Ma perché se ne andò?

Pompeo Batoni (1708-1787), Il ritorno del figlio prodigo, particolare

Sabato – seconda settimana di Quaresima

(Mi 7,14-15.18-20 / Sal 102 / Lc 15,1-3.11-32)

Quando i discepoli di Gesù si imbatterono in altre persone che scacciavano demoni nel Suo nome, quel fatto parve loro una stranezza. Probabilmente pensavano di avere l’esclusiva. Evidentemente il tratto distintivo della missione del loro Maestro non era quello. Non precisamente, non esclusivamente. 

Ciò che invece lo contraddistingueva era quel suo far festa per ogni ritorno, per ogni persona smarrita che ritrova la strada per tornare a casa. E ogni volta si metteva a tavola per sottolineare quel ritorno. Quello suo stesso mangiare con i peccatori era la scintilla che faceva scoccare la vita. Ma non lo comprendevano proprio per questo suo mangiare con i pubblicani e i peccatori. E tante ne dicevano che già gli diedero del mangione e del beone, a differenza di Giovanni Battista, che considerano un indemoniato per l’austera disciplina. Un giorno intercettò una di queste critiche dalla bocca di scribi e farisei: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 

Fu l’occasione di raccontare tre parabole piene di tenerezza e di misericordia. E tutte si concludono con una festa: prima per una moneta, poi per una pecora e infine  per un figlio ritrovato. Venne a raccontarci che suo padre è così. Questo nessuno sapeva farlo. Nessuno sapeva dire cose simile. A nessuno sarebbe venuto in mente di pensare che Dio, come un padre, festeggi il ritorno a casa. Ancor meno, nessuno sapeva stare a tavola coi peccatori, tutti figli di Dio ritrovati.

E quelli che non erano in grado di comprendere erano proprio quelli che si sentivano in credito nei confronti di Dio. Non solo non si sentivano affatto peccatori, ma pensavano che Dio avrebbe dovuto riconoscere loro tanta rettitudine. La loro stretta osservanza religiosa, il loro non uscire mai dalle righe e dai canoni li faceva simili al figlio maggiore così persuaso di essere giusto per tanta osservanza, per tanto rigore… eppure così pronto a rivendicare quell’apparente ingiustizia paterna, lui che non ebbe mai un capretto per far festa con i suoi amici. 

Pagine e pagine di Scrittura raccontano di questa fraterna gelosia. E la parabola del padre con due figli, si aggiunge a tutti questi racconti. Perché non riusciamo a comprendere che il Padre ama i suoi figli anche quando sbagliano. Non si tratta di invidiare trattamenti misericordiosi, ma di riconoscere il proprio smarrimento. 

Va in scena la gelosia tra fratelli in quel tipico atteggiamento di chi sta davanti al Padre a rimarcare differenze, ad accampare presunti diritti come se essere figli fosse una questione morale. Essere figli è il dono originario da custodire. La fraternità è l’effetto concreto di questa consapevole scoperta di essere figli. Laddove non c’è fraternità e gioia per la vita altrui ritrovata, significa che stiamo guardando la vita con occhi economi e da tornaconto. Il padre non premia la bravura dell’integerrimo ma si rallegra nel farsi conoscere per ciò che Egli è veramente. E anche al figlio che s’era già disposto ad essere da meno non nasconderà il suo volto. Non accetterà mai di essere padrone di un figlio che già s’era interiormente disposto a fargli ormai da servo. Non ha interesse alcuno ad essere conosciuto come il padrone di tanti salariati. Egli è precisamente padre.

E se nel leggere la parabola avessimo ancora gli occhi troppo puntati sul figlio che sfrontatamente chiede in anticipo la parte di eredità, forse potremmo, una volta tanto, indagare le ragioni di quello strappo, di quella partenza. Che un uomo lasci suo padre e sua madre per dare vita a qualcosa di nuovo è una legge naturale. Ciò che non è naturale è l’andarsene di casa in quel modo. Ed è probabilmente l’assenza di amore tra fratelli più che una presunta presenza paterna incombente la ragione di quell’allontanamento. Sono ancora molti i figli di Dio che sentono un certo disagio a stare nella casa del padre o – se preferite – nella Chiesa. È probabilmente l’assenza di amore tra fratelli, figli dello stesso Padre, a far sì che molti se ne vadano.

Dio vivente,
noi siamo talvolta stranieri sulla terra,
sconcertati dalle violenze,
dalla durezza delle opposizioni.
Come una brezza leggera,
Tu soffi su di noi lo Spirito di pace.
Trasfigura i deserti dei nostri dubbi
per preparaci ad essere portatori di riconciliazione
là dove ci chiami a vivere,
fino a che si levi una speranza di pace tra gli uomini.

(Preghiera di Taizé)

Sokratis Sinopoulos Quartet, Aegean Sea, Eight Winds

Dal Vangelo secondo Luca (15,1-3.11-32)

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Signore e Padre dell’umanità,
che hai creato tutti gli esseri umani
con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro,
di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane
e un mondo più degno,
senza fame, senza povertà,
senza violenza, senza guerre.

Il nostro cuore si apra
a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza
che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità,
di progetti comuni,
di speranze condivise.
Amen.

(papa Francesco, Preghiera al Creatore,
dall’Enciclica «Fratelli tutti»)

Marc Chagall, Il padre misericordioso,

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Piccoli Pensieri (1)

Dania

Un canto che mi sta a cuore, riscoperto un po’ di tempo fa e che ben si addice al brano di Vangelo e a chi, come me, per diverse ragioni si è allontanato dalla Chiesa, dalla Parola e da Dio Padre e che poi, per alcune circostanze di vita ritorna, si riscopre figlio cercato, atteso e sempre amato: “APRI LE TUE BRACCIA”. Il Padre misericordioso che ci ama di un amore senza fine attende ogni figlio…”ci vede, prova compassione per noi, ci corre incontro, desidera abbracciarci e baciarci” ed è pronto a ri-accoglierci ogni volta che torniamo con cuore sincero, contrito ed affranto, a Lui.
Che non si abbia più a smarrire la via, una volta ritrovata, e che la fede si rinsaldi sempre più, confidando in un Padre così Buono.

6 Marzo 2021

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