Evidentemente ci crede (sei proprio un san Tommaso)
Che la fede, sia l’amore che crede. Che la speranza, sia l’amore che attende. Che la preghiera sia l’amore che ti incontra. Che la fatica sia l’amore che lavora. Che soltanto il tuo amore, o Dio, diriga i miei pensieri, le mie parole e le mie opere.
(Elena Guerra, 1835-1914)
Dal Vangelo secondo Giovanni (20,24-29)
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Le immagini qui sotto vengono da San Zaccaria, Ravenna.
Se ne esce sempre con un profilo basso. Negativo per lo più. Da tempo lo si vorrebbe come il patrono degli increduli. Di chi cerca prove perché non bastano testimonianze. Nemmeno se la parola è quella degli amici. Se non vedo non credo. Vedere per credere o credere per vedere? Questo è il problema! Mi dispiace che di lui si abbia questa considerazione, perché in realtà a ciascuno è data una manifestazione dello Spirito, e quella che il Signore risorto dona a Tommaso è la sua, unicamente per lui. E per tutti quelli che come lui non vogliono chiudere gli occhi davanti a dolore e morte.
“Otto giorni dopo” è espressione evangelicamente corretta sebbene i giorni della settimana siano sette. “Otto giorni dopo” è come dire che ciò che accade in quell’ottavo giorno è qualcosa di mai accaduto prima. E ciò che non era possibile ora lo è. Com’è possibile che dalla sofferenza se ne possa uscire, non di certo indenni, ma come una promettente forza di riconciliazione? Non ne usciamo mai indenni dai giorni del dolore. Lo dice Gesù risorto quando apparirà anche a Tommaso. Lo dicono le nostre stesse vite, quando ci fermiamo a guardare cicatrici e ferite che già da piccoli ci siamo procurati cadendo magari da una bicicletta, quando, rapiti dal senso di libertà, scorrazzavamo in un cortile. E ricordi per filo e per segno. Ma da quelle ferite uscì sangue e acqua. Da quelle ferite uscì la vita stessa di Dio. La pace che Lui solo da. Il perdono che noi possiamo versare in terra, meglio del sangue di tanti innocenti che si continua a spargere.
“Se non vedo… io non credo.” è la sua preghiera. E Gesù pare proprio averla ascoltata, accolta ed esaudita. Non la sento questa preghiera come una sfida lanciata al suo Signore. Sento piuttosto che egli ha bisogno di rielaborare in sé quanto gli altri gli hanno raccontato. Perché anche gli altri avevano visto. E per quel vedere provano gioia grande ma, registra il Vangelo, dubitarono pure. È Gesù stesso che chiede a Tommaso di non essere incredulo. È lo stesso risorto che mostrando le ferite della sua passione, dispiega a Tommaso la possibilità di credere, dopo una grande sofferenza. Dispiega a noi la possibilità di risorgere anche dopo un dolore macigno e la mastodontica morte, visti entrambi coi nostri occhi, provati sulla pelle.
Tommaso è per noi un trait-d’union: credere dopo una grande prova si può e si può proprio non chiudendo gli occhi. Sempre davanti agli occhi ci sono i segni di un corpo che soffre, di un’umanità vulnerabile e ferita.
“Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” Sono parole che Gesù rivolge certamente al discepolo pensando a chi verrà dopo di lui. Gesù risorto vede la storia oltre Tommaso, così come ha sempre visto Vita anche dove l’uomo vede soltanto morte, distruzione e peccato. A Tommaso, come a tutti gli altri discepoli, dobbiamo essere in qualche modo riconoscenti e non perché possiamo scegliere a quale dei discepoli assomigliano maggiormente ma perché in ogni ora della nostra giornata c’è un po’ di uno e un po’ dell’altro. «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». (Gv 11,9) Se Giuda uscito dal cenacolo si scopre immerso nella notte, Tommaso è colui che meglio incarna il passaggio dalla notte al giorno, dalle tenebre alla luce. Dal non vedere al vedere… con occhi di fede, si intende!
Tommaso desiderava vedere la Luce farsi breccia tra le tenebre, e sentire pace pur dentro le ferite. E mi perdo a guardare fuori dalla finestra per vedere all’alba il sole che sorge. Finché il sole non puoi più fissarlo, ma la sua luce strappa tutto e tutti dall’ombra della notte e ogni cosa torna ad essere illuminata. Vedo la Vita che ricomincia.
Gesù disse: “L’uomo di età avanzata non esiterà a chiedere a un bambino di sette giorni dov’è il luogo della vita, e quell’uomo vivrà.
Perché molti dei primi saranno ultimi, e diventeranno tutt’uno”.
Gesù disse: “Sappiate cosa vi sta davanti agli occhi, e quello che vi è nascosto vi sarà rivelato”.
Gesù disse ai suoi discepoli: “Paragonatemi a qualcuno e ditemi come sono”
Simon Pietro gli disse: “Sei come un onesto messaggero”.
Matteo gli disse: “Sei come un filosofo sapiente”.
Tommaso gli disse: “Maestro, la mia bocca è totalmente incapace di esprimere a cosa somigli”.
I discepoli dissero a Gesù: “Dicci, come verrà la nostra fine?”
Gesù disse: “Avete dunque trovato il principio, che cercate la fine? Vedete, la fine sarà dove è il principio.
Beato colui che si situa al principio: perché conoscerà la fine e non sperimenterà la morte”.
(dal vangelo apocrifo di Tommaso)
Che consolazione questi discepoli imperfetti che si è scelto Gesù. Tommaso che ha bisogno di vedere, Pietro che primo lo proclama Cristo e poi lo rinnega. E tutti che discutono su chi sia il più grande come se non avessero capito nulla di tutto quello che hanno visto e ascoltato da Gesù.
Magari allora Gesù potrà volere anche me nonostante i miei limiti?