Il giogo leggero che dà gioia
XIV domenica del Tempo Ordinario (A)
(Zc 9,9-10 / Sal 144 / Rm 8,9.11-13 / Mt 11,25-30)
Signore, nostro creatore, Tu ci hai affidato il mondo:
per ogni progresso, grazie!
per ogni viltà, perdono!
Tu ci hai donati dei compagni nel lavoro:
per l’aiuto ricevuto e donato, grazie!
per la malevolenza e le gelosie, perdono!
Tu ci hai donato dei fratelli:
per ogni testimonianza d’affetto, grazie!
per ogni mancanza d’amore, perdono!
Tu ci hai donato di incontrare degli sconosciuti:
per i legami di amicizia che si sono stretti, grazie!
per le nostre indifferenze, perdono!
Dal Vangelo secondo Matteo
(11,25-30)
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Quando entrò a Gerusalemme a pochi giorni dalla Pasqua, vi entrò a dorso d’asino, obbedendo alla profezia di Zaccaria che viene proclamata oggi nella prima lettura: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina» (Zc 9,9). Anche Lui conosceva bene le Scritture – la Legge e i Profeti – e per questo mando i suoi discepoli a cercare precisamente un puledro, figlio d’asina. E se avessero chiesto per quale motivo i discepoli stessero sciogliendo quell’asino, anche per questo ricevettero indicazioni precise: il Signore ne ha bisogno ma lo rimanderà. Quell’asino, simbolo di mitezza, diventerà strumento necessario al compimento delle Scritture e dunque della salvezza, uno strumento e non una vittima sacrificale.
Gli esperti della Legge – certi scribi e certi farisei – tuttavia, per quanto conoscitori delle Scritture, non riuscirono a comprendere che quella particolarissima entrata in Gerusalemme era esattamente uno degli ultimi indizi per riconoscere il Messia mandato da Dio. Zaccaria profetizza questo umilissimo ingresso trionfale in tempi di guerre e tensioni e non esita nemmeno a dichiarare che questo particolare Re-Messia farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni (Zc 9,10). Efraim e Gerusalemme: esattamente le due città opposte nella guerra al tempo di Zaccaria.
Sedicenti esperti della Legge ma di fatto sordi e ciechi ad ascoltare e vedere la Parola fatta carne. Incapaci di conversione, capaci soltanto di caricare pesanti fardelli, un numero incalcolabile di imposizioni religiose imposte ai piccoli, ai semplici, a coloro che umilmente attendono d’essere guidati, condotti, accompagnati… liberati ma non fatti schiavi. Loro però – scribi e farisei – non sono disposti nemmeno a sostenere questa fatica nemmeno con un dito. La Legge, in tutti i suoi comandi e precetti, venne presto raffigurata come il giogo imposto sulla nuca perché nessuna distrazione distolga i due buoi dal tirare dritto l’aratro. Sarebbe dunque la Legge il giogo che dunque permetterebbe agli uomini di rigare dritto.
Colui che entrò a Gerusalemme per annunciare la pace, incompreso, venne caricato della croce che egli intese portare proprio come si porta il giogo, come segno di questa totale condivisione con i pesi che gravano sulle spalle dei piccoli. Un giorno propose ai suoi di prendere un altro giogo, più leggero, più dolce. È il giogo della sua stessa vita, quella secondo lo Spirito e non secondo la carne, per usare le parole di Paolo, nella seconda lettura.
Qualche domenica fa ci chiedevamo se l’uomo, nostro contemporaneo, avesse ancora bisogno di guide, di autorità, di punti di riferimento… di padri che da sempre incarnano il senso della legge. E dunque quale autorità? Quale padre? E ancora quale Dio?
L’uomo, nella sua carne, è mosso da un desiderio di potenza fino al delirio. Non c’è guerra che non nasca da questo delirio di potenza. Nei quaranta giorni di deserto Gesù stesso dovette lottare contro questo desiderio carnale di potenza che lo spingeva diabolicamente ad avere fame di pane e di tutti i regni umani. Non è nemmeno un caso che la preghiera del Figlio (il «Padre nostro») ci fa chiedere a Dio il pane e l’avvento del Suo regno. Scelse così di continuare ad ascoltare la voce del Padre che lo chiamava a vivere secondo lo Spirito, quello Spirito che come una benedizione si fece udire dal giorno del battesimo al Giordano. Questo è il giogo che Gesù ci invita oggi a prendere. «Giogo» perché non si tratta di una via meno faticosa o meno impegnativa ma certo è fonte di gioia.
Se fossa la tristezza il tratto distintivo dei cristiani, saremmo a buon punto ma il Vangelo è senza dubbio questione di gioia, di beatitudine… anche quando fossimo in mezzo a prove e tribolazioni. Da dove dunque la tristezza sui volti degli uomini nelle nostre città? Forse da una sommessa frustrazione di non-potere a fronte di questo esponenziale bisogno di controllare, di tutto disporre e predisporre? Avere tutto sotto controllo è sinonimo di potere. Eppure siamo costantemente invitati dal Vangelo a non preoccuparci del domani, che nemmeno possiamo aggiungere un giorno alla nostra esistenza.
Nei giorni in cui Gesù faceva i conti con l’incomprensione, egli si rivolge al Padre benedicendolo per questa «opzione piccolezza», per questo sguardo che il Padre stesso rivolge continuamente a tutto ciò che è piccolo, non considerato, scartato, escluso. È per questi piccoli – i poveri del Signore – che il Messia eserciterà la sua regalità: amandoli, servendoli, facendosi loro accanto. A cosa serve studiare le Scritture, esserne scribi e farisei e non riuscire ad avvicinare i piccoli e i poveri, accentuando scarto o differenza da loro?
Signore liberaci dalla potente presunzione di sentirci tuoi fedeli, liberaci dall’essere padroni di un posto in chiesa o nella chiesa. Permettici di riconoscere le nostre povertà per poter stare senza imbarazzo accanto ai poveri, proprio lì, presso i tuoi altari, Signore. Come il passero che cerca casa, come la rondine con i suoi piccoli, negli atri del tuo santuario, Signore. (cf. salmo 83).
Il Signore passa…
gli aprirai quando bussa lo sconosciuto?
Puoi lasciar morire in te la voce
che reclama la tua fede?
Il Signore passa…
Sentirai lo Spirito di Gesù Cristo?
Egli scava in te la povertà
per insegnarti a pregare.
Il Signore passa…
Sentirai l’amore che purifica?
Lo fuggirai e rifiuterai
d’essere l’oro nel crogiolo?
Il Signore passa…
Entrerai nella sua eucarestia?
Ricordati che nel suo corpo
Egli accoglie la tua morte.
Il Signore passa…
Oserai lanciare il tuo grido di gioia?
Cristo è vivo, risorto.
Chi vorrà ospitarlo?
Il Signore passa…
Aspetterai un altro appuntamento?
Perché tardare?
Intraprendi con Lui il cammino della vita.
Il Signore passa…
Parlare di giogo alle persone d’oggi, ancorché leggero e rassicurante, verrebbe visto come un’offesa alla propria libertà.
Ma di quale libertà stiamo parlando?
Una tragica libertà che porta le persone a comportamenti stupidi, per non dire altro, stupidi ma dalle conseguenze tragiche, appunto.
Come dice bene la poesia a fine commento… il Signore passa, passa ancora sulle nostre strade, ci passa accanto con il suo sguardo così accogliente e dimesso ma di una intensità e forza che non puoi rimanere indifferente.
Un giogo… una guida…
Una direzione sicura.
Quando mi passerai accanto Signore, guardami e mettimi il tuo “giogo” per sentirmi protetta e libera.
Tu, Signore, cammini sempre al mio fianco. Il giogo della vita diventa man mano più leggero perché tu lo porti anche per me.
Ecco perché ti voglio benedire ogni giorno, come recita il salmo di oggi.
Ogni giorno, nella gioia e nel dolore…
Grazie don Stefano per le tue riflessioni sempre attente all’Evangelo.
Nella misura che ci sentiamo piccoli e ci affidiamo al Signore, la vita quotidiana diventa più leggera… il suo giogo non è un peso ma una guida verso il Bene il vero Bene… Ci conceda il Signore Gesù di non aspirare a cose troppo alte per noi ma ad affidarci a lui come un Bimbo tra le braccia della mamma… come dice il Salmo.