Germoglia e cresce. Come? Boh!
XI domenica del Tempo Ordinario (B)
(Ez 17,22-24 / Sal 91 / 2Cor 5,6-10 / Mc 4,26-34)
Invitò i suoi discepoli a cercare prima di tutto il regno di Dio. Li vedeva preoccupati oltremodo di cose – come il cibo e il vestito – che sono certamente necessarie ma evidentemente il pensiero di queste cose prevaleva sulla ricerca stessa del regno di Dio. E per queste cose… cosa non si fa!
Fu il suo primo annuncio: il regno di Dio è in mezzo a voi. Un regno che soffre violenze e contese come Egli soffrirà passione e morte; un regno che suscitava la gelosia dei potenti i quali pensavano solo che da quel regno di Dio ci si debba difendere come un uomo contro un altro uomo, ciascuno col suo esercito.
Parlava del regno di Dio servendosi di similitudini e parabole. Immagini che rimandavano alla vita quotidiana e a tutto ciò di cui erano circondati. Era il suo modo per lasciar intendere che avrebbero potuto già sentirsi parte di quel regno. Il fraintendimento però è anche tutto nostro, perché pensiamo di comprendere le parabole per la loro semplicità… ma in realtà non abbiamo mai visto né un granello né un arbusto di senapa.
I regni umani reggono su strategie, su programmi, si basano su delle scelte. Dalle parabole di oggi possiamo invece dedurre che il regno di Dio non regge queste logiche. Il regno di Dio cresce senza che noi ce ne accorgiamo, senza che per esso si facciano piani o progetti. C’è una «spontaneità» e una forza innata nel seme che è immagine del regno.
M’è tornato alla mente, proprio a proposito di spontaneità del seme, un piccolo libro che ho letto quest’inverno. Riporta parole e pensieri di un filoso e contadino giapponese, un certo Masanobou Fukuoka, di certo poco conosciuto rispetto a tanti altri pensatori. Riporto qui alcuni passaggi, che potrebbero sembrare perfino divagazioni:
Nella mia filosofia di ogni giorno ho sempre pensato che mi bastava servire la terra perché mi avrebbe dato il necessario per vivere. Tutti possono vivere in questa maniera in modo naturale: la terra, infatti, fa vivere soltanto quando le diamo considerazione, traiamo la nostra vita da lei abitandoci sopra e considerandola veramente come nostra madre. Oggi normalmente si pensa che l’agricoltura sia un risultato della conoscenza umana, della scienza. Le scienze dell’uomo hanno sempre cercato di utilizzare la natura in vari modi. Così, con questa idea di cercare sempre nuove cose da fare ecco che dal centro originario, che rappresenta la natura in sé, si è proceduto ad una serie di sviluppi. […] Se invece si lasciasse fare alla natura, lei farebbe tutto da sola. Ho dedicato per trent’anni tutti i miei sforzi a cercare di non fare nulla, o il meno possibile. Tutto il mio impegno è stato teso a verificare se è più forte la conoscenza umana o la natura.
Nell’antica filosofia-religione giapponese il contadino veniva subito dopo Dio, poi c’era l’artigiano che fabbricava gli attrezzi del contadino e al quarto posto c’era il commerciante che vendeva gli attrezzi degli artigiani e dei contadini. Ora al centro non c’è più Dio ma il commerciante.
Non è possibile capire che cosa succede veramente nel mondo degli uomini se non si prendono un po’ di distanze da questo mondo. […] Quando si fanno degli errori nel modo di coltivare i campi anche la cultura della città viene fondata su questi errori. […] Per seminare, io guardo quando il chicco di grano cade da solo dalla spiga. In questo modo, osservando queste cose capisco quando è il momento buono per seminare. […] La guerra comincia nel momento che si inizia a distinguere il più forte dal più debole. Il pensiero occidentale dice che l’uomo è il più forte: questo produce la guerra. Il mio ideale è far nascere un villaggio in cui non ci sia né guerra né pace. Se riuscirete a realizzare un villaggio di questo genere avrete trovato la chiave, la soluzione e il superamento. La chiave è fatta di un semplice contadino contento di essere un semplice contadino.
Quando diciamo “conosco la natura” dimostriamo la nostra ottusità: noi possiamo tornare alla natura, non possiamo conoscerla. Con il metodo scientifico, più volgiamo capire e più grande è il bagaglio che dobbiamo trascinarci dietro. Per capire invece non dobbiamo portarci appresso niente, dobbiamo essere ricettivi e pronti.
Non serve preoccuparsi di capire. Cercare di capire vuol dire che ancora non ci si riesce, mentre capire deve venire da sé così come è, un intendimento.
Nel Vangelo c’è scritto che i passeri non seminano, ma si sfamano: questa è l’agricoltura naturale. Cristo poteva raccogliere senza seminare, ma noi che siamo meno umili di lui dobbiamo farlo e sperimentare come meglio servire la terra. (a cura di Giannozzo Pucci, Lezioni italiane, i semi della rivoluzione del filo di paglia, Quaderni d’Ontignano -Libreria Editrice Fiorentina)
Leggendo questo libro mi colpì l’assonanza di certe parole con il Vangelo stesso: come se alcuni semi di Vangelo fossero caduti proprio nella terra di questo pensatore-contadino. Di questo regno di Dio, noi cristiani troppo spesso pensiamo di avere l’esclusiva o il controllo per il semplice fatto che di regno di Dio ne ha parlato Gesù e così noi continuiamo a pensare che il Vangelo sia nostro, di fatto e di diritto.
Il regno di Dio, il Vangelo, Gesù stesso è un chicco gettato in terra. Cade dove cade. Non è un problema. Ma se trova terra, non esiterà a mettere radici, a crescere fino a portare frutto e portare beneficio oltre ogni previsione. Chi mai pensava che un granello di senapa da cui l’uomo prende una spezia per dare sapore ai suoi cibi poteva anche essere sostegno per altre creature, non fosse che un ramo su cui costruirci un nido?
Ecco la grandezza del regno di Dio: non conosce la proprietà esclusiva; non conosce la rivalità. Conosce solo la gioia del dono, la gioia di portare frutto.
Dio dei germogli e delle radici,
Dio che fai nascere fiori anche dalle rovine,
e come nel seme racchiudi
l’intera vita della pianta,
così nelle più piccole cose nascondi
la grandezza delle tue opere:
fa’ che anche noi riconosciamo
come tu ami operare silenzioso
specialmente nel cuore degli umili.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Marco (4,26-34)
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Signore Gesù,
tu sei il piccolo seme,
scomparso con la morte
nella nostra terra:
Tu la fecondi
con la forza e la luce del tuo Spirito:
Tu fai germogliare frutti di vita.
Anche noi siamo piccolo seme,
siamo vasi di creta
strumenti fragili.
Liberaci da ogni sogno
di onnipotenza che uccide.
È nella nostra debolezza
che si manifesta la tua potenza.
Ti preghiamo per i piccoli, gli umili;
i semplici, i silenziosi,
coloro che apparentemente
sembrano non fare storia.
Donaci di capire
che è attraverso la loro dedizione quotidiana
che si edifica questa nostra umanità.
(Angelo Casati)
Grazie x queste riflessioni…. A me è venuto in mente il mistero della nascita di un bimbo/a ….anche questo avviene spontaneamente…. Parte da un seme e da un grembo e poi piano …di giorno e di notte si forma il miracolo di una creatura bellissima.Quando vedo un neonato lo guardo nella sua perfezione :le piccole parti del suo corpo così perfette e veramente penso a quanto è grande il Creatore… Noi diamo la nostra piccola parte nella creazione e poi….spontaneamente… Il miracolo del Regno
Ed è davvero così: il granellino di senape, pur essendo il più piccolo di tutti i semi è pieno di vita e cresce fino a diventare grande. Anche dentro di noi è presente l’amore di Dio come il seme del Suo Regno, sarà piccolissimo ma c’è.
Signore, io non sono un “grande albero” ma so che Tu innalzi “l’albero basso”.
Donami la speranza e la forza di un cambiamento necessario e di avere fede nella vita.
Fammi sentire il Tuo amore, aiutami nell’impegno a far crescere il granellino che è in me.
Che grande maestra è sempre la natura, ma anche che ottima medicina! Quando sono in crisi, o in ansia, o preoccupata per qualsiasi motivo, l’unica cosa che so che funzionerà sempre è una: prendere e andarmi a far due passi tra prati e alberi. Che sia il giardino di casa, un parco nei dintorni o un contesto campagnolo. Ed ecco che tra la bellezza del verde, il ci guettio degli uccelli stagionali e magari l’incontro inaspettato con qualche animaletto… Mi ricordo che anche io sono parte di quella grande armonia apparecchiata da Dio. Che quella è così grande e bella che, in fin dei conti, i motivi delle mie preoccupazioni sono proprio solo un frammentino infinitesimale… E allora posso benissimo cavarmela.