Il Logos si fa dia-Logos
(1Gv 2,29-3,6 / Sal 97 / Gv 1,29-34)
«Il Verbo si fece carne» scrive Giovanni nel prologo del suo Vangelo. Verbo, Parola in italiano, Logos nella lingua greca. Ma ancora non basta che il Logos si renda visibile nella carne. Occorre che questo Logos diventi dia-Logos. Una Parola da sola cosa potrà mai fare, se non entra essa stessa in dialogo con altre parole? Ed ecco dunque che il Logos, la Parola che era presso di Dio, si mette in cammino incontro a Giovanni. La Parola (Gesù) ha bisogno pure della Voce (Giovanni Battista) per essere udita.
Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni (Gv 1,6). Dietro di Lui un altro uomo, Gesù. La stretta connessione di questi due uomini genererà subito un dialogo a loro riguardo, dettato dall’umana curiosità di sapere, da quel desiderio di conoscere. Non succede così quando vediamo in mezzo a noi persone sconosciute, qualcuno di cui sappiamo poco? «…E quello chi è?» chiederemmo subito.
Tra il prologo del Vangelo e il brano di oggi si legge infatti: Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? […]» (Gv 1,19-22)
Potremmo così dire che da quando la Parola è entrata nel mondo, da quando la Parola s’è fatta carne sono iniziati i nostri dialoghi. Può essere dunque prezioso ricordare anche questo nei giorni del Natale: la Parola di Dio prende carne perché tra gli uomini nasca e cresca il dialogo. Nell’era delle comunicazioni digitali siamo tuttavia testimoni di una sempre più crescente mancanza di dialogo, seppure la libertà di espressione ci permette di dire tutte le parole che vogliamo.
Giovanni Battista si servirà di tutte le parole necessarie per dare testimonianza di sé e di Gesù stesso. Negandosi egli afferma l’Altro. Giovanni Battista non è il Cristo. La ricerca del Cristo deve così continuare, ma quella testimonianza al negativo è un grande indizio per proseguire. Anche Gesù affermerà la paternità di Dio apparendo subito come l’Agnello che – ben lo sapevano quegli studiosi delle antiche scritture della Legge e dei Profeti – con il suo sangue salvò le case degli israeliti (Esodo 12) e che, mite, sarà condotto al macello, secondo quanto scrissero i profeti Isaia e Geremia.
Giovanni Battista ci invita da subito a vedere in Gesù l’Agnello di Dio. A proposito della parola agnello, c’è un sottilissimo gioco di significati nel vocabolo ebraico e nel suo corrispettivo aramaico, la lingua parlata da Gesù stesso. In ebraico agnello si dice talèh in aramaico talya. In un profondo dialogo tra radici semantiche questi due vocaboli – in ebraico come in aramaico – si traducono anche con i termini servo e figlio.
Quanto è ricca la Parola nel suo rivelarsi dunque? Quanto dialogo potrebbe esserci nel riscoprire dunque la nostra condizione di figli (di Dio) e facendoci poi servi? Ecco così tracciato, fin dall’inizio del Vangelo il cammino di questo figlio unigenito venuto proprio a raccontarci Dio, a dispiegarci in bellissimi dialoghi contenuti proprio nel Vangelo di Giovanni, tutta la tenerezza e la mansuetudine di Dio.
È veramente cosa buona e giusta,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno.
Nel mistero del Verbo incarnato
è apparsa agli occhi della nostra mente
la luce nuova del tuo fulgore,
perchè conoscendo Dio visibilmente,
per mezzo di lui siamo conquistati
all’amore delle realtà invisibili…
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,29-34)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Agnello di Dio, dalla Messa della Concordia, Gen Verde e Gen Rosso
Egli viene.
E con Lui viene la gioia.
Se lo vuoi, ti è vicino.
Anche se non lo vuoi, ti è vicino.
Ti parla anche se non parli.
Se non l’ami, egli ti ama ancor di più.
Se ti perdi, viene a cercarti.
Se non sai camminare, ti porta.
Se tu piangi, sei beato perché lui ti consola.
Se sei povero, hai assicurato il regno dei cieli.
Se hai fame e sete di giustizia, sei saziato.
Se perseguitato per causa di giustizia,
puoi rallegrarti ed esultare.
Così entra nel mondo la gioia,
attraverso un bambino che non ha niente.
La gioia è fatta di niente,
perché ogni uomo che viene al mondo
viene a mani vuote.
Cammina, lavora e soffre a mani vuote,
muore e va di là a mani vuote.
(don Primo Mazzolari)
In un tempo in cui tutti urlano per dire la loro, abbiamo tutti bisogno di fare un passo indietro e tornare al dialogo.
Me ne accorgo con i ragazzi che sto accompagnando alla Cresima: non sono educati al dialogo e all’ascolto, anche tra loro. E’ abbastanza tipico per i pre-adolescenti, ma oggi è tutto ancora più accentuato dalle parole gridate sui social e in TV.
Eppure c’è del bello in questi ragazzi. L’ho sentito anche da un insegnante intervistato in questi giorni: bisogna scavare a fondo, ma ci sono tante cose buone che i nostri ragazzi possono tirare fuori.
A volte mi domando come fare, che forse qualcun altro potrebbe essere più coinvolgente e riuscire a farli appassionare di più a questo incontro con lo Spirito Santo che li aspetta.
Poi mi dico che mi devo accontentare di seminare, senza pretendere di vedere i frutti in prima persona.
La prima preghiera per loro è ‘sia fatta la tua volontà’.
Grazie, semplicemente grazie.