Il mondo vi odia (?)
(At 16,1-10 / Sal 99 / Gv 15,18-21)
Un antico adagio dice: «Se ti prepari a fare il bene, vedi di calcolare se hai le forze di sopportare anche il male che ne verrà insieme». Forse la citazione non è proprio esatta ma il concetto è precisamente questo. Anche nella Bibbia, nei libri sapienziali ci sono parole simili: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose» (Siracide 2, 1-34)
Dopo aver parlato dell’ amore più grande – dare la vita per i propri amici – ora siamo invitati a riflettere sull’odio del mondo, quasi fosse il rovescio della stessa medaglia, una conseguenza inattesa scatenata dall’amore stesso. Gesù comprese presto che il suo agire avrebbe scomodato, infastidendo anche gli uomini rappresentanti di una religione che è sempre la prima realtà ad essere esposta alla mondanità.
Evidentemente l’evangelista Giovanni scrive indirizzando il suo messaggio a comunità che già sperimentavano la persecuzione. Era dunque urgente e necessario sostenere i discepoli in queste difficoltà. Riferirsi al Maestro è la prima cosa da fare, proprio per rimanere uniti a Lui, per non cedere alla tentazione di lasciare quella via tracciata da Gesù stesso che dal mondo porta al Padre.
L’immagine della vigna che abbiamo a lungo meditato in questi giorni nulla ha a che fare con un atto volontaristico. Non è la resistenza volontaristica di chi rimane aggrappato per non cadere. È piuttosto comprendere che rimanendo uniti, la linfa potrà di nuovo passare nei tralci. Rimanere uniti al tralcio è sapere anzitutto che da quel tralcio, dopo la potatura, arriverà nuova linfa che permetterà di portare ancora frutto.
Sembra quasi che Gesù risponda ad una domanda implicita che si alza da quelle prime e piccole comunità di discepoli: «Perché il mondo ci odia?». Ci sarebbe da chiederci oggi se noi quest’odio del mondo lo sentiamo: non si tratta di giocare a vittima (discepolo) e carnefice (mondo). Si tratta di comprendere la missione, si tratta di chiederci se la stiamo portando a compimento. Si tratta di riflettere seriamente al nostro posto nel mondo. Qui e ora. Il vangelo porta in sé una forza dirompente, quella stessa forza che ha fatto rotolare la pietra dal sepolcro.
Essere scelti dal mondo non è postura di privilegiati ma è una separazione per la quale si può anche soffrire; una separazione che ci vuole portare a vedere le cose del mondo come Gesù stesso le vedeva. È una fortuna – o meglio, una grazia! – che il Signore ci abbia aperto gli occhi per vedere le cose dalla sua prospettiva ma questo è proprio per poter amare il mondo accecato di mondanità.
«Mondo» è il caos informe delle origini. Come in principio la parola di Dio chiamò e, per separazione, fece esistere ogni cosa, così ora Gesù chiama fuori da questo mondo coloro che si chiameranno discepoli. Li prende e li separa. Li mette in disparte. Li conduce a vedere altro o altrimenti. Essere discepoli di Gesù scatena a volte una certa avversione del mondo nei nostri confronti. Si tratta esattamente di non riversare la stessa avversione contro il mondo che deve rimanere sempre e comunque l’oggetto dell’amore di Dio.
I discepoli di Gesù sanno di non essere i migliori. Nessuna presunzione, certo! Semplicemente i discepoli perseguitati ora sanno che anche in quell’ora c’è una parola di Gesù. Non ci è risparmiata la fatica dei testimoni, ma ci è garantita ancora una volta la sua Parola che mai come in questi casi ha una forza di consolazione. Ricordatevi – dice – della Parola che vi ho detto. L’esperienza del rifiuto o dell’odio, quand’anche lo provassimo a vivo sulla pelle, ci permetterebbe ancora una volta di ascoltare la sua Parola che si fa dunque più forte della prova stessa. Così, al contempo, è nuovamente ribadita la missione: annunciare il Vangelo ed esserne i primi ascoltatori.
Scriveva Victor Hugo: «Quanto più piccolo è il cuore, tanto più odio vi risiede». Il grande male del mondo dal quale Gesù stesso metterà in guardia i suoi è la durezza di cuore, la sclerocardìa. Per essere discepoli di Gesù occorre avere un cuore dilatato dalla sua stessa Parola.
Insegnaci ad ascoltare lo Spirito:
«È lo Spirito del Padre vostro che parla in voi»
Insegnaci ad affidarci allo Spirito:
«Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi
con gemiti inesprimibili»
Insegnaci a lasciar agire liberamente in noi lo Spirito:
«Tutti quelli che sono guidati
dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio»
Lo spirito umano non può capire tutto questo.
Solo la meditazione della Parola di Dio
può introdurci in questo mistero.
Solo Dio può rivelarci qual è il suo Spirito
e quanto potente e dolce
è la sua azione nelle nostre anime.
Vieni Santo Spirito.
Amen.
(François-Xavier Van Thuan)
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,18-21)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».
Non c’è alternativa!
Devo convivere con una società
fondata sulla violenza
e sul culto del potere e della forza.
Ormai la conosco bene questa mentalità
che sgretola i rapporti di solidarietà
e la vera amicizia tra gli uomini
infischiandosene della pace.
La pace, invece, è la mia grande preoccupazione,
il mio impegno primario;
ma quando propongo qualcosa
mi si fa intorno il deserto!
(salmo 119, trascrizione di Sergio Carrarini)
Probabilmente per i cristiani di oggi la sfida sta nel non farsi bastare i sacramenti. Siamo stati battezzati, catechizzati, comunicati, cresimati…Bene, ma a un certo punto sta a noi porci qualche domanda in più. Per cercare di capire cosa può voler dire essere “cavalieri del Signore” oggi. Che già la definizione non è che faccia pensare proprio ad uno tranquillo, nella casetta tranquilla, che fa le sue buone e tranquillissime cose… Piuttosto uno che “scende in campo” e, nell’arena, decide “da che parte stare” e come agire.