Io sono un cortile

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Data :20 Novembre 2020

Concedici il dono dello stupore! Donaci occhi rispettosi del tuo creato, occhi attenti, occhi riconoscenti. Signore, insegnaci a fermarci: l’anima vive di pause;
insegnami a tacere:
solo nel silenzio si può capire
ciò che è stato concepito in silenzio.

Dal Vangelo secondo Luca (19,45-48)

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

Il secondo volume scritto si intitolerà Atti degli Apostoli. Vi si legge la vita delle prime comunità cristiane. Si racconta di persone che cercano di dare forma alla loro vita alla luce degli insegnamenti del Maestro degli apostoli. Fu un cammino lento e graduale. Il Tempio di Gerusalemme, continuerà ad essere per i primi cristiani un luogo per la pratica della loro fede. Non dobbiamo certo immaginarci un trasloco dall’oggi al domani dal Tempio di Gerusalemme alle chiese che noi conosciamo. Il Tempio per l’evangelista Luca rimane un luogo particolare nell’attività degli Apostoli ed è per questo che l’atteggiamento di Gesù, così com’è descritto da Luca nel brano di Vangelo di oggi, è differente rispetto a come lo hanno narrato gli evangelisti Marco e Giovanni. Là Gesù sembra abolire la funzione del Tempio, mentre qui il Tempio viene ripulito e portato alla sua reale funzione.

Una certa simpatia per quel luogo c’è fin dagli inizi del Vangelo. “Nel quinto mistero gaudioso si contempla il ritrovamento di Gesù fra i dottori nel Tempio…” Ed è un mistero così particolare che viene raccontato e meditato anche nella preghiera popolare del rosario al pari di tutti gli altri grande mistero della nostra fede. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». (Lc 2,46-49) 

Quando Dio dettò ordini e istruzioni precisi su come doveva essere costruito il Tempio, ebbe l’intuizione di prevedere un cortile speciale, il più grande e il più esterno chiamato “cortile dei gentili”, cioè di tutte le genti. Qui potevano recarsi uomini e donne di ogni dove ad innalzare le più differenti preghiere, anche quelle che non si rifacevano alla tradizione di Israele, anche quelle in altre lingue. Come a dire che la preghiera è un diritto universale prima ancora che un dovere che per molti serve solo ad identificare e far appartenere. Lo trovarono lì all’età di dodici anni e ancora oggi, nel medesimo luogo, ci sorprende di nuovo con il suo insegnamento. Compie una purificazione del Tempio ormai ridotto ad un “sacro mercato” e ridona a quel perimetro a cielo aperto, la sua funzione decisiva: il luogo dove cielo e terra si baciano. Dove quell’umano desiderio di Dio e quel divino amore per l’uomo hanno nell’ascolto reciproco il punto di contatto. Quello spazio è il luogo di ogni ascolto.

E così Gesù insegna, spiega, commenta, interpreta le parole della Torah, della Legge data da Dio al popolo di Israele, per farne comprendere profondità, ampiezza ed altezza. Non c’è quindi in Luca quella volontà di rottura con il Tempio che troviamo così forte altrove. Tuttavia era necessario che Gesù facesse ordine anche nel modo di utilizzare il Tempio. In ogni caso, diede comunque nuova interpretazione alla parola Tempio. Nel suo corpo, nella sua persona, nel suo insegnamento ora c’era questo spazio dove cielo e terra si danno appuntamento. E questo fu tutto il suo insegnamento che provocò una reazione uguale e contraria dei capi sei sacerdoti e degli scribi, delle autorità romane e perfino del popolo che deciso di appenderlo ad una croce per dirgli esattamente “né in cielo né in terra”.

Propri ieri, ho ricevuto da un amico di Napoli una poesia di Mahmoud Darwish, poeta e scrittore arabo, palestinese. Credo che sia il commento più bello al nostro quotidiano, al quel cortile dei gentili che potremmo essere noi stessi, a quel luogo privilegiato di incontro che è la nostra stessa umanità. Non è più Tempio l’uomo quando pensa a se stesso. È solo una spelonca di ladri, un luogo profanato da chi riesce ad entrare in questo spazio che siamo noi a fare illudere questa semplice creatura di essere il sovrano capriccioso di tutti i suoi desideri.

Più essenziale e sobrio dev’essere il nostro vivere se vogliamo essere quel Tempio di cui Gesù parlava. Sarebbe una Pentecoste quotidiana, un comprendere in profondità che cosa sia l’uomo. Sì, mentre conduciamo la nostra vita la più ordinaria, anche quella sotto effetto di lockdown, pensiamo agli altri. È l’unico modo per far più grande il mondo e perfino il nostro cuore. Non vogliamo conoscere il limite e nel potere del denaro pensiamo di esprimere il massimo dei nostri poteri, la nostra capacità di acquisto sembra parlare delle nostre possibilità. Noi che siamo sempre pronti a lamentare privazioni, non ricordiamo quante volte  noi stessi siamo un limite, un confine… Nel cortile dei gentili non c’era un tetto. Guarda in alto e scorgere che sotto lo stesso cielo ci stiamo tutti, potrebbe essere di grande aiuto in questo tempo così chiuso. Questo fu parte dell’insegnamento del mio e nostro Maestro. Il suo spirito, Maestro interiore, non fa altro che ripetere al nostro cuore, le sue parole e i suoi insegnamenti.

Non è un problema di luoghi di culto. È il nuovo culto dell’uomo ad essere problematico. Questa moderna incapacità di essere tempio all’umano, cortile per ogni uomo, questa impossibilità a fermarci in preghiera, a sostare in silenzio è prodotto di commercio, di lavoro che crea guadagno… ma cosa giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima? (Mc 8,36)

il ritratto di Mahmoud Darwish in un murales

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,

non dimenticare il cibo delle colombe.

Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,

non dimenticare coloro che chiedono la pace.

Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,

non dimenticare coloro che mungono le nuvole.

Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,

non dimenticare i popoli delle tende.

Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,

coloro che non trovano un posto dove dormire.

Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,

coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.

Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,

e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

(Mahmoud Darwish)


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Piccoli Pensieri (1)

Dania

Pensare agli altri, ad ogni altro… Ed oggi il mio pensiero va ai bambini ad ogni bambino. “Lasciamo i bambini meravigliosi e meravigliati”, qualcuno che ringrazio disse una volta…e lasciamo anche che il Signore continui a vederci come creature meravigliose e preziose ai Suoi occhi. Ognuno di noi per Lui è così, perché unico, inimitabile e di grande valore. Lui lo sa, siamo noi a volte a non saperlo e riconoscerlo ma già questo, forse, basterebbe a far pace un po’ con noi stessi e a vivere nell’eterna felicità, in cui il Signore ci vuole,come piccole fiammelle nel buio.

20 Novembre 2020

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