Nickname, pseudonimi e marionette
(Eb 11,32-40 / Sal 30 / Mc 5,1-20)
Quietata la tempesta sul lago proseguirono il viaggio. L’altra riva li attendeva, la terra dei pagani. Ad attenderlo quasi, un uomo posseduto da uno spirito impuro. Come ne trovò già nella sua terra, a Cafarnao… tutto mondo è paese dunque e non ci sono confini tra le sofferenze della propria gente e quella di altri paesi. Quell’uomo, tutto preso dal suo malessere interiore, sta spaziando per altri confini, non più geografici, ma piuttosto esistenziali: vive tra sepolcri e monti, con una forza di autolesionismo terribile, incapace di distinguere il giorno dalla notte. Un uomo disperato e senza quiete. Raramente, per il suo stile, l’evangelista Marco si attarda in descrizioni minuziose e dettagliate. Per questo fatto lo farà con dovizia di particolari. Questo per dire quanto particolare fu quell’incontro.
C’è un’indecisione di fondo nel tormento di quell’uomo: riconosce Gesù e gli va incontro come a sottolineare il suo desiderio di incontrarlo, forse un desiderio latente di essere veramente liberato ma al contempo non vuole essere infastidito. Siamo davvero ai confini tra l’umano e il disumano, tra l’essere socievole e la disperazione che danna ed esclude.
Meditando il vangelo – concedendoci pure di immaginarci la scena, forti di tutti i particolari redazionali forniti da Marco – si noterà piuttosto un Gesù composto, che mantiene tutta la sua calma, che procede tranquillo, davanti ad un uomo tutto scomposto, senza capo né coda. Niente gesti clamorosi come in un braccio di ferro con il Male. La stessa placida calma che ebbe quando le onde si rovesciavano nella barca.
Soltanto pochissime parole. Diceva soltanto: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo». E poi una domanda decisiva: «Qual è il tuo nome?». Saper dare il nome alle cose, ai sentimenti, alle forze contrarie che ci possiedono è già imboccare la strada per ritrovarsi. A domanda precisa segue risposta precisa. Peccato che quel nome – Legione – è già tutto un programma, una sorta di pseudonimo.
Leggevo non molto tempo fa un articolo che parlava proprio di quanto spesso la costruzione dell’identità personale risulterebbe oggi più difficile proprio a causa di diversi ruoli, di diversi luoghi in cui viviamo. Il mondo virtuale poi è lo spazio dilatato in cui devi esserci… ma per ogni accesso devi iscriverti, devi avere delle credenziali, un nickname e una password. «Su questo o quel social – si dice – mi trovi come… ». Senza demonizzare niente e nessuno, vuoi che questa pluralità che ci identifica qui o là non ci stia confondendo un po’ tutti?
Senza offesa per le vere marionette e per chi ne tira i fili, quanto siamo tirati di qua e di là oggi? E quant’è difficile pensare con la propria testa, muoversi secondo quello che il proprio cuore ci suggerisce? E ancora, siamo sicuri che la mia testa, il mio cuore, la mia coscienza mi assicurino i passi giusti, le buone scelte? Che almeno ci nasca nel cuore il desiderio di non essere dispersi e frammentati, di essere liberati da tutto ciò che ci possiede. E che il Vangelo sempre ci venga incontro, come Gesù quando dall’altra riva venne nella terra dei Geraseni.
Una preghiera tascabile, per questo giorno e per questi nostri tempi, potrebbe già essere questa: «Manda la tua verità e la tua luce. Siano esse a guidarmi» (Salmo 42,3)
Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
la dispensi, davanti ai figli dell’uomo,
a chi in te si rifugia.
Io dicevo, nel mio sgomento:
«Sono escluso dalla tua presenza».
Tu invece hai ascoltato la voce della mia preghiera
quando a te gridavo aiuto.
(dal salmo 30)
Dal Vangelo secondo Marco (5,1-20)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Dio, grazie al quale distinguiamo il bene dal male;
Dio, grazie al quel fuggiamo il male e perseguiamo il bene;
Dio, grazie al quale non cediamo di fronte alle avversità;
Dio, che ci spogli di quel che non è,
per rivestirci di quello che é.
Dio, che ci fortifichi;
Dio, che ci induci alla piena verità;
Dio, che ci richiami sulla via;
Dio, che ci conduci fino alla porta
che fai sì ch’essa si apra a coloro che bussano;
Dio che ci doni il pane di vita;
Dio, grazie al quale siamo assetati di quell’acqua che,
una volta bevuta, disseta per sempre;
Dio, che ci purifichi e ci prepari alle ricompense divine:
vienimi incontro con favore, mio Dio.
(sant’Agostino)
“Legione” per dire che erano in molti.
E quanti mali, veri o presunti, ci schiavizzano oggi, quasi a richiuderci nei nostri sepolcri…
Fa’ o Signore che quali peccatori umili e pentiti accorriamo a Te, riconoscendoTi quale vero medico di anima e corpo perché “solo con l’aiuto della Tua misericordia vivremo liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento”. Rinsaldiamo il nostro cuore, noi tutti che speriamo nel Signore e rendiamoGli sempre grazie.