Il silenzio di Giuseppe

Iedere nacht verlang ik naar u, O God,
Ik hunker naar u met heel mijn ziel.
Iedere nacht verlang ik naar u, O God,
Ik hunker naar u met heel mijn ziel.

L’anima mia anela a te di notte,
il mio spirito nel mio intimo ti cerca.
(Isaia 26, 9)

Dal Vangelo secondo Matteo (1,16.18-21.24)

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Se non sempre scrivo, non preoccupatevi. A volte sono stati guasti tecnici, altre volte impegni che fanno muovere le giornate un po’ differentemente dal quotidiano. Comunque sia, cerco di mantenere vivo e sveglio anche questo appuntamento che potrebbe tuttavia arrivare anche ad orari differenti nell’arco della giornata, in attesa di ripristinare il servizio di consegna alle 7 del mattino. Non dimentico mai che questo blog nasceva proprio come uno strumento da poter usare liberamente nell’arco di un giorno: c’è chi apre al mattino e chi apre a notte inoltrata quando anche io sono già a riposare. Rimaniamo dunque nell’ottica dello strumento e non del fine. Il fine è l’ascolto del Vangelo che può avvenire in ogni caso. Il fine è un momento di sosta nell’arco della giornata, un attimo di silenzio e di raccoglimento in se stessi, in cerca di pace, in cerca di Dio. Ed è ben così che vi immagino nell’arco della giornata: ai più svariati orari ad aprire questa pagina per trovare qualche semplicissimo spunto.

Di quest’uomo che oggi celebriamo, Giuseppe, mi ha sempre colpito l’assoluto silenzio. Non una sua parola riporta nelle pagine del Vangelo. Nessun virgolettato per racchiudere una sua citazione. Nemmeno un sì. Nemmeno un Amen. Chi è quest’uomo che non parla eppure dice molto di più di quanto possiamo immaginare? Giuseppe ci dice che anche il silenzio è parte della vita del credente. Non un silenzio di chi non ha nulla da dire perché sono quelle due o tre scelte che compie nell’arco della sua esistenza a farne l’immagine eloquente di chi crede e obbedisce, di chi fa progetti per la sua vita e poi si trova ad essere collaboratore dei progetti di Dio. 

Giuseppe è uno di quei mandorli che di questi giorni colorano i paesaggi. Egli sta alle porte della primavera per parlare di Dio, fiorendo silenziosamente, mentre la terra ha troppa sete. La polvere, camminando si solleva dal suolo. Scarpe e pantaloni ne sono imbrattati. Un gran polverone il nostro passaggio terreno! Servono passi e passaggi più lievi. I cieli si colorano di rosso perché le sabbie impalpabili dei nostri deserti sono trasportata ad alte quote dai venti in attesa di tornare a terra, in questo stravolgimento del mondo. Invocare la pioggia è chiedere pace anche per la polvere, per la cenere, per la terra.

Per la nostra riflessione di oggi, a proposito di padri e paternità, mi preme condividervi un articolo di Mauro Magatti:

 

IL PADRE DI CUI ABBIAMO BISOGNO
di Mauro Magatti
(in Vita e pensiero: news-vp-plus-il-padre-di-cui-abbiamo-bisogno-5809.html )


Da tempo il padre è stato esautorato.
Nella società post edipica, il nome del padre sembra essere stato cancellato per lasciare spazio all’immaginario di un mondo piatto, senza asimmetrie cioè senza autorità.
Il padre allora si sbiadisce per diventare mimeticamente l’eterno ragazzino. La sindrome di Peter Pan colpisce tanti maschi che sembrano incapaci di assumersi le responsabilità che comporta l’età adulta. Un passaggio che si compie solo nel momento in cui si riconosce di essere inscritti nel legame originario tra le generazioni, tra chi è venuto prima e chi deve arrivare poi.
Oppure, all’estremo opposto, la reazione alla cancellazione porta al padre violento. Che nasconde la tragedia della sua fragilità e della sua debolezza distruggendo tutto ciò che lo circonda, a cominciare da ciò che ama più di ogni cosa, la sua stessa famiglia.
In una società che si è vantata di essere senza padri né maestri questi due approdi, entrambi problematici, non sono sorprendenti.

È in questa cornice culturale che ci ritroviamo ad affrontare tempi tenebrosi. Prima il covid. Anche se sembra che ce ne stiamo dimenticando, solo due anni fa, in questi mesi primaverili, eravamo in lockdown, terrorizzati da un virus che non conoscevamo. E che ha scombussolato le nostre vite per molti mesi.
E adesso – quasi che la pandemia non bastasse – proprio quando, grazie al vaccino, cominciavamo a domare quella minaccia, ecco la guerra che esplode nel cuore dell’Europa. Proprio qui, a qualche migliaio di chilometri da noi. Concreta, realissima, crudele. Un nuovo shock che proietta lunghe ombre sul futuro che ci attende.

Di che tipo di padre ha bisogno questo tempo? Non mi sento in grado di rispondere. A questa domanda tanto difficile, la risposta dobbiamo cercarla tutti insieme. Nei prossimi mesi, nei prossimi anni. Ciò che mi sento di dire è che mai come oggi abbiamo bisogno del padre che non abbiamo ancora avuto.

Prima di tutto qualcuno che sia sì un padre, ma capace dì rinunciare a essere anche un padrone. Un padre, cioè, che non ha la sua legge da imporre. Che non pretende l’obbedienza. Che non vuole dominare l’altro. Ma che è capace di ammettere gli errori suoi personali e della generazione a cui appartiene.
Un padre, cioè, capace di essere una porta, che inquadra la realtà, che dà una forma alla vita, ma che non dimentica che il suo destino è quello di essere attraversata. Perché ogni esperienza e ogni conoscenza sono provvisorie e parziali: è, infatti, proprio attraverso il limite della propria vicenda che è possibile far trasparire un’apertura verso qualche cosa che ancora non c’è, che non si conosce, che non si possiede.
Un padre che resiste, che si oppone al male e alla violenza dilagante del mondo. Alla guerra, alla mafia, alla corruzione, al malcostume. A tutto ciò che ci atterrisce. Un padre, cioè, fedele alla propria storia, alla propria matrice, pagando di persona quando è necessario. Senza falsi eroismi ma anche senza false ipocrisie.
Un padre che è capace di piangere di fronte al male che c’è nel mondo e rispetto a cui ci sentiamo tutti impotenti. Ma che sa, al tempo stesso, che l’ultima parola è sempre dell’amore. Che non è la retorica stucchevole del volersi bene, ma la capacità di prendersi cura, che è poi concentrazione, intelligenza, conoscenza, affezione. Che non sopporta l’incuria e la superficialità, e che è capace di inseguire nel silenzio un risultato che forse non arriverà.

Riesco a intravvederlo qui il segreto di una nuova paternità. Il padre come testimonianza concreta di una responsabilità che non ha fondamento. Proprio lui che non è nemmeno certo del legame biologico. Ma questo, come sapeva Giuseppe, non cambia nulla, anzi. Il padre, contrariamente a come lo abbiamo troppo spesso rappresentato, è l’anello debole – e proprio per questo fortissimo – che fonda la sua forza nella sua fragilità costitutiva.
L’unica legge che il padre di oggi può rappresentare – di fronte al dilagare di tanta violenza generata dai maschi – è quella di uno sguardo capace di rendere possibile la vita.


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Piccoli Pensieri (3)

Pat

https://www.thewom.it/culture/womfactor/padre-femminista-intervista-gasparrini
Non so se sono riuscita ad inviarvi questo articolo, troppo lungo per essere copiato. Bei concetti (ed utili) in un linguaggio comprensibile, strano in un filosofo!

20 Marzo 2022
Emanuela

‘Con semplicità, umile falegname, facesti bene il tuo lavoro, operaio del Signore. Offrendo lavoro e preghiera.’
Ciao don, grazie per averci fatto conoscere e cantare l’Hymno a San José. Continuiamo a farlo, anche per la bellezza del suo testo. Ed ogni volta queste parole sono un invito alla riflessione sul lavoro silenzioso e umile.
Tanti auguri a tutti i papà, anche a quelli spirituali

19 Marzo 2022
Carla

La figura di S. Giuseppe è una delle figure tra i Santi più belle, più attraenti. Di poche parole, ma di molti fatti, che sono quelli che nella vita contano. Prese con sé Maria e divenne il padre putativo di Gesù (e non è poca cosa). Ogni figlio ha bisogno della tenerezza che solo una madre può dargli, ma credo che siano forse più importanti la fermezza, la capacità di giudizio che solo un padre è in grado di esprimere su un qualsiasi fatto accada al proprio figlio. Mai come in questo periodo storico c’è bisogno di persone di questa statura umana. Se malauguratamente un figlio non ha un padre, ecco che interviene la Provvidenza Divina che fa’incontrare a quel ragazzo durante il corso della sua vita un padre “spirituale’. Esattamente la persona cui rivolgersi nel momento del bisogno o con la quale condividere una situazione positiva. Da soli non ce la facciamo a vivere. Abbiamo bisogno, mai come ora, di figure di” PADRI”.

19 Marzo 2022

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