Hai detto “nuovo”?
(Col 1,15-20 / Sal 99 / Lc 5,33-39)
Che fosse legato a Giovanni Battista lo sapevano tutti. Quanto fosse legato lo si può intuire (proprio in questo vangelo di Luca) già dal grembo delle madri, quando l’incontro di Maria con Elisabetta fa sussultare di gioia l’amico dello sposo ed entrambi, lo sposo e l’amico, dovevano ancora venire alla luce. Quando si mise in fila con i peccatori al fiume Giordano, Giovanni rimase di stucco nel trovare davanti a sé la tenerezza di Dio in persona, sorpreso anche del fatto che desiderasse ricevere quel battesimo di conversione provocato da parole taglienti e infuocate come le sue.
Nonostante quel legame così profondo tra i due, ne colsero subito una differenza sostanziale e tentarono – i farisei e i loro scribi – di insinuare accuse perfino in merito a questo legame. Qui, nel vangelo di Luca, addirittura non chiedono nemmeno. Affermano perentoriamente. «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!»
Il messaggio che portavano era il medesimo: la vicinanza del regno di Dio, vicinanza che avrebbe dovuto provocare necessariamente una conversione. Il fatto è che per Giovanni l’urgenza della conversione pareva avere la precedenza, una sorta di preparazione all’incontro. Mentre per Gesù, la conversione è piuttosto la novità che segue all’incontro con Lui. Giovanni digiunava rallegrandosi al solo pensiero di banchetti che sarebbe venuti dopo. Preparerà il Signore per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati, diceva Isaia da parecchio tempo (Is 25,6). Gesù mangiava con i peccatori sapendo quanto avessero patito la fame e la sete in assenza del Dio-con-noi, quanto gli uomini avessero cercato invano la misericordia in mezzo ai loro simili senza trovarne.
Alla considerazione cinica di scribi e farisei, rispose con un’interrogativo e un’affermazione che parevano dar ragione del digiuno in riferimento alla tristezza per la perdita dello sposo che sarà come tolto nel bel mezzo della festa. Si allude (più esplicitamente per noi che sappiamo com’è andata la vicenda!) alla morte di Gesù stesso. Certamente, per chi ascoltava a priori, quella domanda lasciava aperta la questione e, avrebbero pertanto dovuto preoccuparsi di condividere la gioia d’essere con lo sposo intanto che era presente.
Ci sono poi queste due piccole parabole, quella del rattoppo di stoffa e quella del vino nuovo, che fanno riferimento semplicemente alla novità stessa portata da Gesù. Evidentemente la resistenza al nuovo è tipica dell’uomo eppure Gesù parla di se stesso proprio come di un uomo nuovo. Ogni tanto mi chiedo se Gesù è ancora percepito piacevolmente come il nuovo e se ancora nuovo suona il suo comando di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati.
A volte viviamo come se la testimonianza di Gesù stesso fosse solo deteriorata dal tempo, come una vecchia sindone, oggetto antico di studio. Come se la fede in Lui fosse solo archeologia biblica. Poi, di tanto in tanto, si sente ancora lamentare su più fronti che la Chiesa e i cristiani, dovrebbe cambiare, eppure al minimo cenno di cambiamento subito ci si appella alla tradizione più fantomatica, spesso frutto solo di ricordi personali o di tempi in cui s’è bazzicato nei pressi della Chiesa o del mondo religioso.
Il Vangelo non conosce la saltuarietà. Il Vangelo invita certamente a conoscere l’occasione e il tempo favorevoli. Il nuovo di cui parla Gesù ha il sapore della vita di casa e degli abiti che ci portiamo addosso. Si lacera o si spacca una vita che non tiene conto di questo particolare non indifferente. Del vino egli ne farà immagine del sangue, della vita che scorre nelle vene. E l’abito nuziale, quello che dobbiamo portare alla festa di nozze, non è un abito per mascherarsi, per camuffarsi ma è il segno che s’è davvero compreso il tempo e l’ora in cui siamo stati visitati, il tempo e l’ora in cui siamo andati a nozze con Dio!
Sto rileggendo – ve ne sarete accorti – alcune pagine scritte da Madeleine Delbrêl. Parla del cristiano come di un’ipotesi vivente di Dio. Scrive: «Dio resterà morto per tutti quelli che ci sono accanto? Che sanno che noi gli abbiamo dato la nostra vita e che lo diciamo e che non ne siamo pentiti; non sorgerà un “dubbio” su questa morte?».
La bontà del cuore
che dal Cristo proviene,
e che Lui ci dà,
è per il cuore non credente
un presentimento di Dio stesso.
La bontà del cuore ha,
per il cuore non credente,
il gusto sconosciuto di Dio,
e sensibilizza al suo incontro.
[Donaci, Signore, la bontà del cuore]
(Madeleine Delbrêl)
Dal Vangelo secondo Luca (5,33-39)
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
Grande Tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.
Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.
(Sal 85, 10-11)
Ho riflettuto sull’espressione “Il vino vecchio é più gradevole,,,”. Credo significhi così come la stoffa vecchia sul vestito nuovo, ecc.indica il messaggio di Gesù, il nuovo, la novità, la svolta introdotta da lui che era difficile da accogliere.
Il regno di Dio non è solo gioia, é anche amore, festa, amore ‘ come il vino nuovo’ ma non é privo di rischi.
Tutto ciò che è prezioso deve essere ben custodito,
e tante cose diventano preziose perché siamo noi a volerlo o a sentirlo, per cui poi ne abbiamo cura.
Cosa è realmente prezioso?
Lo decidiamo noi.
Una cosa è certa, ciò che ha valore diventa prezioso e deve essere ben custodito.
Bisogna averne cura.
Il Vangelo di oggi mi trasmette proprio questo messaggio,
facendomi capire che ciò che per me ha un grande valore, si distingue da tutto il resto e lo tratto in maniera privilegiata, gli do importanza, diventa prioritario nella mia vita.
Sei Tu Gesù ad avere un immenso valore nella mia vita, sei al centro di ogni cosa, la priorità su tutto.
Ti trovo nei miei figli, nella mia famiglia, lungo la strada ti incontro quando incontro le persone fragili o disagiate.
Tu ci sei,
e noi indossiamo l’abito della festa,
si mangia e si beve,
nel senso di un cuore gioioso e pieno di rispetto e stima per Te che sei Vita, Verità e Via.
Grazie anche stasera …
Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
Questo non l’ho capito.
Spesso ultimamente mi sono stupita leggendo il vangelo. E non solo quello feriale, ma anche quello festivo: ogni tanto incontro frasi che non ho mai sentito. In 70 anni di vita credevo di averlo ascoltato, anche se a pezzi, tutto; eppure ultimamente scopro frasi nuove. E quasi mi sembra un vangelo “feriale” nel senso di quotidiano. Anche nei pezzi più noti, quelli che si ripetono più di frequente, qua e là spuntano frasi mai sentite prima, come l’ultima di oggi. Prima le saltavano? Oppure sono pezzi recuperati da traduzioni diverse?