In fondo… al cuore
(1Gv 4,11-18 / Sal 71 / Mc 6,45-52)
Che ci sia un parallelismo in atto tra il vangelo di Marco e il libro dell’Esodo è molto probabile. E probabilmente è questa l’intenzione stessa dell’autore. Molte cose raccontate e descritte nel libro dell’Esodo vengono riproposte dall’evangelista Marco affinché si possa conoscere che Gesù agisce nel nome di quel Signore che già aveva procurato la manna nel deserto e che aveva aperto le acque affinché il popolo passasse illeso attraverso il Mar Rosso. A quei tempi per mano di Mosé. Ora per mano di Gesù, come un nuovo Mosè. In realtà il Signore stesso. Lungi poi dal riconoscere nella parola di Gesù la medesima voce di Dio che ha sempre parlato agli uomini e guidato il loro cammino: dalla cima di un monte, nel deserto o in mezzo ad un mare in tempesta.
I discepoli sono così incapaci di riferirsi a questi fatti che stavano a fondamento della fede del popolo di Israele. Sono lenti a credere. La loro fatica a credere è paragonabile alla fatica del remare. La barca non avanza sotto effetto di vento contrario come la vita sembra non procedere quando incontriamo avversità. L’immagine biblica di chi non comprende poi, già dai tempi del faraone, è quella di un cuore indurito. Per noi il cuore è sinonimo di sentimenti. Per meglio comprendere l’espressione «cuore indurito» è più probabile invece che identifichiamo nel cuore associamo la sede della memoria. La lingua francese in questo senso ha un vantaggio quanto alla comprensione di questa espressione. «Par cœur» è «a memoria». Avere a cuore qualcosa è conservarla nel cuore, custodirne la memoria. Nei vangeli del Natale più volte si dice di Maria che «custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore». Un cuore non indurito è un cuore allenato a questo tipo di custodia.
Un cuore indurito non è da intendersi anzitutto come un cuore che non prova sentimenti o incapace di amare. La compassione che Gesù provò nel vedere le folle simili a pecore senza pastore, stando ai verbi utilizzati dall’evangelista, si colloca piuttosto nelle viscere e non nel cuore. La compassione per le folle, nasce nello stesso luogo dove si avverte la fame o dove un grembo è quel posto necessario per la vita altrui. Un cuore indurito è certamente un cuore incapace di pompare sangue nelle vene. E così non c’è forza nelle braccia per remare contro i venti contrari. Un cuore indurito è un cuore non allenato a questo lavoro di custodia, di meditazione e di memoria della Parola di Dio.
Nel fatto dei pani, l’amore è già all’opera e non è dunque nel cuore. L’amore è per definizione fuori di sé. È negli occhi alzati al cielo e nelle mani che poi distribuiranno quel pane. Ma senza un cuore che irrora di sangue il corpo, nulla si muove. Si è davvero paralizzati dalla paura più che mossi dalla fede. Per compiere certi gesti che paiono ancora umanamente insensati occorre davvero conoscere e ricordare le opere già compiute altrove dal Signore. E credere nel profondo dei nostri tumulti e di tutte le tempeste che incontriamo nella vita, che il Signore è libero e in grado di manifestarsi proprio in mezzo a quelle onde. Se non lo sai, se non ricordi che così già ha fatto non vedrai che un fantasma.
E così tutto quanto Gesù compie sotto gli occhi increduli dei suoi discepoli, invece di essere indizio per riconoscerlo e credergli, diventa fonte di turbamento, di agitazione. È perfino curioso che nel racconto si parla del turbamento dei discepoli utilizzando lo stesso verbo che descrive l’agitazione del mare. Così essi stessi sono diventati un mare in tempesta.
Quel fatto dei pani non lo compresero. E probabilmente ancora non lo comprendiamo. Non comprendere il fatto dei pani significa illudersi ancora che la fede tolga la fame all’uomo. Nella nostra durezza di cuore, avere fede coinciderebbe più volentieri con l’illusione di non avere prove di alcun tipo davanti a sé. È come scappare dal faraone pensando di essere già salvi e poi restare a bocca aperta e con le gambe paralizzate nel vedere che davanti a sé c’è ancora un mare chiuso o, come oggi, una tempesta da attraversare.
Conoscere le Scritture e meditare la Parola di Dio è il cuore di una fede che pulsa, l’allenamento necessario che può davvero stare al cuore della fede. Se il cuore è un muscolo, ebbene la memoria delle grandi opere di Dio in favore degli uomini va esercitata e tenuta in allenamento. Qualcuno riterrà forse inutile questa meditazione attorno alla Parola al fine della carità che certamente resta il bene più grande. Ci sarà sempre una Marta pronta a rimproverare Maria. Eppure proprio il cuore indurito di quei discepoli li aveva già resi incapaci di condividere quei cinque pani e due pesci che avevano.
Ora che percorro la via,
mettimi in cammino e donami un cuore gioiso,
Dio che mi accompagna lungo tutte le strade,
sia nella gioia sia nel dolore.
Dal Vangelo secondo Marco (6,45-52)
Dopo che i cinquemila uomini furono saziati, Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare.
Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.
Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò.
E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Lo scopri vivendo,
remando giorno dopo giorno
che la vita è anche un mare agitato.
E quella semplice fiducia dei piccoli
riposta nei grandi che gli vivono accanto,
quella semplicità che aveva il sapore della fede,
da giovani pare già acqua torbida e fangosa.
Dunque: come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
Io ti cerco con tutto il cuore
ma Tu parla sempre al mio cuore,
e non farmi dimenticare le tue parole,
mandami sempre qualcuno che mi parli di Te.
Conservo nel cuore le tue parole
perché non vorrei mai offenderti con il peccato.
Ma cos’è peccato? Nessuno più lo sa.
E se peccato fosse proprio dimenticarsi di Te,
delle parole che rivolgi all’uomo
perché di noi Tu sei solo innamorato?
Pensare che tu non ci ami,
dire che sei muto e non ci parli:
questo è il nostro peccato.
Il resto è conseguenza.
Anche il cuore indurito.
E così provo nuovamente ad amare Te,
ricordando le tue parole.
Mi vengono incontro gioia e quiete
che nessun’altra cosa mi procura.
Per questo mi soffermo ogni giorno
a meditare la tua Parola
e considerare, nelle mie scelte,
la via che tu stesso hai aperto
al suono della tua Voce.
Tu ci vuoi salvi e questi rassicura da darmi gioia;
questa è la fede che pratico:
mi alleno a non dimenticare la tua parola
come quando, ai tempi della scuola,
imparavo poesie a memoria.
E tutto… rimanda a Te.
libera riscrittura di alcuni versetti del salmo 118
“ Il rifugio più sicuro è il cuore della mamma “. È un messaggio scritto su un quadretto che ho in stanza, regalatomi da uno dei miei figli quando era piccolo. E ogni volta che lo leggo sento una grande tenerezza. Il cuore è il luogo dove sono custoditi i sentimenti, di qualsiasi natura. Nel cuore avviene l’incontro con Dio. Il cuore si, è il motore del nostro corpo e della nostra coscienza che si deve allenare perché sia sempre una buona coscienza, in grado di amare. Il cuore a volte si indurisce a causa di un vissuto terribile, ma, è vero, non vuol dire che non sia in grado di amare, è solo un cuore con una ferita grande, che fa fatica ad aprirsi e ad accogliere altro perché è saturo di dolore. Ed è un cuore che altri cuori devono abbracciare.
Ci sono Salmi, meravigliosi canti che aiutano e che a forza di sentirli ti entrano dentro…
“Saremo al sicuro in Te Signor, anche quando la tempesta arriverà o tornerà, perché Tu sei al di sopra di ogni avversità” (da Al sicuro in te. Quando la tempesta arriverà), non perché fai miracolosamente cessare la tempesta ma perché semplicemente Tu sei lì con noi a dirci:” Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Ognuno ha le sue tempeste, le sue avversità così come il suo cammino da fare ma è certo che Dio può essere con tutti e con ciascuno perché è l’Emmanuele.
Anche oggi un nuovo episodio di quel libro che è la stella cometa della nostra vita.
“Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Ci consola la risposta di Gesù e questa promessa ci darà la forza nelle difficoltà della vita.
Oggi sento che questo Vangelo parla in particolare a me. Il mio cuore è malato… Ed ora scopro che è anche indurito. Non è colpa della malattia ma della paura che lo paralizza e mi paralizza. O Signore, che la Fede mi spinga all’inizio, per poi aiutarmi a muovermi con passi sicuri seguendo la direzione che sei Tu.