Il mestiere dell’uomo

San Giuseppe, lavoratore
(Gen 1,26-2,3 / Sal 89 / Mt 13,54-58)

Del suo lavoro interiore non videro nulla. Solo lui, Giuseppe, sapeva da dove veniva quella famiglia che s’era costruito come un manufatto, realizzato a più mani. Perfino Dio sembrava rubargli il mestiere, come se volesse mettere mano a qualcosa che Giuseppe avrebbe realizzato anzitutto con le sue forze. Notte tempo, quando l’uomo riposa dalle fatiche del suo lavoro, per comprese che anche un altro Padre agisce. Decise pertanto che quell’opera l’avrebbe realizzata proprio in collaborazione con Dio: si mise in società con il più grande Creatore di tutti i tempi. Evitò così di sentirselo rivale, concorrente. Proprio come spesso accade nel mondo del lavoro. Decise dunque di fare l’uomo levigando la sua propria volontà, i suoi progetti seguendo un altro piano, un altro disegno.

Sulla materia rimase l’impronta di un uomo che imparava ad ascoltare ciò che vuole Dio. Anche il Figlio, di cui era padre secondo la Legge, crebbe ai piedi di quest’uomo che pareva un albero i cui frutti – come si dice – non cadono lontano dal tronco. La sua sposa, Maria, come vite feconda, diventerà madre di una moltitudine di figli. Ai piedi di quella croce, pesante legno divenuto dolce una volta entrato a contatto di quel Figlio di Dio che vi morì sopra.

Un giorno – quando già il Figlio se n’era andato di casa per seguire giustamente la sua strada – proprio sua madre e i suoi fratelli, sapendolo nei paraggi, ne approfittarono per andare a salutarlo. Almeno fecero un tentativo, tanta era la folla che gli si faceva attorno. E pensando alla sua famiglia, all’ambiente in cui era cresciuto, il Figlio del falegname, non seppe dire altro che l’essenza stessa di quella casa in cui era cresciuto, come fosse profumo di legno pregiato: l’ascolto! E se sull’ascolto costruisci la tua casa quella casa saprà resistere a tutte le intemperie.

Disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 49b-50) E così dichiarò che si poteva essere di casa proprio nel mettersi in ascolto. Non perse nemmeno quell’occasione per aprire la bocca: parlò in parabole e coloro che stavano ad ascoltarlo si sentirono legati a Lui, ben oltre il sangue e la carne. Lo Spirito rendeva famigliare quel Dio che non sappiamo far altro che tenerci distanti – puntellandolo al cielo – per paura che la sua volontà ci cada addosso come fosse una sciagura. Attingeva dal tesoro prezioso della casa di Nazareth ma parlava del Regno di Dio che assomiglia a tutti quegli umani mestieri: il seminatore, un contadino, un pescatore, un mercante. E in altre pagine di Vangelo, sempre parlando del Regno di Dio, parlava di donne che nascondono lievito nella pasta o che mettono quel pizzico di sale nel cibo da far risaltare il gusto. Il cibo portato alla bocca si fa delizioso e la vita stessa prende un altro sapore.

In casa, per parecchio tempo, il Figlio del falegname respirò quest’aria tutta intrisa di ascolto. Anche i suoni del lavoro parlavano di tenacia e non solo di tecnica. Solidità e mansuetudine venivano imparate perfino scegliendo un legno piuttosto che un altro, a secondo del tipo di lavoro che c’era da fare.

Il manufatto, il risultato finale di quel lavoro interiore dell’umile falegname di Galilea non era lui stesso. Lui era solo un artigiano e uno strumento. La gente, ascoltando quel capolavoro di nome Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, rimaneva stupita. Alcuni si scandalizzavano: non riuscivano a conciliare come tanta sapienza si potesse imparare in casa o a bottega, nel duro mestiere quotidiano. Eppure fu proprio in quegli anni di totale nascondimento che Gesù conobbe la materia, ciò di cui egli stesso era fatto.

Preferiva il legno alla pietra. Davanti ai cuori induriti come pietre non poteva granché, se non prendere atto che non c’era modo di agire davanti a tanta durezza. Gli strumenti di cui si serviva per fare l’uomo a sua immagine e somiglianza, chiedono di incontrare materia duttile, quell’umana disponibilità e propensione a lasciar fare un po’ anche a Dio. Alla fine, solo il Padre, quello con cui il Figlio voleva prendessimo famigliarità, spostò quella pietra che chiudeva il sepolcro.

O Dio, noi veniamo a Te,
circondati da tutto ciò
che ci tiene quotidianamente in ansia
e che ci rende assetati di vita.
Rinfrescaci con la tua presenza.
Rinnova in noi le tue energie.
Purificaci da tutto ciò
che rovina in noi la tua immagine.
Te lo chiediamo per mezzo di Gesù Cristo.
Amen.

Dal Vangelo secondo Matteo (13,54-58)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Si cerca per la Chiesa un uomo
senza paura del domani
senza paura dell’oggi
senza complessi del passato.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che non abbia paura di cambiare
che non cambi per cambiare
che non parli per parlare.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di vivere insieme agli altri,
di lavorare insieme,
di piangere insieme, di ridere insieme,
di amare insieme, di sognare insieme.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di perdere senza sentirsi distrutto,
di mettere in dubbio senza perdere la fede,
di portare la pace dove c’è inquietudine
e inquietudine dove c’è pace.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che sappia usare le mani per benedire
e indicare la strada da seguire.
Si cerca per la Chiesa un uomo
senza molti mezzi,
ma con molto da fare,
un uomo che nelle crisi
non cerchi altro lavoro,
ma come meglio lavorare.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che trovi la sua libertà
nel vivere e nel servire
e non nel fare quello che vuole.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che abbia nostalgia di Dio,
che abbia nostalgia della Chiesa,
nostalgia della gente,
nostalgia della povertà di Gesù,
nostalgia dell’obbedienza di Gesù.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che non confonda la preghiera
con le parole dette d’abitudine,
la spiritualità col sentimentalismo,
la chiamata con l’interesse,
il servizio con la sistemazione.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di morire per lei,
ma ancora più capace di vivere per la Chiesa;
un uomo capace di diventare ministro di Cristo,
profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita.
Si cerca per la Chiesa un uomo.

(don Primo Mazzolari)

Il labirinto nella Cattedrale di Chartres

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Piccoli Pensieri (1)

Dania

“Si cerca per la Chiesa un uomo” ed una donna che sappiano esserlo ancor prima che farlo. Sentire di essere un uomo, una donna, creati a Sua immagine e somiglianza forse ci permetterà di diventarlo ogni giorno di più, aiutati da Colui che seppe essere e fare l’Uomo, imparando dalle cose che patì, obbedendo ad una volontà più grande. “Vieni, vieni, Spirito d’Amore ad insegnare le cose di Dio…a suggerir le cose che Lui ha detto a noi”.
Che lo Spirito Santo scenda su di noi per indicarci la via ed ispirarci in pensieri, parole ed opere, che ancora molto spesso sanno essere fallaci. Fallibilita’ dell’uomo, della donna… Amore e Misericordia di un Dio, che è Padre di tutti.

1 Maggio 2021

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