…E tu pronuncerai queste parole

Prima domenica di Quaresima (C)

Dt 26,4-10 / Sal 90 / Rm 10,8-13 /Lc 4,1-13

Dio, nostro Padre
…concedi a noi tuoi fedeli
di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo
e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.
Amen.
(dall’orazione di colletta della liturgia odierna)

In ogni culto – ovunque esso sia compiuto – l’essere umano presenta al divino le primizie della terra. È sempre andata così. Non è dunque una novità trovare nella Bibbia racconti di sacrifici e offerte presentati a Dio. Fa persino sorridere il pensare che possiamo a volte immaginarci originali in qualche iniziativa, mentre invece non facciamo altro che ripetere gesti che sembrano iscritti nel profondo del nostro essere. Tuttavia non si tratta nemmeno di dire che un gesto vale l’altro. Direi piuttosto che ciò che interessa è l’intenzione con la quale si intende compiere quel gesto o il senso profondo che gli si vuole attribuire. 

Sarebbe davvero interessante valutare se ancora abbiamo la consapevolezza di quale possa essere il senso di questo gesto che compiamo. Interessante dunque rileggere la prima lettura di questa prima domenica di Quaresima. Interessante iniziare così il nostro cammino quaresimale.

Mosè parlò al popolo e disse:  «Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Non più offerte per acquistare i favori di una divinità qualunque quanto piuttosto un’offerta che diventa una professione di fede. Un gesto da compiere secondo un ritmo e tempi stabiliti, per non dimenticare, per fare memoria. Che senso avrebbe pensare di acquistare i favori di Dio, quando Dio ha già agito in nostro favore? Che cosa ancora dovremmo chiedergli quando già siamo stati liberati? Si tratta piuttosto di non dimentica quanto Dio ha fatto. Ecco spiegato il nuovo significato che dai tempi di Mosé si attribuisce all’offerta da fare al Signore. Quanto ci sia nella cesta forse poco importa; ciò che importa sono le parole che si devono pronunciare con una certa esattezza. In sostanza queste parole dicono di noi: siamo nomadi e così spesso stranieri, estranei alle sofferenze altrui da diventare persino violenti persecutori quando il delirio di potere si impossessa di noi. Allora gridammo al Signore… ecco la vera immagine del credente. E il Signore ascoltò la nostra voce: ed eccolo rivelato il Dio a cui presentiamo la nostra offerta. 

È su questa linea di pensiero, è su questo sentire, è su queste precise parole e su questa fede che si fonda il cammino spirituale dei figli di Dio. È vero che i Vangeli non ci presentano mai Gesù che al tempio presenta delle primizie. Al contrario potremmo perfino pensare che egli si oppose esplicitamente a questo modo di rendere culto a Dio. Certamente non serve presentare a Dio offerte accompagnate da parole che rievocano la liberazione da ogni forma di schiavitù e di oppressione, se poi siamo ancora noi umani ad angariare i nostri simili e viviamo in un sistema che ancora continua ad opprimere e sfruttare. Di Gesù ci basta sapere di quell’ultima cena, di quel pane e quel vino che egli prese, benedicendo Dio, unendosi così a tutti coloro che già benedicevano Dio per la liberazione ottenuta. Gesù farà la sua professione di fede nel prendere quel pane e vino durante l’ultima cena, quella cena che ancora aveva il profumo della vita nuova ricevuta da Dio, oltre il faraone, oltre il deserto, oltre il male. Gesù sa che il Dio di Israele non saprà fare che questo: liberare. Perfino dalla morte e da ogni tentazione. È qui l’azzardo di Gesù, è qui l’estremo della fede e dell’amore. Quel Padre che – nel giorno del battesimo – fece sentire al Figlio parole precise che dichiaravano il Suo amore, non avrebbe mai permesso che il Figlio dimorasse prigioniero della morte l’indomani di quell’ultima cena. 

È il Figlio stesso che spinge all’estremo quella professione di fede che da tempo parlava di un Dio che ascolta, e ascoltando scende a liberare. Ascoltiamo oggi il racconto delle tentazioni di Gesù, nella versione lucana. Dopo i quaranta giorni nel deserto, tornerà il tentatore al momento fissato. Ma come nel deserto, Gesù saprà rispondere con le parole della fede: le sue ultime parole sulla croce sono compendio della nostra fede e il suo corpo sulla croce è l’offerta che Egli stesso presenta perché noi ancora oggi, prendendo pane e vino, possiamo dire che dalla morte Egli è risorto.

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Non dice nulla di quanto il diavolo chiede di dire. Non fa nulla di quanto il diavolo propone. Pieno di Spirito Santo, Gesù non può tacere la Parola che suona più forte di ogni tentazione. Gioca d’astuzia il tentatore, rivelando l’identità di Gesù appena manifestata al fiume Giordano: se tu sei il Figlio di Dio, dice. Certo che Gesù è Figlio di Dio. Egli sa chiaramente a chi affidare la sua causa, a chi chiedere la forza. Si dichiara fiducia in Dio e non nel potere con cui il tentatore ama rivestire gli uomini. C’è sempre nella storia degli uomini questo potere che cresce accanto a noi e che rischia di divorarci la coscienza. Abbiamo bisogno di questo fratello in umanità, abbiamo bisogno del Figlio di Dio per ricordarci che la Parola di Dio è più forte.

Ed ora passiamo pure in rassegna queste tentazioni significate da Luca.
Il pane… saremo sempre tentati di riporre nel possesso dei beni materiali la nostra esistenza. E sarà ogni volta un illusione. Quando si parla di pane, non possiamo certo negare la fame di chi non ha pane, ma nemmeno possiamo tacere che c’è un altra fame, ancora più insaziabile di ogni appetito umano. E siamo diventati abilissimi nel nascondere la sete di Dio, riempiendoci di beni che consideriamo sempre più come frutto presuntuoso della fatica delle nostre mani e sempre meno dono di Dio per il nostro cammino giornaliero.

Gesù non si prostrerà in adorazione davanti al tentatore. Questa tentazione ha troppo il sapore di una sottomissione. L’uomo che adora Dio, può contare con tutta certezza che Dio lo rialzerà e quel gesto di adorazione è l’atteggiamento umile di chi saprà attendere d’essere messo di nuovo in piedi… vivo e risorto. 

C’è poi quella tentazione ambientata non più nel deserto, bensì al Tempio, nel luogo simbolo della religione. Sappiamo bene quanto Luca a più riprese nel suo Vangelo ci metta in guardia da una religione che crede che Dio debba fare i miracoli che noi gli chiederemmo di compiere al momento stabilito. Il Vangelo esclude il fatto che la salvezza possa essere legata ai miracoli che noi chiediamo e quei miracoli che Gesù avrà compiuto sono da collocare nel quadro dell’amore compassionevole per gli altri e mai a proprio beneficio o interesse. 

Entrare in Quaresima significa aprire la porta
e imparare nuovamente a muoversi, a spostarsi, a vivere.
È rifiutare di rimanere bloccati sulle proprie posizioni,
i propri dogmi o le proprie certezze assolute.
Entrare in Quaresima
significa anche cambiare rotta.
Mettere la rotta su Dio
lasciandosi disturbare dalle usanze degli altri,
dalle loro idee, dalle loro abitudini, le loro lingue.
È lasciarsi sorprendere dalla musica dell’altro,
che dice un altro ritmo, un altro tempo, un altro canto.
Entrare in Quaresima,
è anche mettersi in ascolto della Parola,
quella che, in mezzo alle chiacchiere, ci tocca il cuore
e ci strappa un gesto di perdono, di amore o di pace.
Entrare in Quaresima,
è mettersi in ascolto della riuscita di Dio,
quella che accetta la ferita,
quella che non approfitta del fallimento del debole,
quella che non sfrutta l’ingenuità
o il sudore del debole.
Entrare in Quaresima,
è mettersi in ascolto dell’amore di Dio.
Non un amore simulato,
che tiene conto solo dell’apparenza,
della bellezza degli occhi o dello sguardo.
Un amore che ci insegna a leggere diversamente,
a parlare, a condividere, a incontrarsi diversamente.

(Père Robert Riber)

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Piccoli Pensieri (4)

Alba

Mi affido a te Signore in questa Quaresima, la tua mano amorevole sul mio capo, la tua carezza sul mio cuore…il tuo essere speranza in ogni piega della mia vita, non sarai solo conforto…ma salvezza.

10 Marzo 2025
alba

Mi affido a te Signore in questa Quaresima, la tua mano amorevole sul mio capo, la tua carezza sul mio cuore…il tuo essere speranza in ogni piega della mia vita, non sarai solo conforto…ma salvezza

10 Marzo 2025
Savina

“Benedici il Signore, anima mia,
quanto in me benedica il tuo Nome.
Non dimenticherò tutti i tuoi benefici,
benedici il Signore anima mia.”
Sia la mia offerta un rendimento di grazie, un ricordare, un realizzare quello che Gesù mi ha insegnato.
Anche le parole del profeta Isaia, pronunciate quasi tremila anni fa, richiamano la mia attenzione sulle forme di digiuno che piacciono al Signore.
Offrire il mio niente, vuoto, perché Lui lo possa riempire, allora potrò a mia volta ridonare…

10 Marzo 2025
Suor+Regina

Quanto aiuto ci dà il Signore con la sua Parola abbondante… a noi vivre questa Quaresima non nella mortificazione ma nella vivificazione… fare memoria di quanto Dio ci ha amato per imparare ad amare. Grazie per la riflessione che ci aiuta nel cammino.

9 Marzo 2025

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