Figli del nostro tempo. Figli di Dio
(At 20,28-38 / Sal 67 / Gv 17,11-19)
La preghiera si faceva via via più intensa. Intensa non è sinonimo di astratta. La preghiera diventò molto concreta quando davanti al Padre mise i volti, i nomi di quegli amici, quei discepoli, quei fratelli. Tutti figli di Dio, quei discepoli che chiamò uno ad uno. Compreso colui per il quale non poteva altro che lasciarlo fare, perché si compisse la Scrittura. A volte, occorre lasciar fare perché si compia la Scrittura.
Quel «È compiuto» (Gv 19,30) dall’alto della croce, prima di consegnare lo spirito (morire, in gergo creaturale) c’è sempre da chiedersi se valga una volta per tutte, se valga unicamente per Gesù che decise di compiere nel suo cammino terreno quello che le Scritture chiedevano. Certamente se ciò che c’è da compiere è la volontà di Dio, facile dedurre che non basta quel Figlio unigenito. Il suo fu un esempio. E ce lo diede perché come fece Lui così abbiamo a fare anche noi. Ogni figlio ha qualcosa da compiere. Una missione. Un mandato. Certo il medesimo, ma in forme e modi singolari.
Gesù prega perché sia custodito in noi il nome che abbiamo ricevuto. Accanto ad un nome proprio di persona, abbiamo ricevuto il nome di «figlio di Dio». Questo è il nome che il Padre ci ha dato e per questo nome Gesù prega: che non ci accada di perdere questa consapevolezza, che non ci accada che il Maligno insinui in noi il sospetto che non siamo figli di Dio o perfino il sospetto stesso che Dio non sia per noi Padre. È questa -ahimé – l’opera del Maligno: insinuare in noi il dubbio che Dio non ci voglia bene.
Nemmeno essere figli di Dio è qualcosa di astratto: siamo nel mondo, in quest’epoca precisa, in questo tempo che non ha più bisogno di essere descritto o commentato… semplicemente siamo qui. Figli anche di questo tempo. E per non finire di contrapporre sempre una cosa contro l’altra mi chiedo: come essere figli di Dio in questo tempo di cui siamo figli? In fondo, siamo il risultato di quanto accade fuori, mescolato a quanto accade dentro di noi, nella mente e nel cuore. Nel corpo stesso. Come negare che i segni del tempo, il passare degli anni, segnano anche il nostro corpo? Quindi dobbiamo imparare a fare la media con quanto accade nel mondo e nel corpo.
Apprezzo tantissimo la sincerità della preghiera di Gesù. Per questo la reputo vera, che siano parole uscite dalla sua bocca (le famose ipsissima verba, le parole che certamente ha pronunciato Gesù) o che sia una riflessione già elaborata da una comunità di discepoli che si riconosce nel pensiero e nella predicazione dell’evangelista Giovanni e che cominciava a subire persecuzioni a causa del Suo Nome e del Vangelo stesso.
È vera e sincera questa preghiera per questo riferimento alla gioia e pure all’odio. Non è quel discorso banalissimo che spesso facciamo e che condensiamo in una formula pietosa: non si piò piacere a tutti. Non si tratta di piacere ad alcuno. Si tratta proprio di sapere che quando si è consacrati (santificati sarebbe la traduzione migliore perché fa riferimento all’enorme santità di Dio di cui però Egli ci fa parte… ma è un altro discorso dentro il quale non ci addentreremo qui) si è anche un po’ odiati.
Non si tratta di share, di like, di fans, di followers. Si tratta più seriamente di non rinunciare ad annunciare la Parola. A qualsiasi costo. Anche a costo di essere odiati. Di non essere compresi. Dirà san Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo» (1 Cor 9,16). Sapendo però che quella Parola è verità, che fa bene anche all’uomo di questo tempo che appare così impermeabile a qualsiasi forma di annuncio o di rivelazione perché stanco di sentire menzogne.
Ricevette il nome di Figlio perché c’era di mezzo Un Padre. E in questo rapporto imprescindibile ci ha tutti innestati. La Chiesa ce lo dice col Battesimo ma a noi serve ogni istante di questa vita nel mondo per comprendere cosa significhi portare quel nome di figlio di Dio. Gesù è il custode di questo nome, perché né il nome né chi lo porta vada perduto.
Credi sempre ciò che proclami,
insegna ciò che credi,
vivi ciò che insegni.
Sabato scorso, proprio durante il «Laboratorio della Parola» (quel tempo di catechesi e di preghiera per i piccoli dai 3 ai 7 anni) ho appoggiato a terra una copia del Crocefisso di San Damiano per terra. La grandezza di quella croce è naturale, delle stesse dimensioni dell’originale. Accanto, c’era una sedia altissima. Non ci si può salire da soli. Ma tutti hanno voluto salire per vedere da più in alto. Non sto a raccontarvi tutto quanto accaduto… ma certo è che ho provato le vertigini, pur avendo i piedi per terra, quando, liberamente, alcuni bambini si sono distesi per un attimo, braccia aperte, su quella croce…. Se sapessero! Ma ho come la sensazione che sappiano meglio di me, meglio di noi adulti che finiamo spesso per patteggiare sempre col mondo.
Esprit consolateur, amour de tout amour
Spirito consolatore, amore di ogni amore
Dal Vangelo secondo Giovanni (17,11-19)
In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».
Franco Battiato, L’ombra della luce, 1991
Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Riportami nelle zone più alte
In uno dei tuoi regni di quiete
E’ tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Perché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore
Sono solo l’ombra della luce
Ricordami come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Perché la pace che ho sentito in certi monasteri
O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa
Sono solo l’ombra della luce
Ricordami come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Grazie Signore per queste parole realizzale tu per noi
Mi porto a casa questa preghiera di Gesù come un caldo abbraccio.
Non la richiesta di esentati da ogni male, ma la certezza della vicinanza di Dio Padre in ogni circostanza.
Perché la vita senza difficoltà sarebbe una vita a metà, ma Gesù ci ha voluto assicurare la presenza del Padre, la vicinanza del suo amore quando più ne avremo bisogno.
Grazie.
Grazie, per averci proposto,accanto all’appassionante preghiera di Gesù del Vangelo di oggi, la struggente canzone/preghiera di Battiato.
Oggi nella commozione più profonda sarà per me una giornata di riflessione e di ringraziamento x aver incontrato è toccato l’ Amore di Dio nella ricerca di una vita “credibile”, non solo artistica, di una creatura. Quanto cammino ho ancora da percorrere x raggiungere tale consapevolezza e pace!