Dove umane terre incontrano il regno di Dio

Caspar David Friedrich, Il monaco in riva al mare, 1808-1810, Alte Nationalgalerie, Berlino

«È magnifico volgere lo sguardo, in una infinita solitudine sulla riva del mare, sotto un cielo grigio, verso uno sconfinato deserto d’acqua. Ciò richiede nondimeno che si sia andati là, che si debba tornare indietro, che si desideri passare dall’altra parte, che non lo si possa fare, che si senta la mancanza di tutto l’occorrente per scrivere, eppure si oda la voce della vita nel mormorio della marea, nell’alito dell’aria, nel passaggio delle nuvole, nel grido solitario degli uccelli […] Nulla può essere più triste e inquietante di questa posizione nel mondo: l’unica scintilla di vita nel vasto dominio della morte, il solitario centro in un orbe solitario». 

Sono le parole del filosofo Artur Schopenhauer a commento dell’opera del pittore Friedrich. Il pittore è conosciuto per la sua «pittura del nulla» con la quale egli prova a descrivere vastità e infinito. L’immensità della natura con la quale l’artista riempie interamente le sue tele, è metafora dell’uomo che, rapito dall’immensamente grande, aspira all’infinito, per poi prendere consapevolezza della sua reale piccolezza. Anche nei confronti di Dio.

A leggere il brano di vangelo di oggi, m’è tornata alla mente quest’opera pittorica. Dopo la nascita a Betlemme, sappiamo soltanto che Gesù crebbe semplicemente e nascostamente a Nazareth. Oggi ci è consegnato l’indirizzo esatto dove Gesù decise di andare a vivere. È un’annotazione importantissima che ci fornisce maggiori dettagli, non tanto per l’archeologia e i futuri pellegrinaggi di cristiani in quella terra, quanto per la fede stessa. Si ritirò – dice il Vangelo – nella terra di cui già il profeta Isaia aveva parlato. Si ritirò in quella porzione di terra che alla morte di Giacobbe spettò a due dei suoi figli: Zabulon e Néftali. Lì passava la via del mare, che collegava mondi differenti e che, almeno, permetteva di andare oltre quella distesa d’acqua.

Siamo ancora nel tempo di Natale e il messaggio è precisamente natalizio: Gesù mette i suoi piedi su un lembo di terra che gli uomini sentono propria solo perché ci mettono sopra un nome: terra di Zabulon e di Néftali. Catasto dell’epoca. E la storia appare spesso come una continua contesa di terre per estendere l’umano dominio. Per imporre sovranità. Per cercare di avere sotto controllo. Gesù invece – annota il Vangelo – si ritirò in quella terra. Dichiarò così di non voler imporre nulla, di non voler conquistare terre. Egli sapeva che «del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti. È lui che l’ha fondata sui mari, e sui fiumi l’ha stabilita» (salmo 24). A cosa servono tutti quegli umani tentativi di possesso sei poi il controllo lo si perde comunque appena l’esistenza si increspa di problemi come un lago che minaccia burrasca? Quel monaco in riva al mare, – descrizione perfetta del sublime – è la Luce che sfida le tenebre di un cielo che già colorava di tempesta e di pericolo imminente per Giovanni Battista già arrestato.

L’autore del quadro dipinge il sublime, quello stare sulla soglia tra sentimenti contrastanti. Sublime definirei anche la scelta di Gesù di collocarsi proprio in quella regione. Sublime, sub-limen. Ecco l’indirizzo dove abita Gesù: sulla soglia. Non è un confine di proprietà, quanto piuttosto un margine di quelli che rischiano di arrestarti, ti bloccano anche senza aver davanti un muro o una recinzione che segna la proprietà altrui. Sono terre esistenziali, sono stati d’animo nei quali materialmente ci troviamo, che quasi solidificano e ci fanno ben percepire di avere i piedi a terra. A volte il desiderio, la speranza di poterne uscire, di andare oltre. Altre volte la percezione di non riuscirci, di essere già sconfitti in partenza. Incertezza, incognito, paura… ci lasciano sub-limen. 

Me lo immagino così Gesù, appena arrivato in quella terra che sarà la sua casa. Sulla soglia. Come un monaco solitario davanti al mare di problemi della gente di quella terra. L’evangelista Matteo annota a mo’ di sintesi che conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici.  Egli sta lì, sulla soglia dell’umano. Ancora oggi. Al limite tra la terra ferma e lo specchio d’acqua. Al confine tra morte e vita. Al confine tra disperazione e speranza. Al confine tra lamento e Parola. Ma sempre e soltanto come Luce che splende nelle tenebre. Un suo invito, una sua Parola ripetuta all’infinito. O almeno finché ci sarà un uomo disposto ad ascoltarla, almeno fino a noi oggi che la ascoltiamo, o fino a che avremo voce per farla udire ai figli e per i figli dei figli: «Convertitevi perché il regno dei cieli s’è avvicinato». Senza più crogiolarsi a lungo in stati d’animo indefiniti che hanno piuttosto il sapore dell’indecisione, se desideriamo oltrepassare, ed entrare nella Vita…

Intonate un canto, cantate a Dio le sue lodi,
perché la sua bontà si estende ovunque.
Tutto ciò che respira si unisca al canto:
umani e animali, alberi e fiori.
Dovunque abitiate, Dio è con voi;
da quando Gesù è vissuto, è morto ed è resuscitato,
in ogni paese Dio stesso ci incontra con il suo regno.

Benigna Carstens

Dal Vangelo secondo Matteo (4,12-17.23-25)

In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima.
Tutti gli uomini
siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che per mezzo di Te
e per Te, perduti in Te.
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c’è di più desiderabile
per il prossimo
e per me.

(Charles de Foucauld)


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Piccoli Pensieri (4)

Alba

Galilea delle genti:terra di tanti popoli,tante culture,tanti pagani.
Lì Gesù incomincia ad annunciare il Regno di Dio,ed ecco “la luce è sorta”!
Anche per me,quando accolgo nel mio cuore Gesù,mi sento illuminata.
Vieni Gesù,aiutami ad essere testimone del Tuo amore,donami una mente aperta nei confronti di ogni essere umano che incontro.

7 Gennaio 2021
Claudia

Che allargamento di respiro!

7 Gennaio 2021
Dania

Mio figlio su un sasso ha scritto, scegliendo tra diverse frasi a sua disposizione che “il creato è il meraviglioso dipinto con la firma di Dio”… Cosa dire?? Dio è grande e davvero ha fatto bene ogni cosa. Noi possiamo solo convertirci per valorizzare, contemplare, rendere Grazie per le meraviglie che Lui ha compiuto. Dal cielo alla terra e dalla terra al cielo…

7 Gennaio 2021

Che meraviglia i quadri di Friedrich…E anche la riflessione di Shopenhauer (non la conoscevo!)… Anche se io non dipingo paesaggi, condivido senz’altro la fascinazione verso la natura ed i fenomeni naturali. Ci regalano certe meraviglie che non si può proprio non pensare che ci sia “la mano di Dio” dietro a tanta bellezza.

7 Gennaio 2021

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