Illumina chi giace nelle tenebre
(At 5,17-26 / Sal 33 / Gv 3,16-21)
Nicodemo – sempre lui – andò da Gesù in piena notte. Forse per timore di essere visto dagli altri settanta membri del sinedrio, l’alto consiglio cui competono questioni dottrinali e giudiziarie. Appartenente poi al gruppo dei farisei, Nicodemo sa che nella Legge osservata fino allo scrupolo e oltre, c’è la via principale per una vita felice. Il fatto è che anche i farisei attendevano qualcuno che potesse dare un’interpretazione definitiva della Legge. Per l’uomo è facile perdersi anche nell’interpretare la Legge. Si scrive Legge con la maiuscola per indicare la Legge di Dio. Così come Spirito, come Figlio.
Le azioni compiute da Gesù erano già sotto gli occhi giudicanti dei membri stessi del Sinedrio. L’antefatto – immagino che in seguito non si parlò di altro! – di cui tutto il Sinedrio aveva potuto venire a conoscenza fu proprio l’ingresso di Gesù nel cortile del Tempio per scacciare i venditori. Gesto profetico e non solo di contestazione, come potremmo leggero a prima vista. Quel gesto svelava a tutti le intenzioni di Dio e l’impegno stesso del Figlio per fare della vita di ogni uomo un luogo in cui Dio è presente. È a questo segno che Nicodemo si appella quando si avvicina a Gesù per dirgli «Sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui».
C’era da perdersi in quel Tempio, come c’era da perdersi perfino nell’interpretare la Legge. Diatribe infinite, diverse interpretazioni secondo scuole di pensiero e gruppi che si coagulavano attorno a maestri della Legge. La Legge data da Mosè per camminare verso la libertà, spesso diventava più un pesante fardello che un aiuto. Senza dimenticarci poi che per l’uomo perdersi è un attimo: mille pensieri, mille preoccupazioni, mille faccende e mille paure.
Le opere di Gesù hanno qualcosa di liberante e risultano più luminose di tanto scrupolo. Nell’interpretare la Legge poi si cade inevitabilmente nel giudizio di comportamenti altrui anche se questi fossero comunque il risultato di un’interpretazione della Legge stessa. E in un attimo si compiono opere malvagie che rabbuiano la vita.
Ora Gesù si serve proprio di alcuni vocaboli conosciuti da Nicodemo e dai membri del sinedrio: parla di giudizio, di condanna, di opere da riprovare. Si servirà di quel linguaggio che Nicodemo comprendeva bene ma per parlare finalmente di cose del cielo. Gesù sembra quasi rivelare a Nicodemo l’inutilità di tutti quei giudizi umani poiché Dio ha già giudicato il mondo. A cosa servono dunque tutti i giudizi umani? E qualora fosse necessario all’uomo giudicare, meglio sarebbe che questo venisse fatto con la misura di Dio.
Dio ha giudicato il nostro mondo bisognoso di suo Figlio. Eccolo dunque in mezzo a noi. Per sempre. Egli si proporrà come fratello a compagnia di tanti smarriti di cuore. Diceva il profeta Isaia: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua» (Is 35,4-7a). Ora ci siamo. il Figlio unigenito di Dio prenderà alla lettera questa Parola e sarà luce per i suoi stessi passi, per il suo stesso cammino di Figlio che vive della Legge di Dio. Così il Figlio, Parola di Dio fatta carne e visibile ad occhio nudo, sarà Egli stesso quella Luce per chi guarda a Lui.
Ora il discorso di Gesù è molto chiaro. Ha perfino la chiarezza di un’equazione: Buio è Male. Luce è Bene. Il fatto è che separare la Luce dalle Tenebre non è così facile per noi. Pare più un gesto da Creatore. Gesù chiede a noi di preferire la Luce alle tenebre, di non odiarla. Credere in Gesù è lasciare che la Luce svolga il suo compito: illuminare tutti quelli che da quella luce sono radunati e raggiunti.
Dopo la resurrezione di Gesù, la morte non è più un fatto di tombe. Scriverà ancora Giovanni nelle sue lettere: Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità (1 Gv 1,5-6) Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. (1 Gv 3,14.16-17)
Vieni Spirito Santo
e fai scendere su di noi la tua Luce,
perché il nostro cuore si apra
alla comprensione della Parola,
perché il nostro sguardo si posi
su quella Parola che il Signore
oggi vuole donarci.
Liberaci dalle catene che ci fanno prigionieri di noi stessi,
ridonaci la vista spirituale per vedere le tue opere
seminate nel nostro quotidiano;
allora anche noi con Te
ci prodigheremo per rialzare chi è caduto,
per confortare i deboli,
per dare il tuo Pane agli affamati.
Te lo chiediamo per la potenza dello Spirito
in Cristo nostro Signore. Amen.
Dal Vangelo secondo Giovanni (3,16-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Ci sono tante persone
da incontrare e rispettare,
tanti lavori da concludere,
tanto Vangelo da scoprire,
tante attività da realizzare,
tante preghiere e tanti silenzi,
tanti progetti portare a compimento
per il bene di tutti.
Ci sono tanti luoghi in cui tu dai appuntamento
alla nostra fede e al nostro amore!
Ma tu ci conosci, Signore!
La nostra attenzione si perde
e corre dietro a troppe cose.
Se tu non insisti
per farti riconoscere in tanti luoghi,
noi non potremo mai vederti
e dimenticheremo addirittura
la musica della tua Parola.
Mostrati allora, Signore!
Mostrati e allora ti riconosceremo
ai quattro angoli di ogni giorno
e potremo gridare con gioia:
«Sei proprio tu, Signore!»
Charles Singer
Sei venuto sulle strade della nostra incomprensione senza fine per portare la Luce nelle nostre tenebre…
La Tua Luce è sempre da ricercare e sicuramente qualcuno l’avrà già trovata, altri la staranno ancora cercando ed altri ancora avranno compreso che c’è sempre stata, solo che non la vedevano… I nostri occhi a volte sono così ciechi ed offuscati da molte altre cose ed è per questo forse che per prima cosa Dio creo’ la Luce, per vedere e e per poter iniziare ogni giorno nella Sua Luce, che sa di alba. E se non si riesce a trovare o vivere nella Luce bisogna pregare di non fare ombra agli altri perché tutti possano essere piccole candeline accese a quella grande Luce del cero Pasquale, per portare un po’della Sua Luce nel mondo.
A leggerlo così, di primo acchito, questo brano del Vangelo non è che sia poi così chiaro da capire. Poi a pensarci un momento di più viene in mente che -di fatto- per accogliere la luce bisogna inziare con l’aprirsi: gli occhi innanzitutto. Ma non è mica così facile! Soprattutto quando la luce è più abbagliante viene piuttosto spontaneo ritrarsi nell’ombra, ovvero nelle tenebre. A voler guardare meglio, andando un poco oltre ed abbracciando una visione un po’ più metaforica (ma neanche poi troppo), quando ci si stende al sole ci si “apre” anche fisicamente al sole. Si allungano le braccia e le gambe, predisponendo il corpo ad una postura di accoglienza in generale (e anche per abbracciare si tendono le braccia). Mentre quando ci si ritrae nell’ombra si tende a “richiudersi” un po’, rispetto all’esterno ma anche rispetto agli altri. Forse il senso di questo brano sta anche in questa dualità di rimandi, o almeno: spiegandomelo così io l’ho trovato più immaginabile e di conseguenza comprensibile.