Non l’ordine ma l’essenza
XXX domenica del Tempo Ordinario
(Es 22,20-26 / Sal 17 / 1Ts 1,5-10 / Mt 22,34-40)
Sono tempi senza modelli, Signore, tempi senza ideali: Signore, donaci la fede e la pazienza, donaci la grazia di attenderti, e la gioia che da molto ci manca per cui nessuno più crede. Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Matteo (22, 34-40)
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»
La nota in apertura al Vangelo lascia intendere il livello di tensione nei confronti di Gesù che dopo aver zittito i sadducèi, ora si trova nuovamente a confronto con i farisei. Sadducèi e farisei, così faziosi e contrapposti nel modo di vivere la fede, stranamente si accordano volentieri per cercare una ragione per mettere alla prova Gesù.
Siamo al capitolo 22 del Vangelo di Matteo. Intendo dire che ormai Gesù lo conoscono bene: ne hanno colto l’essenza attraverso i gesti compiuti e lo stile adottato. Tutto il credere dei farisei invece era organizzata attorno ad alcune pratiche religiose e poi un continuo discutere di importanze e di priorità. Un po’ come succede oggi nei pubblici dibattiti: un sempre più insopportabile contraddittorio di parole, di pareri, di opinioni e nessuno più che sostenga delle ragioni valide e buone da cui far dipendere ogni scelta e ogni comportamento.
Le domande dei farisei non sono domande vere, non dicono il desiderio di imparare, non esprimono la ricerca dell’uomo e nemmeno sono presagio di conversione. Sanno già loro cos’è verità e ogni risposta che non rientra nel loro modo di procedere, è solo motivo di contrapposizione e di esclusione dal gruppo. È così che la religione diventa pretestuosa e niente di più. Sterile come il fico, arida come la terra che non accoglie né il seme né l’acqua che lo renderebbero fecondo. È il rischio stesso per il cuore di ogni uomo.
Così Gesù commenta tutta la Scrittura, dalla Legge ai Profeti facendo il punto della situazione: Dio, che è Amore, cerca l’uomo per dirsi e per farsi conoscere. Fare l’uomo è il comando di Dio. Tutto il suo amore per l’uomo sta racchiuso nell’amarci ancor prima di averci visti… in una parola che egli disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gen 1,26). Un’invitante comando che Dio stesso si diede per completare l’opera. E l’uomo è fatto veramente quale immagine e somiglianza di Dio se sceglie e decide di amare. E nell’amore perfetto una legge comanda: che si faccia somigliante all’amata chi la ama, se maggior somiglianza di maggior diletto è fonte, scrive cosi San Giovanni della Croce. Amare dunque Dio che per nostro amore s’è fatto uomo e di Dio amare ciò che egli ha compiuto in favore degli uomini chiamandoli fratelli e dando la vita per essi.
Rispondendo ai farisei, Gesù dimostra implicitamente che a Dio non puoi chiudere la bocca. Al contrario: Egli continuerà a parlare nella vita di tutti coloro che, accantonati tutti i vaniloqui, usciranno dall’impasse religioso scegliendo semplicemente di seguire Gesù nel suo modo di fare l’uomo. Non c’è più posto tra i suoi discepoli di stare a disquisire quale sia il comandamento più grande e neppure sarà il caso di farci sorprendere, come accadde nelle pagine del Vangelo, a discutere di chi sia il più grande tra noi. Se più grande è colui che serve, ci basta guardare a Gesù: egli – servo buono e fedele – è il primo dei comandi e il più grande tra gli uomini. Egli è tutto l’amore di Dio e dell’uomo. Egli è tutto l’amore per Dio e per l’uomo. Diventare uomini come Gesù: questo è Legge e Profezia per noi.
Benedico il Signore in ogni momento
sulla mia bocca sempre la sua lode
io sono folle per il Signore
ascoltino gli umili e si rallegrino.
Magnificate con me il Signore
esaltiamo insieme il suo Nome
interrogo il Signore e mi risponde
mi libera da tutte le mie angosce.
Contemplatelo e sarete illuminati
senza ombra né paura sul volto
il povero grida: il Signore lo ascolta
lo strappa da ogni sua angoscia.
L’angelo del Signore si accampa
per liberare quelli che lo temono
gustate e vedete: buono è il Signore
beato chi in lui si rifugia.
Temete il Signore, suoi santi
chi lo teme non manca di nulla
i ricchi impoveriti hanno fame
nessun bene manca a chi cerca il Signore.
(Salmo 34, traduzione dal Salterio di Bose)
Due comandamenti.
Poche parole racchiudono tutti gli insegnamenti del Vecchio e Nuovo Testamento e quelli della Chiesa dagli albori fino ad oggi.
Una relazione verticale, l’amore verso Dio Padre.
Una relazione orizzontale, l’amore verso il prossimo.
Dio Padre ci ha creato a sua immagine perché potessimo conoscerLo, amarLo, servirLo e per rendere concrete ai nostri sensi queste azioni ha mandato suo Figlio che è passato tra noi insegnando l’amore per il Padre e per i fratelli.
Signore insegnami ad amare.
“Ti adoro, mio Dio e Ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creata, fatta cristiana…”, che non sia solo preghiera con cui aprire la giornata ma anche l’interrogativo di ogni giorno, che mi induce ed induca chiunque a comprendere come tradurla nella vita: dalle labbra al cuore.