Geolocalizzare la fede?
(1Gv 3,11-21 / Sal 99 / Gv 1,43-51)
Sappiamo quanto Gerusalemme fosse il centro nevralgico della fede di Israele. Solo là si era eretto un Tempio e il pellegrinaggio, espressione di un cammino di fede, doveva convergere proprio laggiù. Almeno una volta l’anno. Il Vangelo di Giovanni non parlerà immediatamente della Città santa. A Gerusalemme ci si arriverà anche leggendo il Vangelo di Giovanni, ma qualcosa di nuovo era giù accaduto. Lo stesso evangelista Luca aveva sottolineato fin dai primi versetti del suo Vangelo che la fede del Tempio rischiava di essere sterile e muta. Sicché l’angelo Gabriele, il messaggero di Dio, dovette lasciare Gerusalemme per andare a Nazareth, città a nord della Galilea, città sconosciuta senza alcuna allusione biblica che potesse attirare l’attenzione su di essa.
Nazareth è dunque già novità rispetto a Gerusalemme, eppure non gode ancora – al tempo dell’evangelista Giovanni – di buona fama. «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?» si legge oggi. Chi parla è Natanaele (Bartolomeo) che tuttavia non era di Nazareth ma di Betsaida – che significa «casa della pesca» – città affacciata sul Lago di Tiberiade, ai confini del regno di Israele, verosimilmente collocabile oggi nei territori ancora contesi tra Israele e Siria. Betsaida è la città natale di Andrea, Pietro e Filippo.
Gerusalemme, Betsaida, Nazareth… ci sono tutti gli estremi per dare vita a quello che oggi noi chiamiamo campanilismo. E non c’è di certo bisogno di spiegarne il significato. Incuriosisce piuttosto il fatto che la parola derivi esplicitamente dal campanile, il simbolo che dice l’impianto della fede attorno ad un centro religioso. I campanili, ciascuno differente dall’altro, servivano per la geolocalizzazione, quando non c’erano navigatori satellitari ovviamente. Attorno al campanile si convergeva per darsi un’identità, per affermare le proprie convinzioni e tradizioni. Evidentemente è un fenomeno antropologico che accada a Gerusalemme come nel cuore del più piccolo villaggio: per chi in un paese c’è nato, i paesi limitrofi fanno sempre difetto. E se il termine dalla chiara connotazione religiosa può infastidire, sostituiamolo pure con un termine già laico: «arroccamento».
Chiusa la parentesi a proposito di campanilismi e arroccamenti, torniamo a leggere il Vangelo di oggi. Niente campanilismi, niente arroccamenti. La geolocalizzazione della fede avviene sotto un albero di fichi, nella frazione di secondo in cui viene pronunciata la parola che invita al movimento, ad uscire da sé, come dal proprio paese, come dalle proprie convinzioni. «Seguimi!»
La fede non è frutto di un’identificazione di massa. La fede non si consolida alimentando il campanilismo ma lasciando perfino quei punti di riferimento – rassicuranti soltanto per ogni forma di potere – e ci si mette in cammino dietro Colui sul quale perfino gli angeli di Dio convergeranno. Sappiamo bene che l’espressione «angeli di Dio» significa «messaggeri di Dio», coloro che portano le parole di Dio. Attorno a Gesù, sopra di Lui convergeranno tutte le parole già dette da Mosé e dai Profeti.
Da ieri sera non faccio altro che pensare a quale fede potesse abitare nel cuore di quella mamma, portata agli onori della cronaca (purtroppo nera) che ha tentato il tutto per tutto, tentando di varcare con i suoi due figli quelle indecenti barriere umane, attraversando perfino campi sterminati di neve e ghiaccio per donare a quei figli una nuova vita… o semplicemente la Vita. E tutto accadeva nel giorno simbolico di un passaggio, sulla fine di un anno ormai consumato e di uno che si stava per aprirsi. S’era tolta i calzini per trasformarli in guanti per i propri figli. E oggi i potenti della Terra staranno valutando su quale linea di confine sia morta. In effetti servono quelle linee di demarcazione… servono solo ai potenti per rimpallarsi responsabilità.
Ci vuole davvero poco – un briciolo di fede evangelica- per comprendere che il cielo ora è aperto anche su quella madre. Anche su di lei scendono gli angeli di Dio. Immagino le diranno: «Tu sei mia figlia amata». E noi, come il centurione ai piedi della croce, chissà se sapremo dire: «Veramente questa donna era giusta».
Quei due figli ora orfani comprenderanno – spero – che la loro mamma non li ha traditi affatto. Anche lei, avrà detto «Seguitemi! State vicini alla mamma…». L’Occidente – sempre più scientista e tecnologico – prepara il cammino dei figli tra apparecchiature da acquistare e connessioni telematiche da potenziare. Altrove, altri preparano i figli al cammino perchè ancora credono che c’è un solo pellegrinaggio, un solo cammino che l’uomo deve compiere e lasciar compiere anche ad altri: verso la Vita.
O Dio,
non so dove mi conduci.
Non so neppure come sarà il mio domani,
la prossima settimana o l’anno prossimo.
Ma cerco di tenere le mani aperte,
confido che tu metterai la tua mano nella mia
e mi condurrai a casa.
Grazie o Dio per il tuo amore.
(Henry J. Nouwen)
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,43-51)
In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
O Dio,
Tu che hai del tempo per noi,
donaci del tempo per Te.
Tu che tieni nelle tue mani
ciò che è stato e ciò che sarà,
fa’ che sappiamo raccogliere nelle nostre mani
i momenti dispersi della nostra vita.
Aiutaci a conservare il passato
senza esserne immobilizzati,
a vivere rendendoti grazie e senza nostalgia,
a conservare fedeltà e non rigidità.
Libera il nostro passato da tutto ciò che è inutile
che ci schiaccia senza vivificarci,
che irrita il presente senza nutrirlo.
Donaci di restare ancorati al presente
senza esserne assorbiti,
di vivere con slancio e non a rimorchio,
di scegliere l’occasione favorevole
senza aggrapparci alle occasioni perdute,
di leggere i segni senza prenderli per oracoli.
Libera il nostro presente dalla febbre che agita
e dalla pigrizia che spegne ogni decisione.
Donaci il sapore del momento presente
e liberaci da ogni sogno illusorio.
Facci guardare al futuro,
senza bramare la sua illusione,
né temere la sua venuta
insegnaci a vegliare.
Libera il nostro avvenire
da ogni preoccupazione inutile,
da ogni apprensione che ci ruba il tempo,
da tutti i calcoli che ci imprigionano.
Tu sei il Dio che mette il tempo
a disposizione della nostra memoria,
delle nostre scelte,
della nostra speranza.
(Joseph Rozier)
Anch’io Signore ti consegno il dolore e la speranza di quella mamma che fino all ultimo ha offerto la vita
Ti chiedo Signore che i due piccoli abbiamo una vita buona
Mi torna alla mente quando, sul finire delle elementari, all’alba del conflitto balcanico, la nonna mi chiamava apposta in salotto per mostrarmi gli strazianti servizi alla tv, ed io che mi ribellavo, piangendo, che quelle cose non le volevo vedere, e la nonna che incalzava dicendo che “Devi vedere! Guarda cosa sta succedendo!”. Allora ero piccola, non preparata, la mia sensibilità con gli anni un po’ si è allenata, seppure certe immagini mi turbino ora come allora. Ma adesso ho imparato a contrastare quello shock, che spinge per reazione alla ritirata, sforzandomi di andare un po’ più a fondo, documentandomi almeno un pochino su “cosa sta succedendo dove e perché” imponendomi al contempo di scovare e seguire le tracce di azioni di buona volontà. Fortunatamente ce ne sono, ce ne sono sempre. Uomini e donne comuni, non politici, non istituzioni, ma persone comuni come me e te, nel loro piccolo, entro i limiti delle proprie possibilità, riescono ad insinuare il loro piccolo cuneo nel muro di barriere fisiche e burocratiche. Un cuneo piccolo, certo, ma che si va moltiplicando qui e là, mostrando che ci sono possibilità alternative, che si possono attuare, che c’è chi non resta indifferente… E allora tiro un sospiro di sollievo e, oltre all’impotenza, inizio a considerare anche la speranza e ringrazio il Cielo che, se “permette” tante prove, incoraggi anche queste azioni. Allora penso che, anziché pregare perché si illuminino le menti ed i cuori dei potenti, forse valga la pena di pregare che non manchi l’attenzione ed il coraggio, a noi tutti, di perseguire nel nostro piccolo quotidiane azioni di contrasto all’indifferenza gli uni per gli altri, piccoli cunei di contrasto a tutti i muri che precludono un’autentica fratellanza tra esseri umani. Piccoli cunei che, mano a mano, giorno per giorno, possano aprire la strada per un mondo autenticamente migliore per tutti.