Fin dove è bello il deserto?
I domenica di Quaresima (B)
(Gen 9,8-15 / Sal 24 / 1Pt 3,18-22 / Mc 1,12-15)
Il deserto è bello un giorno. Forse nemmeno un giorno. Giusto il tempo di accorgersi cosa sia veramente. Il tempo di perdere il senso del tempo e dello spazio. Non è infinito ma non sai fino a quando. Quanto dura? Quanto c’è da qui a laggiù? Il tempo che scenda il sole dietro i monti brulli e rocciosi ed è notte. Un’escursione termica che sbalza i corpi facendoli passare dal vento caldo che secca le labbra alla fredda notte da far tremare. Come il passaggio tra istanti di grazia e morsi di fame o di tentazioni.
È essenziale il deserto di Marco, come essenziale è lo stesso suo racconto evangelico. Pochissime battute. Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. (Mc1,1). Come un titolo… tanto per non dimenticare chi sia quell’uomo spinto nel deserto. Uscito dalle acque del battesimo, gli furono ricordate le coordinate della sua esistenza: che fosse figlio perché nato da una donna già lo sapeva, ma pure Figlio perché dal cielo una voce glielo disse apertamente.
Uscito dall’acqua, nemmeno il tempo di asciugarsi. Ci penserà il deserto. Subito lo Spirito lo spinse nel deserto. Spinto… come quando si viene alla luce. Spinto perché umanamente parlando non ci si immagina mai di dover spaziare in regioni che segnano confini tra materia e spirito. Il cibo sta alla materia come la Parola sta allo spirito. Eppure anche il cibo incarna il linguaggio dell’amore e la parola si pronuncia da un corpo di materia.
Si cercano più volentieri rifugi e conforto. Tane o case. Di questi tempi – forse – ancora di più. Un figlio è sempre e comunque da proteggere, pensiamo noi. Un Altro invece direbbe che i figli vanno spinti nel deserto, se vogliamo che nascano anche dall’Alto. «Figli di papà» da proteggere fin quasi al punto di sostituirsi, di risparmiar loro fatiche e quel passaggio nel deserto Praticamente mai da esporre a prove e pericoli. E così non sappiamo più cosa sia essere padri e madri. Finché siamo ventre e casa, latte e protezione tutto va bene.
Ma dal cielo venne un voce… e una direzione. Ora si trattava di un figlio che non era più bambino e probabilmente esperienza dello Spirito è comprendere profondamente che l’esistenza terrena è un’esposizione completa senza protezioni né garanzie, senza raccomandazioni né sostituzioni. È lui in carne ed ossa. In quello stesso luogo lo Spirito e Satana, le bestie selvatiche e gli angeli. La gioia e il dolore, la salute e la malattia. Un ‘arco d’esistenza entro cui muoversi. Ed è in questo vastissimo luogo deserto che può rifiorire il deserto e angeli e bestie possono convivere pacificamente come fosse di nuovo un giardino dell’Eden.
Nel deserto di Wady Qelt – tappa attesa del pellegrinaggio in Terra santa, passaggio obbligato per salire da Gerico a Gerusalemme, dai luoghi di Giovanni Battista ai luoghi della passione di Gesù – ci si ferma fin prima che tramonti il sole. Bambini di tutte le età, i cui piedi scalzi hanno imparato a correre su quelle rocce e su quelle pietre, la pelle già cotta dal sole, spettinati dal vento con la polvere nei capelli, ti corrono incontro a proporti braccialetti e monili di pietre lucide, dal colore dell’acqua e del cielo. Contrasto cromatico alquanto simbolico, direi.
Per alcuni sono teneri, tenerissimi. Quasi da difendere e da portare in salvo. Come fanno a vivere da quelle parti? Per altri invece appaiono come dei ladruncoli avviati all’arte dell’imbroglio del pellegrino imprudente e di passaggio. E se proprio questa fosse la vera tentazione del deserto… non sapere più che l’altro è mio fratello perché in questa Vita siamo stati spinti? Vedere un ladro in un bambino è davvero tentazione diabolica. È come vedere in un uomo disarmato e in pericolo la causa di eventuali mali. Sì, i figli rubano il tempo e strappano il cuore. Per questo, se volete, sono ladri. Ma non briganti. Marco – è vero – non dettaglia le tentazioni come fanno gli altri evangelisti ma ogni passaggio nel deserto fa sorgere sempre nel cuore una domanda: «Cos’è mai questo figlio dell’uomo?». Lo si chiede per se stessi. Lo si chiede per tutti gli altri. Dio non è il problema nel deserto. Lo senti. È lì. Come, dove… non sapresti dirlo. Ma senti che è presente. La domanda nel deserto è l’uomo (lasciato) a se stesso.
Non amo le fotografie che mi ritraggono, che mi immortalano. Si dice così. vero? Immagini che fissano istanti di una creatura ancora in evoluzione, ancora di passaggio… ma delle poche che conservo, sarei perfino tentato di lasciar scritto da qualche parte (chissà se nell’era tecnologica queste parole faranno fede come un testamento?!) che proprio l’immagine che apre la riflessione di oggi, vorrei – sapete dove – quando sarò passato oltre questa esistenza.
Il passaggio nel deserto, è forse l’esperienza che più si imprime nel cuore dei pellegrini sulle orme di Gesù di Nazareth, alle sorgenti della loro fede. Quel deserto ci rimprovera del troppo di cui ci siamo riempiti? Quel deserto parla attraverso un silenzio assordante e provi perfino disgusto per tutto il nostro rumore? Ma fino a quando il deserto è bello? E quanto dura – iniziamo tacitamente a chiederci – questo ritorno al futuro? Quanto dura questo passaggio dall’epoca della «normalità» al giorno in cui sapremo accogliere il presente come dono dello Spirito?
Dio paziente e misericordioso,
che rinnovi la tua alleanza con tutte le generazioni,
disponi i nostri cuori all’ascolto della tua Parola,
perché in questo tempo di grazia
sia luce e guida verso la vera conversione.
(dalla liturgia odierna)
Paolo Fresu, Richard Galliani, Jan Lundgren, Sì dolce è il tormento, Mare Nostrum II
Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Ancora discendi nel cuore della terra
e salvaci, Signore:
qui sono i nostri inferni,
siamo tutti perduti:
anche gli spiriti increduli salva;
perfino gli angeli ribelli
tu puoi salvare,
e poi torna ai cieli glorioso e sovrano.
Figlio di Dio tentato come noi,
donaci la forza di resistere come te
alle nere aggressioni del malign
e salvaci dagli scoraggiamenti:
ti chiediamo un cuore nuovo e una mente nuova
per credere nel Vangelo:
il tempo si compia anche per noi
e venga finalmente il tuo regno.
Amen.
(David Maria Turoldo)
È un discorso così grande quello del deserto, che ogni mio commento sarebbe insulso. Il discorso sul deserto mi travolge molto. Troppo semplice dire che tutti prima o poi attraverseremo il nostro deserto. Così stamattina mi sto facendo cullare da alcuni commenti e dalle foto che ho scattato al deserto e nel deserto prima di raggiungere Gerusalemme. Buona domenica a tutti.
Il deserto parla e fiorisce non appena una goccia d’acqua lo ristora.Signora fa fiorire il deserto che è in noi.