Il trauma di una porta chiusa
Giovedì – prima settimana di Quaresima
(Est 4,17k-u / Sal 137 / Mt 7,7-12)
«Basterebbe che un genitore si ponesse una semplice domanda: se a un ragazzo o a una ragazza non è ma mancato nulla, come potrà conoscere la necessità di costruire da sé qualcosa per il proprio futuro?». È un pensiero del celebre Paolo Crepet. Anche la psicologia, come molte scienze umane, ci aiuta a comprendere i nostri funzionamenti, studia la costruzione dell’identità umana e i comportanti del nostro vivere. Ho conosciuto Crepet intercettando alcuni suoi scritti. Non lo conosco di persona, s’intende, ma credo che si possano incontrare personaggi leggendo tra le pagine dei loro scritti. Spesso l’ho sentito porre una domanda: «Ma perchè siete così cattivi?». Non vi nascondo che, ogni volta, mi sembra di sentire citato il Vangelo, ai nostri tempi e fuori dal tempio.
Certo, sentirsi dire che siamo cattivi, fa un certo effetto… Lasciate perdere per un istante quell’affetto incondizionato che abbiamo verso Gesù e lasciamoci anche un po’ ferire da questa parola. Il nostro «caro ed amato buon Gesù» ci dice che siamo cattivi. «Se dunque voi che siete cattivi...» Fa eco alla «generazione malvagia» di cui abbiamo ascoltato nel Vangelo di ieri. Sembra che Gesù non conosca affatto certe figure retoriche, certe tecniche di comunicazione, quella che noi chiamiamo captatio benevolentiæ, attitudine di chi cerca anzitutto di accaparrarsi simpatia e di catturare benevolenza. E così s’è tentati di fare «i piaccioni», a volte anche gli «amiconi». E un buon genitore, un buon pastore, una buona guida, un buon governatore sarà sempre colui che non fa mancare nulla ai suoi figli, alle sue pecorelle, ai suoi cittadini?
C’è questo luogo comune che (passatemi il francesismo e lo è veramente) bisogna sempre «accarezzare nel senso del pelo». Provate ad accarezzare il vostro animale domestico in senso opposto al pelo e vi accorgerete che gradisce meno di quando li si coccola nel verso giusto. Se dovessimo fare un paragone umano: è come uscire dal parrucchiere e essere sorpresi da una pioggia improvvisa o da un vento fortissimo che ci spettina. Qualcuno potrebbe esserne irritato.
Il Vangelo di oggi ci pone davanti ad una porta chiusa, e quella porta è proprio quella che ti hanno sempre detto essere aperta. Cosa facciamo ora davanti a quella porta chiusa? Capricci? Piatiamo lì tutto? Ce la prendiamo perché le cose non sono andate come pensavamo di sapere o come ce lo aspettavamo? Un buon padre è anzitutto una porta chiusa davanti ai suoi piccoli che si aprirà solo dopo che i figli hanno bussato.
Ieri sera, in casa parrocchiale, si guardava il film «Un sacchetto di biglie». Io con un occhio solo, a dire il vero. Non ce la faccio proprio a guardare la TV. E così intanto leggevo anche qualcosa. Ma la scena del padre che da uno schiaffo al figlio per allenarlo a rispondere a chi gli avrebbe chiesto se fosse un ragazzo ebreo, mi ha catturato e subito m’ha fatto pensare all’episodio che – neanche a farlo apposta – ascolteremo questa sera nelle audio-letture, dove si racconta di Abramo e di Isacco… Anche lì ci scappa uno schiaffo, un gesto insolito per un padre… ma poi c’è il suo perché. E quel perché ti lascia senza parole, più di ogni banale ovvietà. (Oh, non sto dicendo che è tempo di dare schiaffi, intendiamoci!)
«Perché dovremmo ingannare i nostri figli? Perché dovremmo far credere loro che un pavimento è morbido e accogliente e non si faranno mai male quando vi impatteranno? Perché ci siamo convinti che educare significhi distribuire ai più piccoli sempre più nuovi ed efficaci paracadute? Perché ci prestiamo a tale immonda falsificazione della realtà? … con lo scopo di fiaccare proprio chi dovrebbe essere fortificato. Dovremmo trovare il coraggio di esimerci dall’idea di asportare chirurgicamente ogni forma di dolore e di frustrazione dal cammino di crescita dei nostri figli». (P. Crepet, L’autorità perduta, Einaudi)
Per tornare a noi, alla nostra meditazione attorno al Vangelo, quando preghiamo noi siamo esattamente collocati davanti ad una porta chiusa. E l’invito evangelico è esattamente a bussare. Perché vale anche il principio esatto e contrario per cui anche Cristo sta alla porta e bussa in attesa che qualcuno gli apra (Ap 3,20). Un’esperienza che ci obblighi a bussare, farà maturare in noi una maggior consapevolezza di ciò che chiediamo e saremo educati nel chiedere, nel dare, nel condividere.
«Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.» (Gc 1,2–4)
Spirito santo,
vero e grande dono del Padre,
aiutaci a comprendere ciò che Dio vuole dirci
e aiutaci a vivere delle sue parole
e a costruire una vita attorno al Vangelo.
Donaci una più profonda fiducia verso Dio
lui che si prende cura di tutte le sue creature.
Per Gesù Cristo, nostro unico Signore.
Amen.
Ketil Bjørnstad, David Darling, After Celan, Epigraph
Dal Vangelo secondo Matteo (7,7-12)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».
Nascondendoti ai miei occhi,
tu obblighi l’anima mia a cercarti.
Ma a coloro che ti cercano,
Tu hai promesso che ti avrebbero trovato.
A coloro che bussano alla tua porta,
hai affermato che avresti aperto. […]
Voglio trovare in te il mio Dio,
l’infinito al quale tutto il mio essere anela. […]
Aiutami a trovarti sempre più
e a non perdere mai quello che ho trovato!
(Jean Gailot, Preghiere eucaristiche)
Malvagi…perché il male purtroppo vive in noi e convive con il bene, ma pur sempre “Tua vigna, Tuo popolo e opera delle Tue mani perché plasmati con il soffio del Tuo Spirito” .
Insegnaci Signore a chiedere, bussare e cercare ciò che più conta, forse scopriremo che sono proprio la Parola e i Sacramenti (memori del grande e difficile digiuno di un anno fa…).
Che sorreggano sempre più le nostre vite, facendoci scegliere e percorrere la strada del Bene, la strada che conduce a Te, per trovare in Te non solo il nostro rifugio ma la vita stessa.
“Qualche” anno fa, esponendo a mia madre alcune preoccupazioni rispetto alla mia vita, lei mi disse: “Sai? Io credo proprio che inizierò a preoccuparmi per te quando smetterai di avere problemi. Perché fino anche avrai problemi sarai costretta a darti una mossa per trovare la soluzione. Se non hai problemi stai lí, fermo, senza muoverti: è quello lí il problema vero!”. Mi sembra sia un po’ così anche per la porta chiusa: costringe a mettersi in moto, bussare e poi imparare anche ad aspettare. Un bell’allenamento!
Porte. Quelle della prima immagine mi ricordano quelle in città alta, in Via della Rocca: le porte del morto. Nello stesso edificio dove scorre la tua vita, una porta provvisoriamente chiusa ti ricorda che prima o poi verrà aperta per consentire l’ uscita della tua anima, il passaggio.
Bel perenne monito!
E’una porta, ed è già una preghiera.