Imparare preghiere o imparare a pregare?
E solo e sempre chiedete lo Spirito, il dolce spirito mio e del Padre, questo aspetta il Padre di darvi; e che vi scoppi il cuore di gioia. Amen
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Luca (11,1-4)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».
Mi piacerebbe tanto sapere dov’era quel luogo nel quale il Maestro insegnò ai discepoli la preghiera. Anzi, l’ho ben presente. Sì. Nel pellegrinaggio in Terra Santa questo episodio è identificato in un luogo ben preciso: sul monte degli ulivi, nella parte più alta, a pochi passi dal luogo attribuito dalla tradizione al luogo dell’ascensione al cielo. A pochi passi da quest’altro luogo si accede per una porta non troppo grande a quello che pare essere un giardino, pieno di bouganville. Si giunge all’intento di un perimetro, resti di una basilica sui cui muri è scritta la preghiera del “Padre nostro” in moltissime lingue del mondo. Dire in tutte le lingua del mondo, non saprei, ma ci ho trovato pure dei dialetti. Che già qualcosa significa: ovunque tu sia, qualsiasi lingua tu parli… prega. E chiamalo “Padre”. Pellegrini da tutto il mondo si aggirano come incuriositi a cercare la loro lingua per farsi fotografare ai piedi di alcune piastrelle dipinte a mano su cui è trascritta la preghiera del “Padre nostro”.
Tuttavia, non uno che corra incontro a chi lì è presente. Non uno che prenda per mano l’altro e dica, nella propria lingua nativa, quelle stesse parole… Avrebbe il sapore di una nuova Pentecoste e ce ne partiremmo meno impauriti degli altri, del loro parlare lingue che noi non conosciamo. E guarderemmo il mondo con occhi diversi…
Al cuore di questo spazio basilicale a cielo aperto, si accede ad una grotta, un anfratto riparato, nascosto. Ricordo di quell’invito a pregare nel segreto (Mt 6,6). Proprio lì – dice la tradizione – insegnò a pregare. O meglio, proprio lì i discepoli si resero conto di quanto necessitassero di imparare a pregare, di quanto fossero inesperti in materia. “Proprio lì” non è indicazione di precisione satellitare. Non è neppure il metro quadrato esatto che ne risulterebbe consumato dal passaggio, non solo dei piedi, ma delle mani di tutti i pellegrini. Il loro Maestro, evidentemente, non aveva un luogo privilegiato per pregare. Se non aveva un luogo ove posare il capo, figuriamoci se aveva un luogo per pregare. È un luogo non troppo definito o, probabilmente, è un luogo che meglio si definisce proprio per quello starci raccolti in preghiera. Vedendolo spesso ritirarsi in preghiera cominciarono a cogliere la sua stessa essenza, di Lui che pregando meglio comprendeva il suo essere tra noi.
Proprio come quella grotta che diventa casa di preghiera per tutti i popoli. Quella grotta, siamo noi. Noi siamo quella spelonca priva di aria e di luce che viene trasformata in dimora per Dio e per ogni uomo quando ci attraversa questo desiderio di assomigliare a Gesù pure nel pregare.
Ci sono cose che Gesù stesso ha deciso di insegnare ai suoi discepoli, ma diversamente da tutti gli altri rabbi, Gesù non insegna la preghiera. Non consegna un salterio o un libro di preghiere. Avevano già tutto nella tradizione del popolo ebraico. Conoscevano a memoria la preghiera.
Gesù, lascia che maturi nei discepoli il desiderio e la richiesta. Già quella richiesta ha il sapore di una preghiera, il sapore di qualcosa che senza di lui non possono fare (Gv 1,8)… senza vivere nella reale condizione di figli, come si può dire “Padre”? Senza sentirci un po’ più fratelli con tutti gli uomini della terra, come puoi dire “nostro”? Chiesero dunque di stare davanti a Dio come ci stava Lui.
Il mondo là fuori è grande, enorme. Fa’ spesso così paura ma anche il cuore dell’uomo è un abisso, una spelonca spesso inospitale perfino per noi stessi se non per gli altri. Occorre pregare per stare al mondo. È qualcosa di mai accaduto prima: Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre (che già ha il sapore di qualcosa di inaudito!) ma soprattutto lascia che entrino nel regno di Dio anche un numero infinito di peccatori autorizzandoli a ripetere la parola “Abba, Padre” e facendoli dunque fratelli, abitanti nella stessa confidenza.
O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.
Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce, infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore, ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
Sia santificato il tuo nome: si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.
Venga il tuo regno: perché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli, l’amore di te è perfetto, la comunione di te è beata, il godimento di te senza fine.
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.
Il nostro pane quotidiano: il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell’amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.
E rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l’intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti
E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro.
San Francesco di Assisi, commento al “Padre nostro”
Che bello il pellegrinaggio in Terra Santa e che nostalgia
È stupendo svegliarsi al mattino e leggere il vangelo e il relativo commento dove c’ è sempre qualcosa che ti tocca e ti fa riflettere !! GRAZIE
Grazie Signore che ci permetti di seguirti e che sei con noi tutti i giorni della nostra vita.
Dirsi ed ancor più essere cristiani, di Cristo e Tuoi, è una grazia, un onore ma anche una responsabilità: quella di sentirsi figli di un unico Padre che sei Tu, fratelli e sorelle di Gesù…
Aiutaci ed insegnaci Signore a pregare tutti insieme perché non ne siamo sempre capaci e possiamo imparare a “vivere pregando e pregare vivendo”, dando lode e gloria a Te. Con Te e grazie a Te tutto diventa possibile