L’uomo ha risorse sconosciute
(Gen 3,9-24 / Sal 89 / Mc 8,1-10)
Nel deserto ebbe fame. Furono i giorni della tentazione. Gli si propose di trasformare pietre in pane. Fu il diabolico divisore a proporglielo. Poiché era venuto per manifestare la vicinanza di Dio agli uomini e per essere in tutto simile a noi, Lui che non ritenne un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio (Fil 2,6), fu saldo e determinato nel non cedere al miracolo frutto piuttosto di un’illusione: si sarebbe procurato il pane per la sua fame, separandosi così dagli uomini e il divisore avrebbe avuto la meglio.
Nel deserto ebbe fame anche il popolo che dall’Egitto camminava verso la terra promessa. E fu l’inizio dei lamenti e dei rimpianti. Si stava meglio quando si stava peggio… in Egitto, certo, erano schiavi ma almeno avevano carne dal mangiare… ma erano solo cipolle. Enfasi del lamento, bugia che dimentica la verità. La libertà fa venire i brividi e così preferiamo stare “sotto padrone” per aver assicurato almeno il pane.
Quando sentirono quest’aria di libertà, quelle parole che ridanno speranza, questa vicinanza così palpabile di Dio, non pensavano più al cibo. Sarebbero stati per ore ad ascoltarlo ancora, senza preoccuparsi – una volta tanto – di cosa avrebbero mangiato. Quelle parole che dalle orecchie passano al cuore parevano già come il pane che dalla bocca passa allo stomaco.
Fu proprio lì, in quel luogo deserto, memoriale di tutti i deserti dell’uomo e della sua anima, fu lui a ricordarsi cosa significhi avere fame in un luogo dove non c’è pane. Sommato il ricordo delle sue tentazioni nel deserto alla vista di quelle folle, ne ottenne in risultato quella compassione misericordiosa. Nei giorni di prova e di deserto non dimentichiamo che la Parola di Dio può sostenerci: ricordare spesso le Sue parole, rileggere semplicemente i Vangeli, senza nemmeno fare sforzi o riflessioni per comprenderli, leggerli e rileggerli… Il pensiero e la riflessione verranno dopo, a posteriori, col senno di poi, quando esaminando attentamente il cammino percorso, sapremo distinguere meglio ciò che è opera Sua e non nostra.
Il cibo che Egli donerà è per sostenere il cammino. Stava dicendo chiaramente che quel luogo non poteva essere la casa per l’uomo. Diceva frère Roger di Taizé: «Di deserti dell’anima ce ne sono. E come! Ma è necessario fermarvisi?». Lì portò nel deserto per parlare al loro cuore, direbbe il profeta Osea (2,16). O più semplicemente fu proprio Lui a raggiungerli in quei luoghi limiti dell’esistenza dove, certo, l’essenzialità interpella la coscienza dell’uomo più che l’abbondanza che stordisce. Il deserto resta tuttavia luogo di paure e di pericoli. Non è un caso che quando le nostre strade e le nostre piazze sono vuote le paragoniamo ad un deserto.
Si trovò con loro nel deserto, ai limiti dell’esistenza e volle aggiungere vita. Vedere del cibo dove non è possibile procurarsene e ancor più vederlo condividere pacificamente fu segno capace di ridare speranza a quelle folle smarrite nei loro deserti interiori.
Alcuni passaggi di una bellissima intervista a Eugenio Borgna (seppur datata 2011, ma quanto attuale soprattutto oggi!) possono risuonare benefici:
«Il piano della crisi economica oggettiva e quello della interiorità e delle sue sofferenze sono ovviamente distinti. Una crisi economica, per quanto grave, non ha mai nella coscienza individuale una risonanza tanto abissale quanto la desolata mancanza di qualsiasi senso, propria della depressione. Per contro, una persona con un saldo equilibrio psichico può trovare in situazioni di crisi uno stimolo per riscoprire in sé risorse finora ignorate. Le due autonome forme di crisi possono però sovrapporsi e intrecciarsi in un tempo come il nostro.
Quando viene messa in gioco la possibilità stessa di dare sostentamento e speranza ai propri figli, viene intaccata quell’area interiore di cui parlavo. È singolare però come in genere si parli solo di fallimenti economici e finanziari, trascurando le risonanze interiori negli uomini che ne sono toccati, e che possono essere ben più drammatiche. Perché se i default economici possono essere arginati con manovre pubbliche o interventi di sostegno, se per il bisogno più urgente c’è solidarietà, c’è la Caritas, molto più difficile è cercare rimedio al senso di sconfitta di chi si vede irrimediabilmente fallito in ciò che aveva perseguito per la sua vita.
Come si coltiva questa speranza? «Prima di tutto, credo, educandoci a sentire le sofferenze degli altri come nostre, a guardare il prossimo negli occhi, e a saper riconoscere in quello sguardo la solitudine o il deserto. Ma solo una educazione interiore ci consente di guardare alla realtà distinguendo ciò che veramente conta. Non siamo monadi, ma originariamente destinati al colloquio con l’altro. Lo siamo così profondamente che anche un filosofo come Walter Benjamin, ebreo di origine ma laico, scrisse di «un dovere della speranza» nei confronti di chi l’ha perduta. Del dovere di mantenere viva questa luce, se gli altri attorno l’hanno smarrita; perché se disperiamo anche noi, quella luce andrà persa per tutti. L’uomo ha risorse sconosciute, e la stessa vita è nella sua imprevedibilità assai più grande di tutte le nostre statistiche. Questa in fondo è la razionalità più grande: sapere che la vita è ben di più di tutti i nostri conti, di ogni nostra ragionevole previsione.
Signore,
gli occhi di tutti sono rivolti a Te in attesa
e Tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Apri la tua mano generosa
e sazi il desiderio di ogni vivente.
Vieni vicino ad ogni uomo che ti invoca
e ti riconosceremo presente in mezzo a noi,
Dio benedetto, ora e sempre.
Amen.
Dal Vangelo secondo Marco (8,1-10)
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».
Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.
La tua fame non cerca il pane,
è fame di amore.
La tua nudità non è mancanza di un vestito,
ma di dignità.
Sei senza un tetto non perché ti manca una casa,
ma un affetto.
Dammi occhi puri per riconoscerti
nel volto dei poveri.
Ma dammi occhi puri anche per riconoscerti
nella forma del Pane
che ci dà sostegno oggi e sempre
(Madre Teresa di Calcutta)
È proprio vero, una crisi economica col tempo si supera, ma una crisi personale e’ più complicata, le crisi poi sopraggiunte in questo periodo pazzesco, sono sotto gli occhi di tutti: omicidi nelle famiglie, la testa non ci sta più dentro. Sono persone che avrebbero bisogno di aiuto, avrebbero bisogno di essere portate fuori dal deserto con interventi forti, concreti, che non arrivano. A volte mi dico che è facile per me fare belle affermazioni, piene di buoni propositi, ma se fossi in una grave crisi? Sarebbero sufficienti le parole di qualcuno? Sarebbe sufficiente un pezzo di pane donato? Non so, è qualcosa di così enorme. E dico: Signore pensaci tu, metti nel cuore di ogni umano un po’ di amore da riuscire a vedere chi è nel bisogno.
“O corpo di Cristo, o pane di vita: il pane terrestre non basta alla vita.
Parola del Padre vestita di carne:
Ti fai nostro cibo perché siamo eterni”…
Meraviglioso canto che questo brano di Vangelo mi ha evocato. Davvero il Signore non si dimentica di noi e non ci abbandona mai, alimentando anima e corpo.
“Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”…, che possa essere così e che le Sue parole ci inducano a condividere un po’ di quel che abbiamo, nella libertà, per amore e secondo coscienza, affinché il pane non manchi a nessuno.
Gesù, dopotutto ha chiesto ai suoi discepoli di dare loro da mangiare, di distribuire il pane, perché Lui lo farà una volta e per tutti…Si è dato in vita e continua a darSi instancabilmente a noi!
Rendiamo Grazie sempre ed in ogni luogo
Tendenzialmente siamo portati a sottovalutare grandemente la potenza delle parole, sia quelle buone che quelle cattive. Se ben calibrate hanno il potere di rigenerare come di schiantare. Spero e prego di cuore, cercando di applicarmici io per prima, che questa condizione di “crisi generale” possa portarci tutti ad essere più generativi che distruttivi, un po’ in tutti i sensi. Ricordiamoci che possiamo essere più generativi e positivi di quel che crediamo, come? Tanto per cominciare iniziando a condividere più sorrisi (anche quelli “solo con gli occhi” arrivano!) e più “posso aiutare?” nella quotidianità… Anche con la gente che incrociamo per strada. C’è da “buttarsi” un po’ di più… Ma si può fare! 🙂
Ci siamo illusi, in questo fortunato angolo di mondo, di essere sazi, e una mattina ci siamo svegliati affamati, di carezze e di abbracci e di pane quotidiano.
Che dal deserto dentro la pandemia possa germogliare vita nuova.