Il segno e il sigillo

Abbiamo bisogno di te, o Dio, 
anche se non sempre ti cerchiamo.
Abbiamo bisogno di sentirci amati
e di essere perdonati, anche se
non ti sappiamo chiedere perdono.
Abbiamo bisogno di sentirti
vicino come Padre,
anche se non ci comportiamo da figli.
Vogliamo essere nel tuo disegno,
anche se non lo comprendiamo.
Mio Dio, abbiamo bisogno di te.

(Ernesto Olivero)

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,22-29)

Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Evidentemente conoscevano le barche e i loro proprietari probabilmente come noi oggi identifichiamo un automobile e il suo proprietario. Un’altra folla arrivò all’indomani della moltiplicazione dei pani, racconto che Giovanni colloca nella prima parte del suo Vangelo trattandosi proprio di un segno. Il segno rimanda, rinvia. Il segno lascia una traccia. Attorno a quel segno si crea un passaparola di curiosità che smuove altre persone che presto diventeranno le folle di evangeliche citazioni. E le barche si riempirono di queste folle come altrove le reti si riempivano di pesci. Sì, un segno – passatemi il paragone – può fungere da esca ma poi occorre educare a passare dal dono al donatore, dal segno a colui che insegna. 

La fame certamente tornò ancora a quella gente e lo stomaco avrà chiesto ancora cibo. Non moltiplicò i pani per saziarli. La pancia piena chiama al riposo, si dice. La pancia piena –  un bisogno saziato – spegne la ricerca. Quel segno invece lo fece proprio per lasciare in loro la nostalgia di Qualcuno che non si comportava come fanno coloro che possono dare il pane alle folle. Dare pane alle folle, soddisfare il bisogno primario di nutrirsi da spesso l’illusione della riconoscenza in chi ha dato e il senso di debito o sudditanza in chi ha ricevuto. Lui – Gesù intendo – non diede pane per legarli a sé e non avrebbe accettato di averli al seguito solo perché avevano mangiato e speravano di poterlo fare ancora, così… senza faticare. Lo spiegò chiaramente: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. E aggiunse: Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo.

Col segno infondeva così la nostalgia, avviava la ricerca. Brano evangelico degno di stare tra i racconti pasquali anche se il fatto precede gli eventi della Pasqua. Ma dove c’è ricerca c’è annuncio e dinamica pasquale. «Che cosa cercate?» è la domanda che apre e chiude il Vangelo. Alla Maddalena il Risorto chiederà più esattamente «Chi cerchi?». Il pane è il segno. Ma Colui che cerchiamo è proprio il donatore di quel segno. C’è un sigillo che dice la nostalgia di Lui in noi. Il segno è solo traccia che da lì Lui è passato, che in quel gesto lo abbiamo riconosciuto, ne abbiamo scoperto l’essenza. 

C’è un sigillo su cuore di Dio e sul cuore dell’uomo. C’è un sigillo, un legame nel cuore di un Padre con lo sguardo sempre rivolto al Figlio. E c’è un sigillo nel cuore del Figlio che si impegnerà per far conoscere agli uomini la volontà del Padre, prima di rivelare quello che Lui chiamava Padre mio è anche Padre nostro (Gv 20, 17). 

Di un sigillo si parla anche nel libro dell’Apocalisse. È un sigillo posto sul rotolo del Libro. E si canta che uno solo è degno di prendere questo Libro e di aprirne i sigilli. È Gesù, morto e risorto, l’Agnello divenuto Pastore, il servo divenuto Signore… è Lui che ci ha aperto le Scritture e ancora ci sta accompagnando a comprenderle, a conoscerle. Egli è la chiave di lettura, il più grande interprete della Parola di Dio perché l’ha incarnata e vissuta fino in fondo, fino al dono di sé, fino alla fine della sua esistenza terrena. Chi più di Lui dobbiamo dunque cercare per portare a compimento questa esistenza che è la nostra? 

Signore Gesù,
tutti hanno bisogno di te,
anche quelli che non lo sanno,
e quelli che non lo sanno
più di quelli che sanno.
L’affamato s’immagina di cercare il pane
e ha fame di te;
l’assetato crede di voler l’acqua
e ha sete di te;
il malato s’illude di agognare la salute
e il suo male è l’assenza di Te.
Chi ricerca la bellezza nel mondo
cerca, senza accorgersene, Te
che sei la bellezza perfetta;
chi persegue nei pensieri la verità,
desidera te che sei l’unica verità
degna d’esser saputa;
e chi s’affanna dietro la pace
cerca Te, sola pace
dove possono riposare
i cuori più inquieti.

(Giovanni Papini)


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Piccoli Pensieri (1)

Carla

La nostalgia di Lui che sentiamo passa nel momento in cui ci ricordiamo che noi siamo custodi della Sua presenza essendo Lui sempre in noi e con noi. “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Solo così passa la nostalgia di Lui e passa soprattutto ascoltando la Sua parola durante la celebrazione della messa.

2 Maggio 2022

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