Mai sazi o sempre indigenti?
(Tb 12,1.5-15.20 / Tb 13 / Mc 12,38-44)
Riassumendo: entrò a Gerusalemme come si accoglie un re, acclamato dalle folle che lo osannavano. Osannavano il figlio di David, sperando che fosse lui a ristabilire quel regno di cui avevano gran nostalgia. Entrò nel Tempio, diede uno sguardo veloce. Data l’ora, preferì rimandare ciò che aveva in mente di compiere. L’indomani si presentò di nuovo nel tempio e iniziò a dar fuori di matto. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. (Mc 11,17-18)
Alla sua santa collera, seguirono tutte le furie dei suoi oppositori e non smisero un istante di metterlo alla prova. Possiamo immaginarceli quei capannelli di scribi e di farisei che si appartano in un angolo per scegliere l’argomento e poi venire a Lui per interrogarlo e coglierlo in fallo. Non riuscivano a tener testa alla sua sapienza.
E più lo attaccavano e più veniva alla luce ciò che c’era nel loro cuore. Svelate le intenzioni, non rimane ora che allertare le folle: Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa.
Con un gesto fisico rovesciò banchi di cambiavalute e venditori. Al termine della disputa con scribi e farisei, dovrà rovesciare anche pensieri e convinzioni, chiedendo di convertire lo sguardo, di rovesciare anche un certo modo di vedere poiché si è soliti guardare dalla parte dei potenti, dei ricchi. Difficile decidere cosa sia peggio: se l’ostentata generosità di certi benefattori o lo sguardo rivolto ad essi quasi ad invidiare il loro status sociale. L’intento dei rumorosi benefattori è già raggiunto: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Si aspettavano solo di essere ammirati dalla gente. Soddisfazione immediata, di corto respiro, incapace di attendere un altro riconoscimento, quello del Padre che vede nel segreto.
Il Tempio era lo spazio per la comunione con Dio, ma non si può essere in comunione con Dio se questa comunione è fondata sul furto fatto alla povera gente. Anche attirare su di sé i propri sguardi è furto perché al Tempio si sta sotto lo sguardo di Dio. Gesù, figlio di Dio, posa il suo sguardo sull’umiltà di quella povera vedova a testimonianza di come Dio guarda ciò che accade in quel sacro recinto. Non basta delimitare certi luoghi definendoli più santi di altri. Occorre piuttosto aprire l’orizzonte di queste creature che siamo, mai sazie o sempre indigenti, a ciò che Dio vuole donarci.
Gli scribi dalle lunghe vesti, più vip da passerella che altro, che attendono di essere salutati e riveriti, sono esattamente il superfluo della fede. Quelle due monetine che fanno un soldo in mano all’uomo servono solo per un giorno di vita. E se la speranza di vita è legata al denaro, a quella vedova non rimaneva dunque che un giorno solo di vita. Essa preferisce passare questo giorno in comunione con Dio. Un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove (sal 84,10), sembra dire. E il Padre contemplò la fede di quella donna: gli occhi del figlio caddero su di lei, come fosse quella la vera lezione magistrale: offrire se stessi.
La parola che Gesù rivolge ai suoi discepoli invitati a guardare nella direzione di questa donna, non è una parola che indulge alla debolezza dell’uomo, che commisera e compatisce l’estrema povertà, bensì una parola che spinge ad un impegno più generoso, ad un dono fino che arrivi fino alla fine, proprio quando – istinto di sopravvivenza – si potrebbe essere tentati di accantonare, di trattenere per sé… di voler salvare la propria vita.
Vieni, santo Spirito, a ricolmare
con la pienezza del tuo amore il mio cuore
vuoto e sprovveduto.
Vieni a sollevare il mendico dalla polvere,
e il povero dal fango,
per farlo sedere sul trono della tua gloria.
Io sono un nulla, un peccatore.
Ma tu scendi nel mio cuore,
così che l’anima mia
viva unicamente per Te e di Te.
Dal Vangelo secondo Marco (12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Ti prego, Signore:
vorrei essere umile,
sinceramente umile,
consapevole della mia povertà,
dei miei difetti:
giunta alla vecchiaia,
sento d’aver bisogno
di mettere a tacere
il mio io
per ascoltare tutti
e in ciascuno di loro
ascoltare Te.
(Anna Maria Canopi)
Tutti e tutto…due parole che tornano e ritornano nel brano del Vangelo di oggi e nella vita di ciascuno. Tutti fanno così…e sta ad indicare gli altri (la maggior parte) e poi c’è il tutto della vedova (dei pochi) che, affidandosi a Dio, sembra dire “ho detto a Dio,senza di Te, alcun bene non ho. Custodiscimi…”.
E questo tutto mi fa pensare ad un docu-film che ho visto e per cui ho pianto:
O tutto o niente: Sr. Clare Crockett
Un’attrice nascente abbandona la sua carriera e le porte verso la fama che le si aprono, per dare la sua vita a Dio. Può essere che alcuni vedano in questo un fallimento totale. Ma… è stato proprio così? In questo film parlano coloro che conobbero Sr. Clare. Dopo la sua tragica morte nel terremoto del 2016 in Ecuador, sembrava che il fallimento avesse messo la definitiva parola ‘fine’. Ma tuttavia molti pensano che la storia non sia finita lì. Questa suora diede TUTTO a Dio, senza tenere per sé NIENTE.
Quanto ancora ho o abbiamo da imparare…
L’evangelista Marco mi interpella: sottolinea lo sguardo di Gesù che mette a fuoco una povera vedova.
Spesso il nostro sguardo ed il nostro agire è attirato da chi conta, da chi ha successo, da coloro da cui posso ottenere qualcosa per i miei fini i miei interessi.
Gesù, ancora una volta, ci richiama a guardare agli ultimi, agli emarginati, alla sobrietà, all’accoglienza, alla condivisione verso chi ne ha più bisogno.
Non dobbiamo seguire la logica di questo mondo, dove ciò che conta è l’apparenza, la furbizia, l’avere i primi posti e i riconoscimenti.
Gesù ha dato tutto se stesso per amore e chiede anche a noi di fare lo stesso.
Gratuitamente abbiamo ricevuto gratuitamente siamo chiamati a dare con responsabilità ed umiltà aiutandoci e sostenendoci.
Donare del proprio denaro non è sempre facile. È normale, ed è anche giusto, a fronte di tante richieste di “contributi” per i più diversi progetti chiedersi “avrò fatto bene?”. Ecco allora che a dirlo, a dichiararlo, “pubblicarlo” su social ect arriva a dare una spinta. Come? Attirando i complimenti degli altri che hanno contribuito alla medesima causa, confermando, con il loro plauso, che si è “fatto bene”. Questa dinamica s’è certo acuita ai tempi dei social, portandoci a cercare l’illusorio plauso di una comunità “online” ma, al contempo, a farci dimenticare un po’ la gratificazione che viene solo dal sorriso che si può far sbocciare sul volto di chi si è aiutato di persona, senza doverlo “pubblicare” da nessuna parte. Forse è un po’ questa la direzione in cui dovremmo reindirizzarci oggi: tornare alle persone, in carne ed ossa, all’aiuto che si può dare nella piccolezza (immensa) della nostra quotidianità, giorno per giorno.