Non ad occhi chiusi
(1Re 18,41-46 / Sal 64 / Mt 5,20-26)
Signore, parla Tu, in quest’ora
di divoratori, su questa strada
divenuta peggiore di quella di Gerico.
Signore, parli chi crede in te.
Non lasciare che altri ripetano
le grandi parole rubate al tuo Vangelo.
Staccate dal tuo cuore, seminano strage,
anche se reclamano giustizia e pace.
Amen.
(don Primo Mazzolari)
Dal Vangelo secondo Matteo (5,20-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Seguono dunque esempi concreti e quotidiani di come Gesù non sia venuto ad abolire né la Legge né i Profeti e di come, soprattutto, Egli voglia salvare l’uomo dal legalismo che riduce tutto a mera e scrupolosa osservanza, togliendo così all’uomo il gusto di una vita vissuta alla luce della Legge del Signore perché, come si prega nel salmo, la Parola di Dio è lampada ai passi dell’uomo, luce sul cammino.
Pur mantenendo il linguaggio giudiziale, Gesù scende nel profondo di alcuni comandamenti facendoceli gustare in tutta la loro bellezza. Non basta non uccidere. Occorre anche comprendere che ci sono parole che fanno vivere e parole che umiliando rischiano di far morire l’altro. L’accento non è posto da Gesù sull’osservanza legalistica e cieca, quanto sulla creatività della parola stessa capace di donare vita quando usata propriamente. In parole molto semplici: non basterà insegnare ad un bambino a non dire parolacce ma sarà importante fargli scoprire che differenza corre tra parole buone e parole cattive, parole che fanno vivere e parole che umiliano, che uccidono. E così il comandamento sarà insegnato ma non ad occhi chiusi. Di ogni comandamento, di ogni Legge se ne vedrà il sentiero che apre davanti agli uomini.
Il Vangelo, da vivere nel seguire l’esempio stesso di Gesù, è occasione per scorgere quale strada si apre davanti ai nostri occhi se impariamo ad osservare la Parola da non intendersi solo come comando, come ordine ma come traccia di Vita, come orientamento che muove i passi e le scelte. Non è un caso che già nel cammino dell’Esodo l’entrare nella terra promessa è strettamente legato all’osservanza della Parola che sarà dunque come una strada aperta davanti agli occhi e non un cieco labirinto in cui perdersi aggrovigliandosi.
Occorre avere occhi ben aperti per vedere la Parola nel suo crescere, nel suo fiorire, per cogliere i frutti di una parola seminata per la vita altrui. La Parola di Dio – diceva sant’Effrem il Siro – è come un albero da cui si possono cogliere sempre buoni frutti. Che frutti si potranno raccogliere se venisse seminata nella terra altrui una parola come «stupido» o «pazzo»?
Ad occhi aperti si vive la vita. E anche andare verso l’altare ad occhi chiusi quasi a dire che la strada la si conosce a memoria, quasi a dire la grande confidenza che c’è con il Signore, non giova a nulla se non si scorge sulla medesima strada un fratello che s’è smarrito in un torto o in un offesa. Si avverano in questo affondo di Gesù le parole dei Profeti i quali rimproveravano tutti coloro che offrivano sacrifici a Dio fino a nausearlo e non si curavano dei poveri in particolare orfani e vedove. Per recuperare terreno con Dio occorre semplicemente recuperare terreno con i fratelli.
Ed è perfino bello che la parola «fratello» rimanga, nonostante un torto. Siamo esperti a trasformare fratelli in «quello là». Ma ci sono parole che da sole suonano già comandamenti; ci sono parole che abbiamo imparato di cui non possiamo stravolgerne il senso. Se dunque tuo fratello è fratello e non stupido o pazzo… mettiti di impegno a percorrere quella strada che porta da lui per non perdere – secondo un noto proverbio cinese – il fratello e la strada che porta a lui. Il Vangelo non è il cammino da percorrere per non perdere Dio ma il cammino da intraprendere per ritrovarci fratelli.
Il cammino deve poter proseguire anche quando si trova condizioni avverse e i relativi avversari. Non è così ingenuo Gesù da non contemplare ostacoli sul cammino ma la Parola ha il potere dell’accordo suonato per creare armonia. Altrimenti si ritorna all’immagine giudiziale che non c’eravamo nemmeno accorti d’aver già abbandonato, felici di esserci incamminati sulla via della vita.
Fu detto in principio:
«Non è bene che l’uomo sia solo».
E mai la divina pietà ebbe accento così alto.
Ma ciò che Dio congiunge
può essere separato dall’uomo.
Pare un assurdo parlare di amori che disgiungono:
eppure quante confessioni aperte e silenziose!
Ci si vuol bene,
e siamo tanto distanti gli uni dagli altri!
E in mezzo, per colmare l’incolmabile,
ci mettiamo interessi, convenienze, abitudini, figli…
Bisogna che il deserto fiorisca;
e non c’è che il tuo amore, Signore
che possa compiere il miracolo.
(don Primo Mazzolari)
Il radicale cambio di visuale che ci propone il Vangelo di Gesù e sempre affascinante e sconvolgente e non è mai scontato riuscire a tradurlo in parole, in scelte , in relazioni coerenti. In che modo posso voler bene a chi è violento, pazzo davvero, cattivo con chi gli vuole bene? Non sono domande da poco e spesso, educati a questo radicalismo evangelico, qualcuno, soprattutto qualcuna, ci ha “lasciato le penne”. Sicuramente la metà è alta e il cammino da fare per raggiungerla non è da percorrere da soli,da sole.
Premesso che non ho un carattere facile, confesso che la maggior parte delle incomprensioni con i fratelli e le sorelle sono sorte all’interno della comunità parrocchiale di cui faccio parte. Dopo anni di compromessi e frustrazioni, mi sono resa conto che seguire il Vangelo non passa necessariamente nel “fare” in una comunità.
Siamo tutti parte di un’unica Chiesa, con la profonda speranza di essere sempre più “in strada” e meno sotto il “proprio campanile”.
Leggendo la riflessione di oggi mi è venuto in mente quanto anche io stessa debba ancora lavorare sulla fraternità. Ci sono delle persone con cui mi trovo in difficoltà a relazionarmi, non perché non ne sia in grado, ma per paura delle reazioni che so, talvolta, poter essere eccessive o fuori luogo. Ed ecco allora che , per difesa, inizio a fare un passetto indietro… E siccome la distanza evita il conflitto e lascia più sollevati, si finisce per permettere che quella distanza resti. Forse anche questo è qualcosa su cui, nel proprio piccolo, si può allenare un po’ di più: cercare di aprire, di tanto in tanto, qualche ponte anche con i contatti “piú ostici”. Per allenare se stessi, ma anche gli altri, ad una migliore socialità.