa anche in noi, grazie a loro. Che non abbiamo a vedere solo noi stessi ma con lo sguardo sul mondo e sugli uomini possiamo riscoprire tracce di Te in ogni dove. ConoscendoTi sempre più ed amandoTi amiamo già anche noi stessi perché fatti a Tua immagine e somiglianza. Non potevi pensarci meglio di così: liberi di amarTi per amarci e amare.