Esposti alla Luce
Trasfigurazione del Signore (B)
(Dn 7,9-10.13-14 / Sal 96 / 2Pt 1,16-19 / Mc 9,2-10)
C’è un mistero scritto nella storia e nella vita personale di ciascuno. È il mistero, tutto interiore, del buio e della Luce. All’esterno, il giorno e la notte, nel loro alternarsi non sono nulla a confronto. Tenebre e Luce contrastano nell’uomo. Un giorno, sul monte Tabor, il corpo di Cristo fu soltanto e improvvisamente irradiazione di Luce. E questo sarà il culmine, la vetta: dare alla nostra vita quotidiana questa Luce, questo splendore divino. Che i nostri corpi, come quello di Cristo, possano almeno insieme essere lo strumento e il luogo dove accade questa esposizione alla Luce divina. Siamo fotografi di albe e tramonti eppure fatichiamo a vedere quella Luce di Dio nella vita di ciascuno. Ed è così che scopriamo che ancora e sempre dobbiamo venire alla Luce. Esporci a questa Luce.
Questa divina attrazione che la Luce esercita su di noi fin dal mattino, è come un gioco tra Dio e le sue creature, anche se questa divina presenza in noi preferiamo nasconderla sempre sotto il peso di cose terrestri. Occorre solo farsi prendere, lasciare che le parole del Vangelo ci portino un poco più in alto, come quel giorno, quando Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. quanto basta per spaccare la crosta terrestre, come fa ogni chicco quando cade in terra.
In cima a quel monte in un attimo, in quella luce appaiono tutti i segni biblici delle teofania, delle manifestazioni di Dio: il monte, le vesti, il volto, la nube, Mosé, Elia, la voce, la tenda… un istante che sembra riassumere una storia intera: storia di Dio con gli uomini, storia di uomini che camminano cercando Dio come fosse, incarnandosi, una terra ospitale.
Fossimo noi, per un istante, anche solo sensibili a quella luce, come carta fotografica che cattura l’istante e attesta agli occhi degli increduli che la Luce permette di vedere cose che i nostri occhi non avrebbero mai visto. Fossimo noi la carne su cui leggere le parole di Dio, scritte con inchiostro, ombra di quella nube, cumulo vorticoso di parole che attendono solo di adagiarsi, distendersi, piovere o essere seminate. Fossimo anche noi, per un istante, irradiazione di quel volto luminoso di Cristo: saremo finalmente uomini. Siamo ancora troppo spaventati della Luce per quanto, mentendo, diciamo di avere più paura del buio, delle tenebre… finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino (2 Pt 1,19)
Guidaci ancora
sul monte della tua Luce
dove Tu dimori, Signore.
Sia la tua Parola
la nostra dimora di Luce.
Amen.
Dal Vangelo secondo Marco (9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Pietro, raccontaci ancora com’era il suo volto
e come le sue vesti divennero bianchissime
quanto nessun lavandaio è capace
di renderle così splendenti;
e tutto il suo corpo, gli occhi, i piedi, le mani
che grondavano luce…
Raccontaci, Pietro, quanto
vi eravate impauriti e commossi,
tutti accecati dal globo di luce;
e come Mosé splendeva
coi suoi corni di luce in fronte;
ed Elia venuto su un carro di fuoco;
e come erano le loro parole
e le parole di Lui
e cosa dicevano del suo ultimo esodo
che avrebbe portato a compimento
a Gerusalemme: – e nei cieli
la voce del Padre…
Poi come siete discesi in silenzio
in attesa di salire sull’altro monte…
Pietro, anche per noi la tua parola
brilli dentro le nostre oscurità
e attendiamo insieme che si levi
la stella del mattino nei nostri cuori.
Amen
(David Maria Turoldo)
Signore, fa che ascoltando e meditando la Tua Parola, la Tua luce risplenda e infoda gioia e speranza nei nostri cuori
A commento del Vangelo di Luca e della bellissima opera di Francesco Battaglia sulla Trasfigurazione, quarto mistero luminoso, che si trova lungo il viale che conduce al Santuario della Madonna delle Quaglie si parla di carezza. Voglio pensare che sia proprio così, laddove è difficile comprendere le parole cosa c’è di più eloquente di una carezza che, spiega i più difficili misteri e che, una volta ricevuta, fa risplendere i nostri volti? Dio sfiora ed accarezza le nostre anime e se noi lo sentiamo, questo Suo delicato ed inaspettato tocco, possiamo fare altrettanto, gli uni con gli altri. Non serviranno allora parole ma basteranno gesti della Sua tenerezza, per noi e tra noi. Queste opere nell’idea iniziale dovevano cambiare di anno in anno, così come gli stessi misteri, ma sono felice che siano rimasti questi perché ogni volta che percorro il viale penso ancora più a quanto bisogno c’è della Sua Luce, per rischiarare le nostre vite e rendo grazie a Chi questi momenti li ha vissuti, chi li ha voluti quali misteri del rosario, chi li ha realizzati, chi li ha voluti lungo il viale e a tutti quelli che come me li contemplano con gioia, facendomi sentire una piccolissima parte di un grande e meraviglioso tutto.