Lavando i piedi, apriva il cammino
Sieger Köder, Lavanda dei piedi
Giovedì santo – Triduo pasquale
(Es 12,1-8.11-14 / Sal 115 / 1Cor 11,23-26 / Gv 13,1-15)
Ottobre 2003. Mi trovavo in quel mese a Banneux, in Belgio, a studiare il francese prima di andare a Neuchatel (CH). In quella scuola arrivavano da ogni parte del mondo persone che in poco tempo dovevano apprendere il francese per andare in missione in paesi francofoni. Io ero l’italiano che andava in missione in Svizzera. Ricordo che c’era perfino una coppia italiana, giovanissimi sposi con il loro bambino appena nato. Oggi sarà un giovane diciottenne. Sarebbero partiti in Costa d’Avorio per un’esperienza di missione, neonato compreso. Le lezioni si svolgevano così tra un cambio di pannolino e un biberon. C’erano poi alcune suore che dalla Cina sarebbero andate in Francia. E molti altri. Un incrocio di popoli in quel piccolo paese, disperso nella campagna fiamminga. A turno, secondo un calendario stabilito, ci si occupava anche di alcune mansioni del quotidiano così da attrezzarci di un vocabolario che certamente sarebbe apparso più necessario di quello specifico per la predicazione o per la pastorale.
Quando venne il mio turno di lavare i piatti, ricordo benissimo con quanto stupore – e un po’ di indignazione – le sorelle cinesi mi guardavano: le mani di un prete affondavano in un lavandino colmo di acqua già piena di unto di tutti i piatti da lavare. E non capivo affatto di cosa fossero così scandalizzate. Dovette intervenire un insegnante per fare luce su quel momento che cominciava ad essere imbarazzante: più continuavo a lavare i piatti e più si indignavano. Dovevano pure essere i primi giorni di scuola perché non avevamo nemmeno un vocabolario sufficiente per capirci a malapena.
Mi perdonerete l’esempio biografico in questo giorno così solenne: compresi così lo stupore di Pietro al vedersi lavare i piedi da Gesù. In fondo, io stavo soltanto lavando dei piatti. Per farla breve: quelle povere sorelle non si capacitavano che le mani di un prete toccassero acqua sporca. Al limite avrebbero patteggiato sul risciacquo. Questo lo avrebbero concesso. Non capii se si trattasse di una questione culturale o se fosse qualcosa di religiosamente radicato. Poco importa. Lo scandalo e l’imbarazzo erano evidenti. Con l’aggravante del non comprendersi ancora! Tradotta finalmente la questione e le espressioni di stupore sui volti, la pagina di Vangelo di oggi servì molto per spiegarci e per comprenderci. Il ricordo di un Maestro e Signore che lava i piedi ai suoi discepoli riportò la pace in quel momento in cui, vi assicuro, la tensione era evidente.
Dimenticate pure questo banale aneddoto, ma è vero che siamo pieni di retaggi e stereotipi religiosi e ancora fatichiamo a comprendere ciò che sempre dobbiamo imparare dal nostro Maestro e Signore. A noi basta saperci battezzati per dire che siamo discepoli di Cristo. Eppure ogni anno, prima di rinnovare gli impegni del nostro battesimo nella notte di Pasqua, siamo chiamati ad ascoltare le parole e rivivere i gesti compiuti proprio dal nostro Maestro.
Il tempo che ci separa dalla sua ultima cena, non ci impedirà, in questo giorno, di vivere con addosso lo stesso stupore di Pietro e degli altri presenti perché – che lo vogliamo o no – succede anche a noi di pensare che il Signore stia dalla parte della potenza. I discepoli stessi s’erano probabilmente costruiti un’immagine analoga. Non ne fecero un idolo o un mito. Ci pensava Lui stesso a riportarli alla realtà ma, certo, i loro occhi e i loro cuori faticarono a comprendere quell’insegnamento.
Si avvicinava la Sua ora – l’ora della croce – ma aveva già, in quella sera, i tratti del risorto, le sembianze di un misterioso viandante che si accosta a quei camminatori stanchi e smarriti. Per questo lavò loro i piedi. Li vide stanchi e oppressi. Quella sera, prima di passare da questo mondo al Padre, lavando i piedi ai suoi discepoli, apriva loro un cammino; segnava la stessa strada che riporta l’uomo a casa; la strada che fa umano l’uomo; la strada da non perdere, l’esempio da imitare per evitarci inutili croci. La sua sarebbe dovuta bastare. Ciò che non basta mai è l’amore che, se non altro, dev’essere forte come la morte. E quanto più la morte colpisce, quanto più la sofferenza si palesa davanti ai nostri occhi, quanto più i discepoli di Gesù potranno amare.
Come sdebitarci con Dio
per i tanti suoi benefici?
Una grande festa faremo
per celebrare il suo santo nome.
Brinderemo al suo amore fedele
e loderemo riconoscenti il suo nome.
In Te la nostra fiducia, Signore,
tuoi servi siamo per sempre,
uomini che Tu hai liberato dal male.
Dal Vangelo secondo Giovanni (13,1-15)
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Marco Frisina, Dove la carità è vera
Dove la carità è vera e sincera, là c’è Dio
Dove la carità perdona e tutto sopporta
Dove la carità benigna comprende e non si vanta,
Tutto crede ed ama e tutto spera la vera carità
Ci ha riuniti in uno l’amore di Cristo:
Esultiamo e rallegriamoci in lui,
Temiamo ed amiamo il Dio vivente
Ed amiamoci fra noi con cuore sincero. R/
Quando tutti insieme noi ci raduniamo
Vigiliamo che non sian divisi i nostri cuori
Non più liti, non più dissidi e contese maligne,
Ma sia sempre in mezzo a noi Cristo Signore. R/
Noi vedremo il tuo volto insieme ai beati
Nella gloria il tuo volto, Gesù
E sarà gioia immensa o gioia vera
Per l’eternità dei secoli. Amen. R/
Gesù é Risorto!
Io leggo e spesso rileggo le riflessioni che ricevo tutti i giorni. Non é un “retaggio”, ma “patrimonio spirituale” per quello che fa il prete.
Mi permetto di rispondere a questa parte della riflessione di don Stefano: riguarda il fatto di considerare il sacerdote non come “uno di noi” perché lui ha una speciale consacrazione, opera con sublimità e fa gesti sacri. All’altare é Gesù; un pezzetto di pane lo fa diventare il Corpo e il Sangue di nostro Signore, ci nutre con i sacramenti e con la Parola. Le mani devono essere pure.
Può darsi che le suore ammiravano anche l’umiltà del sacerdote (nel nostro caso il carissimo don Stefano) che sta a lavare tutti quei piatti unti! Grazie
Penso che non devi scusarti don Stefano per i tuoi brevi racconti biografici, a me piace quando racconti di te, e tra l’altro lo fai sempre agganciandoti poi a qualche passo del Vangelo. Siamo giunti al Triduo Pasquale, il tempo più forte. Da qualche anno lo vivo in modo diverso, nel senso che avendo perso delle persone amate, non posso fare a meno di collegare ciò che è terreno con Gesù. Nello strazio della Sua sofferenza, vedo anche la grande sofferenza di mio nipote e lo strazio di mia sorella, angosciata come Maria ai piedi della croce, ma con una dignità sorprendente. Nel Suo accettare la sofferenza, vedo il mio don, che ha vissuto la sua ultima Pasqua proprio in quei giorni, dedicandosi fino all’ultimo a tutti noi, senza risparmiarsi, amandoci, tanto. E credo che, valutando quanto di non buono ci sia nel mondo, si debba imparare ad amare e a perdonare, si debba imparare a lavare i piedi, perché il mondo torni ad essere più buono.
Stefania, anch’io ho pensato a papa Francesco e al suo bacio ai piedi dei governanti del Sud Sudan per la pace nel loro paese.
Un esempio che abbiamo dimenticato troppo in fretta?
Poi c’è don Stefano che con le sue riflessioni ci insegna e ci sostiene.
Mi ricordo della volta in cui lavasti i piedi versando a più riprese dell’acqua in un catino ed ogni volta ci ricordavi di quanto c’era bisogno di amore e carità tra di noi. È stato un giovedì Santo ricco di insegnamenti che mai come ai giorni nostri dobbiamo mettere in pratica nonostante il distanziamento. Grazie e continua a sostenerci
Immagino presente alla lavanda dei piedi anche la Madre di Gesù… Alle nozze di Cana aveva detto ai servi”quello che vi dirà, fatelo…” ora poteva dire ” quello che ha fatto Lui fatelo anche voi” Mistero così umano e così sconvolgente..
Per tutti i sacerdoti la nostra preghiera..
E poi c’è Papa Francesco che con modi domestici ci guida nel cammino.
Si può fare!