L’acqua che giunge alla gola
O Spirito Santo, tu che tutto sostieni tutto ciò che il Padre ha creato, facci comprendere che stai sostenendo anche la nostra vita sin dalla nascita Aumenta la nostra fede. Che ogni nostro pensiero ed ogni nostra azione siano secondo la volontà del Padre per poter imitare Gesù, il quale è vissuto amando l’umanità sino alla fine. Per Gesù, nostro Maestro e Signore, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (14, 1-6)
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Le giornata passano in fretta. Il tempo vola per chi sta bene. È per chi soffre invece che non passa più. E così eccoci nuovamente a tavola in giorno di sabato. Una scena già vista. Ogni sabato era così: camminare non si poteva più di tanto. Anche i passi nel giorno di festa sono contati. Che si fa, dunque? Si fa sosta in casa di un fariseo e se il cammino fa sosta non si perde d’occhio il fine che rimane sempre il medesimo: salvare la Vita.
Sembra davvero una scena già vista, ma non cedete all’effetto di dèjà vu. Chissà dunque quante volte saranno accadute cose simili, chissà quante vite salvate anche in giorno di sabato. Ciò che non muta, oltre alla Sua volontà di salvare – che poi è la volontà stessa del Padre – è lo sguardo incorreggibile di quei farisei che stanno ad osservare Gesù in ogni minimo movimento. Osserviamo bene la scena: non c’è spazio alcuno per una parola di farisei. Ci eravamo perfino abituati alle loro questioni, a quello modo – tutto farisaico appunto – di tendere tranelli a Gesù per coglierlo sul fatto.
Questa volta è Gesù stesso a coglierli in fallo: il loro sguardo inquisitore non è cambiato affatto, anche se ora non lascia nemmeno posto alle loro parole inadeguate. E con due domande comprova la loro incapacità a lasciarsi salvare. Perché questa è la questione. Guardiamo tutti lo stesso mondo ma lo vediamo in modi diversi: quell’idropico è sotto gli occhi di tutti, ma non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, né peggior sordo di chi non vuol sentire. Questa volta è Gesù ad utilizzare lo stesso modo di procedere che sempre utilizzano i dottori della Legge nei suoi confronti: “È lecito oppure no…?”
E per altro la diagnosi era già fatta. La malattia è nota. Non c’è molto da disquisire. Non resta che intervenire, non resta che curare. In medicina oggi l’idropisia viene chiamata edema: riversamento e accumulo di liquido, come siero di sangue, nei tessuti sottocutanei che finisce pure di riversarsi in parti vitali del corpo (cuore o polmoni ad esempio).
Con una sottilissima intuizione, Gesù porta l’esempio di un figlio o di un animale che possono eventualmente cadere in un pozzo. A quel punto nessuna esitazione per salvare dall’acqua. Il pericolo di annegamento è talmente evidente che tutti correrebbero a soccorrere. E Gesù smaschera di nuovo il fariseismo, tutto concentrato sull’esteriorità, su ciò che si vede e appare… ma di ciò che accade dentro, poco o nulla. Quell’uomo idropico – potremmo dire – lui pure stava annegando. L’acqua lo avvolgeva già tutto… proprio come qualcuno che cade nel pozzo.
Preoccupati dell’esterno del bicchiere e del piatto, continuavano a pensare che Gesù fosse un qualunquista, un pressapochista, un non curante delle Leggi. Ma è esattamente il contrario: Gesù stesso trasuda fedeltà alla Legge di Dio e la sua interpretazione è decisamente più profonda. Perché il pozzo è fatto per attingere l’acqua necessaria alla vita e non per farci cader dentro un fratello.
Ci sono preghiere che sono molto fisiche, proprio come il salmo 69 (68) che ci aiutano plasticamente ad immedesimarci con chi sente davvero l’acqua alla gola o sta in fondo al pozzo. E cosa fare se non chiamare aiuto? Senza neppure agitarci troppo perché a questo punto le forze vengono meno e nel panico il rischio è di sprofondare ancora più tragicamente. E pregando questo salmo, non lasciamoci prendere solo dall’acqua che giunge alla gola ma proviamo a sentire che già la mano di chi ci salva è tesa. Lo possiamo intuire e sentire nelle parole di ringraziamento che descrivono un vero ribaltamento della situazione iniziale.
Salvami, o Dio, ho l’acqua alla gola!
affondo in un abisso di fango, nulla mi trattiene
discendo nell’abisso delle acque
il vortice mi inghiotte.
Sono sfinito a forza di gridare
la mia gola è riarsa
i miei occhi si sono consumati nell’attesa del mio Dio.
Io resto in preghiera davanti a te
Signore, è tempo della grazia!
Nel tuo grande amore rispondimi
nella tua fedeltà salvami, o Dio.
Strappami dal fango, che io non sprofondi
liberami da chi mi odia, dall’abisso delle acque
non mi trascini la corrente, il vortice non mi inghiotta
la bocca dell’abisso non si chiuda su di me.
Signore, rispondi: il tuo amore è bontà!
volgiti a me nella tua grande misericordia,
non nascondere il tuo volto al tuo servo
sono agli estremi, presto, rispondimi
vieni vicino a me e riscattami.
Voglio lodare il Nome di Dio
con canti voglio magnificarlo nel ringraziamento:
il Signore gradirà questa offerta
più di un giovane vitello.
Gli umili vedano e si rallegrino
vita e gioia ai cercatori di Dio
perché il Signore ascolta i poveri
non disprezza chi a lui aderisce.
dal salmo 69 (68), traduzione Salterio di Bose
“Lo prese per mano e lo guari “…Signore, aiutami a scorgere il fratello sofferente, bisognoso con lo stesso sguardo con cui Tu scorgi l’altro. Insegnami-ti chiedo-a saper usare i tuoi gesti semplicissimi: prendere per mano…aiutare…essere prossimi…per accogliere il fratello come un dono prezioso, come Tu ci hai accolti con il tuo amore misericordioso.
Quanto è importante e quanto è pur difficile ricordarci che Dio è con noi sempre. Soprattutto nella difficoltà, soprattutto quando siamo più spaventati e disorientati. È allora che pensiamo che sia più lontano che mai quando invece, per contro, è più vicino che mai. Allora come fare? Beh, probabilmente allenarci ad ascoltarlo, passo passo, giorno per giorno, e abituarci a quel lieve alito di brezza spirituale che è sempre lí, un bisbiglio appena nel caos della vita, ma che regge montagne intere.