Ingarbugliare… districare

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Data :8 Febbraio 2022

Vi siete mai trovati a dover districare un groviglio o una matassa? È un lavoro che a qualcuno potrebbe anche piacere. Una sfida alla propria pazienza, alla propria tenacia. Ma è innegabile che si tratti di un’operazione abbastanza scoraggiante. E spesso ci si chiede come sia potuto accadere di trovarsi così aggrovigliati.

I comandamenti, nelle tavole della Legge, erano declinati al futuro. Per intenderci ed essere più espliciti: c’è scritto «non ucciderai» e non «non uccidere». In essi è tracciato un cammino di obbedienza e di osservanza, non fine a se stesso ma finalizzato al raggiungimento di un futuro ben riassunto nella Promessa. La Legge di Dio, i suoi Comandamenti, dilatano lo spazio e ampliano il tempo aprendo futuro. Solo obbedendo ai comandamenti che Dio aveva dato agli uomini, quel popolo che li ricevette, avrebbero camminato e raggiunto la Terra simbolo di pacifica convivenza tra persone. La Legge quando è donata contiene in sé una promessa di futuro e ha per fine quello di mantiene gli uomini in uno stato di grazia, uno stato di cammino verso il raggiungimento della meta. 

Cosa succede però? Succede – sembra raccontare anche il Vangelo – che ad un certo punto proprio quegli uomini che dovevano custodire la Legge, i comandamenti, per il cammino di tutti, ne fanno uno strumento per concentrare ogni potere nelle proprie mani: il popolo venne caricato di pesanti fardelli e, guarda caso, il futuro pareva farsi sempre più nero. Non sarà neppure un caso che proprio gli scribi, gli studiosi e gli interpreti della Legge firmeranno la condanna di Gesù. Gesù non è il trasgressore della Legge e lo disse apertamente: Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento (Mt 5,17). Gesù dovette insegnare ai suoi discepoli a distinguere la Legge di Dio dai più svariati precetti e dalle numerose tradizioni degli uomini, che spesso, hanno perfino oscurato il senso più profondo della stessa volontà di Dio.

Dopo qui pochi versetti (di ieri) che facevano assomigliare il Vangelo ad un silent-book, riprendono oggi le parole virgolettate e i dialoghi cominciano a farsi più accesi. L’evangelista Marco nel brano che oggi meditiamo, ci fa comprendere bene come anche dopo la morte e resurrezione di Gesù la comunità dei credenti era ancora alle prese con un groviglio di regole davanti alle quali non si sapeva bene se osservarle oppure no. L’esempio più chiaro è proprio nelle questioni relative ai riti da compiere prima di prendere i pasti. E poiché più volte al giorno si prendevano i pasti, immaginate voi quante volte l’argomento era all’ordine del giorno. Discussioni interminabili tra puro e impuro, dai cibi alle stoviglie per mangiarli, senza dimenticare uomini e donne che per sedere alla tavola – già di per sé simbolo di comunione – dovevano a loro volta rendersi puri. 

Così, coloro che dovevano insegnare ad osservare la Legge per insegnare a camminare insieme verso un futuro migliore, sono diventati coloro dividono tra sacro e profano. La Parola di Dio non può diventare discriminante né discriminatoria. E dunque tutto quello che anche attorno ai luoghi dove risuona la Parola di Dio ha il sapore della discriminazione, è chiaramente tradizione di uomini e non Parola di Dio. Sarà Paolo a dire con forza che proprio la morte di Gesù ha abbattuto ogni muro di separazione, togliendo proprio quell’inimicizia che si crea tra coloro che osservano tradizioni di uomini. Scrivere, correggere, modificare e perfino eliminare leggi è tradizione di uomini. Liberare l’uomo da oppressioni, aprirgli sempre il futuro, fare nuove tutte le cose è Parola di Dio.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo Spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.

(salmo 50, 12-14)

Dal Vangelo secondo Marco (7,1-13)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Fra il celeste e il profetico
fra il religioso e il mistico
il maschio e la sua conquista
il puro e il diabolico
fra il politico e il possibile
il passero e l’azzurro profondo
il rosso e il suo tramonto
la voce e lo spirito.
Scelgo di camminare in silenzio…

(Ivano Fossati, Io sono un uomo libero)

 

Mi domando soltanto perché
Gesù Cristo è morto in croce per me…
Libero, libero davvero, non per fare il duro
Libero, libero dalla paura del futuro
Libero perché ognuno è libero di andare
Libero da una storia che è finita male
E da uomo libero, ricominciare
Perché la libertà è sacra come il pane
È sacra come il pane

(Fabrizio Moro, Libero)


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