Essere e comunicarsi
santissima Trinità
(Pr 8,22-31 / Sal 8 / Rm 5,1-5 / Gv 16,12-15)
Padre santo e misericordioso,
che nel tuo Figlio ci hai redenti
e nello Spirito ci hai santificati,
donaci di crescere nella speranza che non delude,
perché abiti in noi la tua sapienza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
(dalla liturgia odierna)
Dal Vangelo secondo Giovanni (16,12-15)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Anche in questa domenica scrivo di sera. Tardi. La luna è piena o quasi. Scrivo per non lasciar passare questa festa che ho sempre ritenuto molto più teologica che tutto. Forse è solo una questione di linguaggio e di vocaboli altisonanti, non più comprensibili. Di passaggio questa mattina dopo la celebrazione dell’Eucarestia, amici che lavorano nel mondo della scuola mi raccontavano di come certe cose oggi vadano spiegate proprio se si dovesse spiegare il funzionamento di certi attrezzi ormai soppiantati da altre tecnologie. Insomma, come parlare di un giradischi a chi ascolta oggi MP3. Nella fattispecie l’insegnante di storia raccontava d’essersi soffermata a lungo a parlare di ordini religiosi. «Cosa sono?» chiedono giovani alunni. E chissà per quanti altri vocaboli legati alla religione e alla fede dovremmo fare altrettanto. Hai detto «Trinità» dunque? Bene! Chi inizia a spiegare?
Le formule ci sono. Immutate da secoli. Ma saremo capaci di dire questo mistero di comunione nell’epoca di un individualismo esasperato?
Va detto che dalla morte e resurrezione di Gesù Cristo – il cuore del primo annuncio – passarono circa tre secoli prima che si iniziasse a parlare di Trinità. E dunque si tratterebbe di un concetto astratto che cadrà presto in disuso oppure si trattò fin da subito di un altro modo per annunciare il medesimo Vangelo?
L’annuncio del Vangelo in tre secoli aveva già fatto la sua bella corsa. Approdato in Grecia il Vangelo si imbatté nelle riflessioni dei filosofi e l’Olimpo sopra la grande capitale restava la città delle divinità sempre molto affaccendate, ma distaccate e distanti dalla vita degli esseri umani. La filosofia parlava dell’Essere. E anche la questione teologica conobbe presto un urgenza: dimostrare l’esistenza di Dio. Ma cosa giova a noi umani dimostrare l’esistenza di Dio se questi rimanesse distaccato, impassibile o assente dalle nostre vicende?
Quando Gesù Cristo insegno ai suoi a chiamare Dio col nome di Padre, già era chiaro che implicitamente egli parlasse del suo essergli Figlio. Gesù stesso presente in mezzo ai suoi era la prova tangibile di un’Altra paternità. Una verità che svelò assai presto perché ciascun figlio comprende fin da subito che dietro la sua figliolanza c’è un legame genitoriale. Non si trattò tanto di dimostrare l’esistenza di Dio ma di conoscerlo veramente quale Egli è e così il Figlio, in ogni evangelico incontro con gli uomini, comunicava di Dio, spiegava in parole e opere chi fosse veramente il Padre. Lo Spirito, nel tempo, faceva da garante alla memoria. Così parlava dello Spirito: vi insegnerà ogni cosa, farà ricordare le cose dette dal Figlio. E anche nel Vangelo di oggi lo Spirito è presentato come Colui che prende parte di verità per comunicarla e condividerla.
Non furono concetti teologici quelli scaturiti tre secoli più tardi ma parole per descrivere ciò che era sotto gli occhi di tutti e che appariva ancora come qualcosa di estremamente innovativo. Che un mondo divino esistesse poteva anche essere pacifico e palese in più culture, ma che Dio fosse capace di farsi conoscere come Colui che condivide dell’uomo anche la sua natura… questo aveva dell’incredibile. E che per questa vicinanza Dio e uomo potessero comunicarsi, dirsi, raccontarsi, sedersi attorno ad una tavola e condividere sapienza, sapere e che in questa condivisione-comunione la vita prendesse un nuovo sapore, questa era la posta in gioco che andava raccontata a tutti i costi, in ogni parte del mondo, servendosi anche di altri linguaggi o concetti.
Si vedevano persone differenti comunicarsi al Corpo di Cristo, partire da quella tavola di condivisione per annunciare ciò che nel segreto lo Spirito aveva loro rivelato. Così dovevano apparire le prime comunità di credenti. Poi venne la riflessione, poi vennero le parole per dire il Mistero conoscibile raccolto nel nome della Trinità. Non ci sazia il sapere che Dio esiste ma ci riempie di gioia sapere che Egli esiste in quanto desideroso di comunicarsi, perché il Dio in cui credono i cristiani è un essere di relazione.
È questo, uomini, il primo mistero:
umanità solo in Lui è possibile,
Lui d’unità e armonia la fonte:
al Padre, al Figlio, allo Spirito gloria!
(David Maria Turoldo)
Forse si può pensarla come tre funzioni… Tre differenti canali di Dio. Il Creatore, quello che si fa carne come noi per entrare in contatto diretto e lo Spirito Santo che resta come “filo diretto” di comunicazione, anche a distanza. Insomma… è come dire che “si è fatto in quattro” per mettersi in contatto con noi. Ok, farsi in tre non è come quattro… Ma ci vuol comunque una bella fatica! La Trinità di fatto è come una dichiarazione d’amore paterno, no?