Il quinto Vangelo (e una storia di pentole e pannolini)

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Data :27 Ottobre 2022

Tentando un “diario di bordo” del Pellegrinaggio in Terra Santa 2022 – Secondo giorno

Sono tantissimi coloro che si sono uniti al nostro viaggio. È bastata la pagina di ieri, qualche foto postata sullo stato… «Dove sei?» la domanda più ricorrente nei messaggi che arrivano non appena con un attimo di connessione wifi gratuita ci si è potuti collegare. Chi già ha visto questi luoghi li riconosce. Qualcuno addirittura dichiara di provare, alla semplice vista dei luoghi, una certa nostalgia.

È questo il quinto Vangelo, per usare una felice espressione di Paolo VI quando parlando della Terra Santa la definì proprio il quinto Vangelo, quello non scritto da mani d’uomo ma quello impresso nella terra e nei luoghi dove Dio ha voluto farsi Uomo. È questo il mistero che si genera quando dalle vie di Nazareth che oggi percorreremo, ci si rende conto che Dio ha scelto di incarnarsi proprio qui. Precisamente qui. Volutamente qui. Il regno di Dio è stato gettato come un seme a partire da qui. In questa terrà è stata gettata la Parola di Dio… 

Qui Dio ha parlato. E ancora da qui vuole parlare. Altrove, in altri luoghi, in altre terre, in altri paesi, non facciamo che ripetere quanto qui è risuonato una volta per tutte. Qui Dio ha parlato e qui ancora lo si può ascoltare. Non pensate subito al silenzio. Mentre scrivo dalla stanza in un albergo di Nazareth, sono raggiunto dal rumore assai caotico di una cittadina del nord della Galilea, da cui – si diceva ai tempi – nulla di buono sarebbe potuto venire da qui. 

Dio qui parla ancora. La vicenda del profeta Elia che ci ha introdotti nella prima giornata e ci ha condotti sulla sommità del Monte Carmelo che domina la capitale del lavoro israeliano, ci ricorda che Dio parla con la voce di un vento silenzioso. Non teme il rumore della nostra vita quotidiana ma instancabilmente Egli continua a sussurrare al cuore dell’uomo. E attende che qualcuno ascolti. E con fedeltà immutabile egli rivolge a noi umani la sua parola perché è in questo parlarci che ha espresso, qui, la sua attenzione verso di noi.

Il primo giorno è trascorso… e fu sera e fu mattina, si direbbe con il linguaggio che apre il racconto della creazione. E in quel racconto, il primo giorno è quello in cui Dio disse: «Sia la Luce», una luce che ha a che vedere con il mistero della conoscenza, a ciò che possiamo comprendere con i nostri occhi mentre con la Luce della Parola sentiamo di poter meglio illuminare ogni cosa. E tutto appare più chiaro, più giusto, più nobile, più vero… Sarà la salita al monte Tabor nel pomeriggio di quest’oggi che ci ricorderà proprio questo mistero della Trasfigurazione, di una Parola che si fa colloquio intenso, una Parola capace di illuminare anche le parole più dolorose della vita. Come potrà Gesù illuminare la notte della fede dei suoi discepoli quando Egli, lo sposo, sarà loro tolto ed essi non sapranno più per quale motivo rallegrarsi e far festa? Passeremo pure per Cana, sempre in Galilea, dove ci fu uno sposalizio e c’era anche Gesù con i suoi discepoli. E pure Maria, sua madre. Improvvisamente in quel luogo, durante quella festa di nozze (e duravano giorni e settimane le feste!) venne a mancare il vino. «Fate quello che vi dirà» disse la madre ai servi. Questa parola presuppone l’ascolto e garantisce che proprio quel Figlio qualcosa dirà all’uomo anche in un momento di panico, in un momento in cui la festa rischia di rovinare…

Eccolo il Quinto Vangelo: quello che lega le parole qui pronunciate, udite e obbedite a questi luoghi. Il tempo non si è fermato, anche qui continua a scorrere eppure sembra più evidente che i luoghi dettano un ritmo alla fede e alla vita quotidiana.

Questa mattina visita a Nazareth, alla grotta dove Maria ascoltò le parole rivoltegli dall’arcangelo Gabriele. Visita ai resti di quel villaggio di case scavate nella roccia dove Gesù stesso avrà camminato per parecchi anni. In ogni inizio si potrebbe pure già essere  rimandati alla fine e non c’è fine che non possa costituire un nuovo inizio. Intraprendere il pellegrinaggio in Terra Santa a partire da Nazareth non è solo pensare al primo mistero della nostra gioia – l’annunciazione dell’angelo a Maria – ma è allo stesso tempo rispondere all’invito del risorto quando disse: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedranno».

Già Nazareth e Cana basterebbero per consegnarci un’altra chiave di lettura per questo pellegrinaggio: nella lingua ebraica manca una parola per noi importante, il termine «storia». Diceva Lèon Askenazi che la storia di questo popolo è una storia di pentole e pannolini. Di sostentamento e di generazioni. In ebraico la parola storia viene sostituita dalla parola toledòt, generazioni, nel senso più biologico che ci sia: far nascere, donare vita. Una storia di generazioni e sostentamento… ecco la nostra fede, una fede che fa nascere, che dona vita, che sempre spinge nel verso della vita che deve venire alla Luce. Da qui, sui passi di Maria si comprende che abbiamo anche noi da generare quel Figlio di Dio che noi siamo. 

Tra riflessioni storiche, teologiche, bibliche non mancano nemmeno piccole avvertenze da sapere, da conoscere e da rispettare in questi luoghi. Non è un dettaglio che si debba venire istruiti in questi luoghi, proprio quando si va a tavola per un pasto, di non chiedere formaggio semmai sulla tavola ci fossero già carni cotte. Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre (Es 23,19). Difficile per noi digerire queste strette osservanze religiose. Ma qui le parole si rincorrono, si assomigliano per assonanze, si danno la mano per gioco di significati e insieme raccontano, dicono, spiegano… Così la parola con la quale in ebraico si chiama il capretto ha la stessa radice di parole come «generazione» o «narrazione», qualcosa che scorre, che fluisce in un verso solo: quello della vita. Dunque, per questo principio delle generazioni e del sostentamento pure la cucina in Israele obbedisce a questo principio della vita che cresce, che prosegue. Cuocere la creatura nel latte della madre è far tornare indietro, regredire: il latte deve andare dalla madre verso il figlio per nutrirlo, in nome della vita. Non contro il figlio per suggellarne la morte. 

La Sacra Scrittura – dunque anche i Vangeli – e la nostra stessa fede: una storia di generazioni e di sostentamento!

È bello dar lode al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunziare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte,
sull’arpa a dieci corde e sulla lira,
con canti sulla cetra.
Poiché mi rallegri, Signore,
con le tue meraviglie,
esulto per l’opera delle tue mani.
Come sono grandi le tue opere, Signore,
quanto profondi i tuoi pensieri!

(salmo 91,2-6)

Lode a Dio che guidò con la sua forza immensa
questa donna a salvare Israel.
Lodiamo il Signor con cembali e canzoni,
celebriamo il suo nome così.

Ha parlato e fu fatta la terra ed il ciel,
la sua voce ancor parlerà.
Al suo popolo sempre manderà,
quell’amore che lo salverà.

Perché grande sarà chi ama il Signore,
guai a chi contro Lui insorgerà.
Innalziamo a Te un grido di salvezza,
hai sconfitto il nemico perché.

Con potenza mirabile accorri Tu
Anche quando siam poveri noi.
Poca cosa è per Te ogni canto, Signor!
Nessun male ha colpito Israel.

Il tuo nome invochiam perché Tu sei il Signore
Ora e sempre starai qui con noi.
Lodiamo il Signor con cembali e canzoni,
celebriamo il suo nome così.

La tua voce potente risuonerà
In coloro che amano Te.
Canteremo perché ogni giorno avrai
la sua mano distesa su di noi.

(traduzione del canto tradizionale «BASHANA’ HABAA’»)


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Piccoli Pensieri (3)

Suor Regina

Vi sto seguendo con la preghiera e il ricordo di quella terra veramente Santa. Casa di Maria: risento il profumo del pane di Palestina e quello dei frutti come arance e melograni… Rivedo i volti di donne che hanno le sembianze di Maria giovane donna, e i visi dei bambini, riflessi di sguardi di Gesù piccolo… che bello ricordare con voi!

27 Ottobre 2022

È bello sai, caro don Stefano, avere l’opportunità di questo diario di viaggio capitato all’indomani della riflessione su quel brano di Vangelo in cui si paragona il Regno di Dio ad un seme di senape e a del lievito. Già i resoconti delle prime due giornate portano il segno di una germinazione nuova, nelle azioni e nello spirito. Un po’ come vederli, leggendoli nei tuoi gentili resoconti, i primi accenni di germinazione del piccolo seme di senape, della misura di lievito che si attiva e gonfia. Attraverso la lettura è come se potessimo prendervi parte un po’ anche a noi che siamo distanti. Grazie di cuore!

27 Ottobre 2022
Maria Rosa

Io don Stefano non sono mai stata in Terra Santa ma mi stai facendo nascere il desiderio di visitarla
Buon pellegrinaggio a tutti.
Restiamo in comunione.

27 Ottobre 2022

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