La gelosia delle stelle per i semi
san Lorenzo, diacono e martire
(2Cor 9,6-10 / Sal 111 / Gv 12,24-26)
Fece in tempo a distribuire ai poveri il denaro che amministrava. Poi, a chi lo stava arrestando per ucciderlo disse indicando quei poveri: «Ecco i tesori della Chiesa!». Il suo nome è Lorenzo, il santo delle stelle cadenti. Forse un richiamo a quelle monete lucenti donate, appunto, dal generoso diacono. Con due soldini in mano, ricevuti gratuitamente, sarà parso a quei poveri di poter esaudire qualche desiderio… un po’ di pane, se non altro.
Così il brano di Vangelo di oggi trova una sua icona, un’illustrazione vivente non solo per quei poveri che – come disse Gesù – saranno sempre con noi (Mc 14,7) ma anche in colui che, non trattenendo nulla per sé, saprà far dono della sua stessa vita. Morire, nei termini del Vangelo, non è finire la propria vita terrena ma cadere in terra consapevoli di essere soltanto un seme gettato. Nulla più. La morte, quella che fa paura, è il frutto amaro di una vita che non ha saputo essere generosa.
Anche le stelle, per una notte, sembrano semi di luce che desiderano cadere in terra. Stanche di starsene in cielo, gelose di quei semi che cadono in terra, sembrano cedere alla legge di gravità per gettarsi, esse pure, a fecondare di speranza la terra. È passata la notte di san Lorenzo ma sono sempre i giorni diafani dell’estate, dei cieli tersi e delle notti limpide. Sono i giorni nei quali, a qualcuno di noi, è fatta pure la grazia di starsene un po’ lontano dall’inquinamento luminoso delle città ad osservare magicamente la volta stellata.
C’è un’artista australiana che si diverte e prendere semi di ogni specie. Li getta sul tavolo e poi comincia a fissarli fino ad avere come delle visioni astratte, futuriste, simboliche. Geometrie che fioriscono dall’immaginare quei semi caduti in terra. Giorni e settimane, come il tempo necessario al seme per portare frutto, in cui si susseguono e si sovrappongono continue fioriture di colori, di punti, di linee.
Le stelle di san Lorenzo, le opere d’arte della Munns, passando per il Vangelo. Tutto ci riporta a noi stessi, al senso di ciò che siamo. Cosa ci siamo a fare sulla terra? Anche Dio, il Padre che sta nei cieli, ha i suoi desideri. Come un’immagine rovesciata allo specchio, quei semi caduti in terra sono per Lui ciò che le stelle cadenti sono per noi.
Signore,
io lancio la mia gioia verso il cielo
come un volo di uccelli.
La notte è passata,
la luce del giorno mi rallegra.
Sono felice, o Dio,
sono felice.
I salmi cantano il tuo amore,
i profeti l’hanno annunciato.
Noi lo viviamo:
ogni giorno nella tua grazia.
Preghiera dell’Africa occidentale
Dal Vangelo secondo Giovanni (12,24-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Vorrei pregarvi
di non chiedermi
se ci sono dei poveri,
chi sono
e quanti sono,
perché temo che simili domande
rappresentino una distrazione
o il pretesto per scantonare
da una precisa indicazione
della coscienza e del cuore.
Io non li ho mai contati i poveri,
perché non si possono contare:
i poveri si abbracciano,
non si contano.
don Primo Mazzolari
Che bello pensare che siamo tanti sogni di Dio, nati in cielo come le stelle e venuti sulla terra come semi che, grazie alla Sua Parola, possono imparare a morire a sé stessi, per portare frutto. La forza viene da Lui, nostra forza che “da mille strade ci raduna in unità, permettendoci di essere seme di Dio” inaspettatamente ovunque ci troviamo. Attorno a Lui si crea unità, perché dove ci sono Parole e Pane spezzati per tutti ci si sente sempre a casa.
E tu cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale.
Oh d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del male.
Mi piace questa poesia di Pascoli, e mi torna in mente ogni anno.
Comprendo il dolore del poeta e mi piace la sua visione del pianto delle stelle.
Ma non riesco a condividere la definizione di “atomo opaco del male”.
Sì, questa terra ha tanti mali, sono di questi giorni gli appelli più recenti al disastro climatico.
Ma sono fiduciosa che, finchè ci sarà qualcuno disposto a seminare il bene, non siamo soli e salveremo anche questa nostra terra.
E il pianto delle stelle tornerà ad essere di nuovo solo imitazione della caduta generosa dei semi a fecondare la terra.
Che bella l’immagine dei semi a terra come stelle cadenti dei desideri di Dio! Illuminante l’immagine della morte come quella di un seme gettato. Tutto questo utilissimo cambio di prospettive mi fa pensare a quanta potenzialità -di cui non ci rendiamo minimamente conto- ci sia nelle nostre umanissime esistenze. Quante doti abbiamo, a noi sconociute (o poco meno), della cui ricchezza ci rendiamo conto talvolta accidentalmente. Quanti tesori utili a far “fruttare l’umanità” abbiamo e troppo poco spesso usiamo. Già solo le nostre comunissime azioni quotidiane: che gran differenza fa compierle con amore, trasmettendo amore. Quante “insignificanti gocce” d’amore finiamo per sprecare pensando che siano “così poca cosa”.