Materia greve (sintomatologia della stanchezza)

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Data :16 Luglio 2020

Manda su di noi, Signore, il tuo Spirito che è dolcezza e consolazione: ci insegni la pazienza e ispiri in noi la mitezza; susciti in noi la bontà e ci guidi sulla via dell’amore. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, il tuo Figlio umile e mite che con te e lo Spirito santo vive ancora oggi e per i secoli dei secoli. Amen.

Dal Vangelo secondo Matteo (11, 28-30)

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Mi soffermerò ancora, almeno per iniziare, su immagini che ci vengono suggerite dai bambini. D’altronde i due versetti del Vangelo di oggi sono la prosecuzione del brano di ieri e che, solitamente, vengono proclamati assieme. Quando un bambino è stanco ci si accorge subito. Ogni bambino da’ i suoi segnali ma è facile cogliere da quei due o tre atteggiamenti che la stanchezza sta prendendo il sopravvento. Ricordo, per esempio, quando da piccolo, a fine giornata iniziavo a ridere per un nulla e mia mamma mi diceva che era giunta l’ora di andare a dormire. Alcuni diventano più nervosi, capricciosi, un poco isterici. Tutti segnali che denotano la stessa fatica a reggere. 

Nella giornata di oggi, o più opportunamente per alcuni giorni, per un certo periodo (per sempre?) potremmo davvero osservarci con tanta pazienza e mitezza per ritrovare in noi quei segnali che potrebbero farci riconoscere quando siamo stanchi e oppressi, per compilare una sintomatologia della propria stanchezza. Ciascuno di noi ha, per così dire, un suo grado di dolore, una sua soglia di tolleranza, un limite di sopportazione… Pensiamo di conoscerci bene solo perché siamo cresciuti e così perdiamo di vista quella conoscenza di noi stessi che non è mai terminata. Certo, non una conoscenza fine a se stessa. La conoscenza di sé è sempre arte da praticare e vivere come condizione per stare nell’incontro con gli altri. Non è l’arte di distinguersi quanto l’arte di accogliere se stessi per meglio accogliere gli altri. Saremo forse sorpresi di scoprire di quanta pazienza abbiamo bisogno per sopportarci, per portare il peso di noi stessi, nello scoprirci recidivi e testardi ad essere sempre gli stessi, a non accennare un benché minimo cambiamento, una conversione.

Anche Gesù osservava la sua umanità, quella materia che lo accomunava a noi creature fragili e mortali. Mi piace pensare che anche per Gesù c’erano dei momenti di “troppo pieno”, altrimenti non riuscirei neppure a concepire e immaginare come Egli abbia potuto pronunciare parole simili a quelle che stiamo meditando oggi. Mi piace pensarlo mentre si allontana dalle folle che lo cercano per udirne le parole o in attesa di un segno; mi piace sentirlo mentre congeda le folle e da ordine ai discepoli di precederlo altrove… mentre egli “stacca” un attimo. Proprio come facciamo con i piccoli quando suggeriamo loro di sedersi un poco tranquilli per fare un disegno… si crea così una piccola tregua per l’adulto che deve essere sempre vigilante e attento sulla vita. La propria e quella altrui. Mi piace soffermarmi a guardare Gesù mentre osserva e vede le folle, sempre stanche e sfinite come pecore senza pastore (Mt 9,36). Credo che proprio da quei tempi di ascolto di sé e di osservazione dei comportamenti umani gli nascessero le sue grandi intuizioni, le sue parabole, le sue similitudini. E perfino i suoi gesti, le sue azioni.

È davvero opportuno e decisivo imparare a conoscere se stessi, le nostre fatiche, le nostre stanchezze… le nostre debolezze. La materia umana è greve. La vita dell’uomo, che è sempre un soffio, è come la pesantezza dell’aria prima che si scateni la tempesta, un temporale. È urgente imparare a cogliere quell’attimo, quel soffio di mitezza che ci viene dal renderci conto che è necessario darci un fermo. Ci sono mondi e galassie attorno a noi, lontano dal nostro sistema solare. C’è moltissimo da esplorare ancora. Ma l’arte dell’esplorazione inizia sempre dallo scendere nel profondo di se stessi.
Abramo, nostro padre nella fede, nel momento in cui si sentì chiamato ad avventurarsi verso una terra sconosciuta, scoprì al contempo di aver iniziato un viaggio interiore tanto profondo quanto ampio fu il cammino percorso. “Lekh lekah” (Vai, vattene) gli disse Uno. 

Mentre scrivo queste cose, riaffiorano immagini e scene di un film che ho trovato meraviglioso. Devo dire che non sono un cultore o un appassionato di cinema. La televisione, già di suo, mi induce sonnolenza e spesso per ascoltare due notizie, devo starmene in piedi onde evitare il pericolo di addormentarmici davanti. Al cinema vado rarissimamente: due, tre volte l’anno al massimo e devo dire che mi è sempre andata discretamente bene nel trovare belli i film che ho scelto di vedere. Penso al film “Troppa grazia” (2018)  di Gianni Zanasi. Film ambientato negli splendidi scenari della Tuscia, dove l’evasione da uno stanco quotidiano pare suggerito dall’ambizioso progetto collettivo di costruire l’ennesimo centro commerciale affinché l’umanità di oggi possa svagarsi facendo sempre mille cose in poco spazio e un allucinato senso religioso, quello di un’improbabile apparizione di un’altrettanto improbabile Madonna che pare la somma di tutte le paure umane, e che apparendo nei momenti di maggior stress o in un momento critico della vita, suggerisce comunque l’essenziale decisivo. Una madonna che pare più voce di un subconscio inascoltato. Questo film pare suggerire proprio questa stanchezza dell’uomo che si consuma tra lavoro, relazioni affettive sempre più instabili e intricate. Mentre, con maggior irruenza, affiora quella sete che, come l’acqua che sale improvvisamente dai tombini, allaga la città o l’anima dell’uomo.

È davvero materia grave l’esistenza. È davvero materia greve il peso dei giorni.  Ho come una vaga percezione che la Chiesa continuerà a parlare di “materia grave” solo in riferimento al peccato e l’uomo intanto continua a fabbricarsi i suoi luoghi di distrazione e di svago, rimuovendo la questione o semplicemente rimandandola al giorno seguente. È materia grave l’accumulo di stanchezza, ancor prima che degeneri in peccati se proprio vogliamo mantenere un certo linguaggio religioso. È materia grave che necessita uno sgravio. Proprio quello che Gesù ci ha offerto. Quella dolce presenza, quella compagnia amica che non aggiunge nulla ai tuoi giorni. Ho sempre trovato bellissimo stare in compagnia di Un Amico in assoluto silenzio perché solo Lui sa far tacere il fragore dei flutti, il tumulto di grandi acque.

“Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”. (Isaia 40, 30-31)

Se guardo il cielo, la luna e le stelle,

opere che tu con le dita hai modellato,

che cosa è perché te ne curi,

che cosa è, perché te ne ricordi,

l’uomo, l’uomo, l’uomo?

Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli;

di gloria e di onore tu lo hai coronato,

gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

su tutte le cose che tu avevi creato:

gli uccelli del cielo, i pesci del mare,

le greggi, gli armenti, gli animali della campagna.


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Piccoli Pensieri (2)

Angela

L’interrompere tutte le attività durante la quarantena, al di là del momento critico e difficile,mi ha dato la possibilità di capire quanto “rotolassi” in mezzo alla mia vita,invece di camminare. E se rotoli non vedi il panorama che hai intorno. Ho riscoperto la bellezza del fermarsi,del fare quel passo indietro che ti consente di vedere i contorni più nitidi. Come quando guardi un quadro impressionista…solo se ti allontani vedi meglio l’immagine.

16 Luglio 2020
Chiara

“Troppa grazia” film bellissimo! Anch’io lo ricordo con piacere. Bellissimo quando lei cerca di allontanare in tutti i modi quella… ‘strana voce’ e bellissimo quando si arrende ascoltandola, credendoci, quando decide di fidarsi delle sue intuizioni diventando forte e coraggiosa!!!

16 Luglio 2020

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