Negazioni che testimoniano

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Data :17 Dicembre 2023
Chiesa di Notre-Dame du Lavaux a Cully, particolare delle vetrate

III domenica di Avvento (B)
(Is 61,1-2.10-11 / Lc 1 / 1Ts 5,16-24 / Gv 1,6-8.19-28)

Ecco il tempo del lungo desiderio
dove l’uomo impara la sua indigenza,
cammino scavato per accogliere
Colui che viene a ricolmare i poveri.

Perché l’assenza nella notte,
il peso del dubbio e le nostre ferite,
se non per gridare meglio verso di Lui,
per mantenerci nella speranza?

E se le nostre mani, per accoglierti,
fossero troppo chiusi sulle loro ricchezze,
Signore Gesù, svuotale
per aprirle all’incontro con Te.

L’amore in noi precederà
quei tempi nuovi che l’uomo attende; 
Tu, Vincitore del male, ci dirai:
«Nella vostra attesa, Io sono già presente».

Dal Vangelo secondo Giovanni
(1,6-8.19-28)

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Un frammento di Vangelo natalizio ci raggiunge con qualche giorno di anticipo: «Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1,6-8). Il prologo del Vangelo di Giovanni che ascolteremo per esteso nel giorno di Natale, è appena accennato nei primi versetti di oggi. Forse un espediente liturgico per dirci che il Natale è davvero vicino e che i prossimi giorni fanno parte di quella che si chiama «noveva di Natale», giorni in cui ripercorriamo più direttamente i fatti legati alla prima venuta di Gesù Cristo, quella nella fragile carne dell’uomo.

Siamo ancora nel deserto dove Giovanni Battista continua imperterrito la sua missione. L’attesa s’era fatta densa, palpabile: questione di giorni e non più di secoli. Forse nemmeno più una questione di giorni, di ore o di minuti…. Giovanni lo dice chiaramente: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Dunque il Messia atteso è già presente ma qualcosa ancora impedisce di riconoscerlo.

Nel fermento di quella precisa attesa c’era forse anche una certa tensione, un po’ come quando in diversi si cerca un tesoro e si teme sempre che altri possano trovarlo per primi. Le prime a vivere questa tensione sembrano essere le autorità religiose (qui si parla di sacerdoti e leviti) le quali dovevano comunque dare l’impressione d’essere sul pezzo, mostrando una certa competenza e una certa dimestichezza nello scrutare le Scritture. La venuta del Messia a loro non sarebbe certo dovuta sfuggire.

Eppure la presenza di Giovanni Battista doveva averli in qualche modo sconvolti dato che molti erano quelli che ascoltavano più volentieri la sua predicazione. Anche il suo stesso stile di vita doveva suscitare particolare attenzione e interrogare non poco. Nella voce di Colui che grida nel deserto, la Parola di Dio che si farà carne nel Bambino di Betlemme si sta già spogliando di tutti i fronzoli e gli orpelli di una religiosità che invece di testimoniarla la contraddice. Sacerdoti e leviti hanno dunque il loro bel da fare a mandare qua e là giudei per interrogare un numero imprecisato di persone la cui identità non era facilmente riconducibile a schemi istituzionali. Certi comunque che il Messia di Dio sarebbe arrivato facendosi riconoscere nel Tempio, sacerdoti e leviti restano a presidiare il luogo deputato, ma mandano tuttavia loro emissari a processare Giovanni Battista. Le domande dirette rivolte a Giovanni hanno davvero un tono inquisitorio, considerato che chiedere l’identità di qualcuno non era certo la prima delle questioni da porre. Identità, nella Scrittura – come nella vita – è sinonimo di profondità, di intimità, di famigliarità, di confidenza. 

Dio stesso non s’è mai rivelato direttamente agli uomini che ne avessero avuto particolari rivelazioni. Penso ad Abramo, a Mosé e a Giacobbe… A nessuno di loro Dio s’è rivelato immediatamente. Solo camminando per le Sue vie, solo nutrendo una profonda relazione con Lui sarebbero giunti a conoscerlo. L’austero Giovanni non rifiuterà comunque di rispondere alle domande troppo intrusive di chi lo stava interrogando e risponderà in un modo particolarissimo: egli dirà di sé negandosi. Se Dio rivelandosi a Mosé aveva detto «Io-Sono», va da sé che per dire dell’uomo si debba dire «Io-non-sono». Sembra un semplice pensiero logico ma in realtà è tanto profondo poter dire chi siamo per negazione: in ciò che non siamo è nascosto il nostro desiderio, la nostra attesa, la nostra speranza. Definendosi per negazione significa non sentirsi né completi né compimento. Io non sono se non esisto per qualcuno, io non sono se qualcuno non mi rivolge la sua parola. Io non sarei se qualcuno non mi avesse amato per primo. Questo negarsi, è forse il modo più sano e corretto per dirsi. E non c’è menzogna alcuna. Giovanni, con quel suo dire «io non sono…» non sta affatto negando o dicendo menzogne. Egli sta più precisamente dicendo la verità, la sta testimoniando, la sta – per usare il verbo contenuto nel vangelo stesso – confessando: Egli confessò e non negò.

Ci sono parole o comportamenti altrui che posso perfino arrivare a negare l’esistenza di qualcuno. Ci sono invece negazioni di sé che dicono meglio chi siamo di quanto potessimo dire affermandoci. Il mondo pare ancora conoscere e parlare di questo desiderio di affermazione di sé. Va detto – innegabilmente – che questo desiderio di affermazione dell’uomo è deleterio e nocivo. Qualcuno pagherà sempre. Qualcuno conoscerà l’amarezza di essere dimenticato, escluso. C’è una verità che si testimonia quando, nell’oblio di sé, lasciamo posto all’Altro. Questo è Giovanni Battista. La voce che ci ha permesso di udire meglio la Parola, quella Parola che dialogando con noi ha detto più di tutti chi è l’uomo. Non bastano le nostre visioni, non bastano le nostre parole, le nostre presentazioni, le nostre ricerche di identità comunque e sempre da incasellare; qualcosa van ben oltre i nostri curricula vitæ, qualcosa ben oltre i voti scolastici, i nostri risultati, i nostri obiettivi, belli o brutti che siano. 

Io non sono la Via, ma i passi che la percorreranno. 
Io non sono la Vita, ma un’esistenza che può raccontarla. 
Io non sono la Verità, ma dimentico di me stesso, posso testimoniarla.  

… e così si potrebbe continuare a pensarci, a scoprirci, a conoscerci per conoscerLo.

O Dio che ci hai amato per primo,
noi parliamo di te
come di un semplice fatto storico,
come se una volta soltanto
tu ci avessi amati per primo.
E tuttavia tu lo fai sempre.
Molte volte, ogni volta, durante tutta la vita,
tu ci ami per primo.
Quando ci svegliamo al mattino
e volgiamo a te il nostro pensiero,
tu sei il primo, tu ci hai amati per primo.
Se mi alzo all’alba e volgo a te,
in un medesimo istante, il mio animo,
tu mi hai già preceduto,
mi hai amato per primo.
Quando m’allontano dalle distrazioni,
e mi raccolgo per pensare a te,
tu sei stato il primo.
E così sempre.
E poi, noi ingrati,
parliamo come se una volta sola
tu ci avessi amato così per primo!

(Soren Kierkegaard)


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Piccoli Pensieri (5)

Anna

Notti di stelle, così chiamerei queste limpide sere che ci stanno portando verso il Natale. Mi sento chiamata ad alzare lo sguardo per ammirare, con commozione e gratitudine, la luna, le stelle e “l’astro del ciel”…
Non posso non ringraziare il cielo terso, austero e umile che fa da sfondo a tale immenso dono. E penso a Giovanni, l’uomo mandato da Dio…

18 Dicembre 2023

Che luce queste ultime tre negazioni, come esempo pratici, tangibili… E fattibili! E a poterle fare le cose, restano meglio in testa, si consolidano davvero?
Certo, funziona molto meglio se lo fanno i più piccoli, ma con un po’ di sforzo anche noi grandi possiamo imparare a fare esercizi, e io credo che ci guadagneremmo soltanto!

17 Dicembre 2023
eCarla

Gesù si è fatto carne diventando umano come me. Non devo preoccuparmi tanto dei miei limiti, quanto invece di sapere, di riuscire sinceramente a rispondere alla Sua domanda: “Mi vuoi bene tu?”. Gli rispondo: “anch’io” perché verifico che con Gesù come mio compagno di viaggio, la mia vita è più lieta, è più bella, è più piena di significato, nonostante tutto.

17 Dicembre 2023
Emanuela

“Io sono voce” dice Giovanni, qualcosa di impalpabile e invisibile, ma che si può ascoltare.
Attraverso la voce arriva la Parola.
Ma come è difficile riconoscere tra tante la voce giusta, e ancora più difficile è provare a dare voce alla Tua Parola, Signore, in questo mondo in cui tutti urlano e nessuno ascolta.
Donaci, Signore, il dono dell’ascolto e il coraggio di non restare in silenzio davanti alle ingiustizie del mondo.

17 Dicembre 2023
Sebastiano

Grazie, Gesù perché tu ti riveli a noi nel cammino e nel cammino ci doni la nostra identità. Distruggi in noi il desiderio di affermarci da noi stessi.

17 Dicembre 2023

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