Donare la parola (il divino logopedista)

Giovedì – Terza settimana di Quaresima

(Ger 7,23-28 / Sal 94 / Lc 11,14-23)

«Divide et impera» (dividi e comanda) è un’espressione latina che riassume atteggiamenti autoritari con i quali si intente controllare e governare un popolo dividendolo, provocando rivalità e fomentando discordie. Sotto mentite spoglie di libertà di parola e di pensiero, ancora oggi va in scena quest’opera diabolica: social e talk show televisivi – ma non solo – potrebbero essere l’esempio più evidente di questo modo di vivere e di procedere al quale inconsciamente attingiamo nel quotidiano. Una generazione contro l’altra, questi e quelli, noi e gli altri…. Oggi più che mai siamo diventati esperti nel credere di fare società unicamente per mezzo di opposizioni, contrasti, tensioni e conflitti. A tutti i livelli. In basso come in alto. 

La possibilità di poter prendere parole per «dire la mia», come si dice, pare oggi il segno più grande di libertà. In realtà non ci accorgiamo che questa imperante logica divisiva, riduce alcuni al silenzio, al mutismo, confinandoli in un angolo come scarti e non si ha più modo di parlare, di esprimersi, di poter dire qualcosa che certamente sarebbe un voce che parla fuori da un coro sempre più stonato e insoddisfatto. 

Nel brano di Vangelo che oggi ascolteremo, Gesù fa un cenno preciso – con un dito – per farci comprendere come suo Padre è sempre all’opera, quasi fosse impegnato in un combattimento costante tra potenze demoniache, distruttive e divisive, e il suo desiderio di far giungere vicino a noi il suo regno, che è comunione più che divisione, che è sinonimo di libertà vera, condizione senza la quale non può esserci un sincero dialogo fatto di ascolto, di fiducia e comprensione. «Stava scacciando un demonio che era muto»… è un’azione che non ha nulla a che vedere con un gesto magico, non è lo schiocco delle dita che sistema tutto ma è il paziente lavoro di chi cerca di riabilitare alla Parola. 

Per Gesù, un uomo che non può parlare, che non ha voce è già una questione seria. Chi o che cosa gli impedisce di parlare? Perché colui che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio proprio per quella capacità di nominare (dare nome), di parlare con coloro che gli stanno accanto e perfino con Colui che abita i cieli, non parla più o non riesce più a lodare Dio?

Quanto mutismo ancora ai nostri giorni! Ogni generazione, ogni epoca ha sempre qualcuno che non ha voce. La famosa storia che abbiamo provato dopo Natale a raccontare ai più piccoli della nostra comunità, faceva proprio riferimento al fatto che i ricchi hanno sempre più parola e i poveri sono costretti a cercare nei cestini della spazzatura le parole che i ricchi buttano via, proprio come il pane. Perché nel «paese della grande fabbrica delle parole» (questo il titolo del libro per bambini che ci ha ispirato) le parole si comprano. Si comprano pagine di giornale, si paga il posto in classifica nei motori di ricerca per apparire prima di altri. Cos’è dunque la libertà di parola, se ancora si deve comprare lo spazio per dire come se si comprasse il pane o si cercasse una casa?

 Il potere viene spesso esercitato riducendo qualcuno al silenzio, togliendo la parola e poi il pensiero, la libertà di esprimersi. Al contrario, sembra suggerire Luca, l’espressione più bella, più vera e autentica dell’uomo è lo stupore, la lode, la meraviglia, la preghiera che rende grazie a Dio per tutte le meraviglie da Lui compiute. Non a caso dunque, mentre il muto comincia a parlare, anche le folle iniziano a manifestano stupore. Si intuisce dunque che quell’incapacità di provare stupore era qualcosa di molto più diffuso: come un ulteriore mutismo derivante da sordità e perfino da cecità. 

In seguito a quest’opera dello Spirito, che è Signore e dona vita, si riaccende questa lotta interiore tra «il forte» e «il più forte». Il racconto biblico dell’Esodo ha provato a raccontarci proprio questo: un potere forte che riduce al silenzio un popolo non ben identificato se non per quell’essere schiavi del potente Faraone d’Egitto il quale – bontà sua! – donava cipolle da mangiare ad un popolo che s’era convinto di mangiare carni prelibate, come quando senti il profumo di un soffritto di cipolle e già ti immagini quello che c’è nel piatto. Forza dei profumi, degli odori, dei sapori… e delle papille gustative, dei piaceri della tavola. Non è un caso dunque che prima della notte della liberazione, il Signore ordinerà a Mosè una nuova cena, un nuovo banchetto, la cena pasquale. Non a caso le visioni profetiche di banchetti succulenti, di vini preziosi. Non a caso le visioni apocalittiche di alberi che daranno frutti dodici volte l’anno. Non a caso la tentazione di trasformare pietre in pane. 

Nel racconto biblico dell’Esodo, richiamato qui volutamente, ricorre l’espressione «dito di Dio» per mezzo del quale Gesù afferma di scacciare i demoni. Sembra che Gesù vinca facile questo braccio di ferro col Male. Gli basterebbe un dito mentre il diavolo si sgomita e si aggrappa ovunque per tentare di vincere. In realtà sappiamo bene che non gli fu facile vincere il Male con il Bene. Il dono di sé fu il prezzo più alto. A cosa si riferisce  dunque l’espressione «dito di Dio»?. Leggiamo in Esodo 8,12-15.

Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: «Stendi il tuo bastone, percuoti la polvere del suolo: essa si muterà in zanzare in tutta la terra d’Egitto!»». Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colpì la polvere del suolo e ci furono zanzare sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del suolo si era mutata in zanzare in tutta la terra d’Egitto. I maghi cercarono di fare la stessa cosa con i loro sortilegi, per far uscire le zanzare, ma non riuscirono, e c’erano zanzare sugli uomini e sulle bestie. Allora i maghi dissero al faraone: «È il dito di Dio!».

Così forse l’espressione è più chiara. D’altronde lo sappiamo: la Scrittura si spiega con la Scrittura. I maghi del faraone riconoscendo la presenza di un dito di Dio sembrano mostrare segni di cedimento di un regno che iniziava così a crollare. I maghi d’Egitto che fino a quel momento non avevano fatto altro che affermare la potenza del loro Faraone, sembrano arrendersi davanti alla potenza di Uno più forte e più grande di cui scorsero solo il dito. Immaginiamo se soltanto avesse spiegato la forza del suo braccio… cosa che per altro Maria di Nazareth canterà nel Magnificat.

Per concludere: Luca autore del Vangelo e del libro degli Atti degli Apostoli mostra così la forza del più grande, lo Spirito santo, il «digitus paternæ dexteræ», il dito della (mano) destra di Dio come lo cantiamo nell’inno «Veni Creator Spiritus». Il racconto pasquale della resurrezione di Gesù, in Luca assume anche la forza del giorno di Pentecoste, quando ormai al termine del giorno, lo Spirito santo apre le porte, le scardina e ridona parola ad un piccolissimo gruppo di discepoli rimasti ammutoliti e atterriti dalla morte del loro Maestro. Ci sono forze in atto dentro di noi, sempre. Lo sappiamo. Lo sentiamo. Abbinare la forza a Colui che è il mite per definizione ci sembra quasi un controsenso. Ma sappiamo invece che la mitezza non è debolezza ma forza dosata e utilizzata nel modo giusto: per ridare Parola all’uomo e non lasciarlo in balia di spiriti che ci ammutoliscono e ci vorrebbero far ammutinamento contro il Vangelo. 

Nella tua misericordia
guarda, o Signore, il popolo che implora la tua clemenza:
come da te ha ricevuto la vita,
così la tua grazia gli doni di ricercare il Bene
e di attuarlo ogni giorno.
Per Cristo, nostro Signore.
Amen.

(dalla liturgia odierna, preghiera ad libitum)

Paolo Fresu, Richard Galliano, Jan Lundgren, Eu Nao Egisto Sem Voce, Mare Nostrum

Dal Vangelo secondo Luca (11,14-23)

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

È bello rendere grazie al Signore
cantare il tuo Nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore
durante le notti la tua fedeltà
sulla lira a dieci corde e sull’arpa
con melodie e arie di cetra.
Tu mi rallegri, Signore, nel tuo agire
esulto per l’azione delle tue mani:
come sono grandi le tue opere, Signore
e quanto sono profondi i tuoi pensieri!
l’uomo ottuso non può conoscerli
l’insensato è incapace di penetrarli.

dal salmo 91 (92)


Rimani aggiornato per ricevere i miei nuovi articoli




Piccoli Pensieri (6)

Dania

Che bello quando il nostro mutismo viene meno per benedire, dar lode a Dio: “Dio solo è degno di ogni lode, al Signore la nostra adorazione, affidiamo a Lui il nostro cuore e la Sua forza in noi dimorera’”…
Se la nostra certezza è il Suo Amore la nostra sapienza deriva dalle Sue Parole e dal Vangelo. Che il Signore ci istruisca nelle vicende della vita e possano riaffiorare Parole di vita che a volte rischiano di essere seppellite o dimenticate…saranno “Luce sul nostro cammino, lampada ai nostri passi”.

11 Marzo 2021
Suor Regina

Dito della mani di Dio promesso dal Salvatore…..questo Dito mi richiama il grande dipinto di Michelangelo nella cappella Sistina…La creazione di Adamo…bellissimo questo Dito di Dio che si protende verso il dito dell’uomo che non tocca ma che come una scintilla accende in esso la sua Vita divina….Dio ci infonde coraggio in una fedeltà quotidiana.

11 Marzo 2021
Emanuela

Nou che ci riempiamo di tante, troppe parole inutili, che gonfiano il nostro ego ma che sono poco ascoltate. Come noi poco ascoltiamo le parole degli altri.
E Dio ha invece messo le sue parole di salvezza sulla bocca di Mosè, un balbuziente.
Mi sembra un ulteriore invito alla pazienza dell’ascolto che stiamo perdendo e al quale non siamo più capaci di educare i nostri ragazzi, proprio perché gli adulti per primi non sanno dare l’esempio.
Facciamoci l’esame di coscienza: chi per primo si lamenta delle messe con prediche troppo lunghe?
E quanto tempo passiamo invece davanti alla TV a seguire talk show inutili?

11 Marzo 2021
Gianna

È terribile quando i datori di lavoro mettono uno contro l’altro i loro dipendenti, galvanizzandoli individualmente, e perciò sentendosi i più considerati e indispensabili, si fa il gioco dei titolari. Per loro l’opportunità di manovrarci, per noi la perdita della libertà e la divisione coi colleghi. E questo brutto gioco si allarga a tutti i livelli della società, piano piano ma inesorabilmente, come le onde che si formano quando un sasso viene lanciato nell’acqua. L’umiltà, il bene comunitario, tutto ciò che dicono le parole e gli insegnamenti di Gesù, molto spesso le lasciamo chiuse nella nostra Bibbia.

11 Marzo 2021
Alberto

È un conforto ogni giorno. È un invito a perseverare nella speranza. È un aiuto in questo periodo di difficoltà e di paure.

11 Marzo 2021

I grandi si indignano e scusano ancora oggigiorno per il disturbo arrecato dai piccoli che “non fanno silenzio”. Ma per portare i piccoli al silezio basta avvincerli con un racconto interessante, e allora avranno orecchi solo per te. Ai grandi invece non basta mica, non basta più. La premura di dire la propria disabitua alla pazienza di ascoltare, nel silenzio, ed accogliere (almeno per qualche istante) la parola di un altro. Ed è un gran peccato davvero. Perché ad imporsi un po’ di fare silenzio, di darsi il tempo di ascoltare o quantomeno non replicare, ci si da il tempo anche di pensare, di far decantare la “foga della reazione” e magari rendersi perfino conto che non si è poi così opposti, che si può dialogare. Questa sí che è una cosa da imparare, a piccoli passi, giorno per giorno.

11 Marzo 2021

Scrivi il tuo Pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


@