Occasione perduta?
(1Mac 2,15-29 / Sal 49 / Lc 19,41-44)
L’evangelista Luca non insiste mai nel suo vangelo – e nemmeno vi fa alcun accenno – sulla nozione di peccato. Nel racconto lucano dunque, Gesù non farà altro che prodigarsi per la salute e la salvezza di coloro che incontrerà. Ammesso e concesso che questi lo desiderino e riconoscano in Gesù colui che è venuto a salvare ciò che era perduto.
Arrivò anche per Gesù il giorno delle lacrime. Lacrime segrete, svelate per un attimo, mentre attorno c’è solo aria di festa. Lacrime versate per cercare di intenerire il cuore di una città chiusa. Scrive Francesco nell’Evangelii Gaudium: «Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene».
Gesù piange alla vista di una città rinchiusa nelle sue quattro mura dove i poteri dell’uomo non sanno far altro che farsi guerra. Come se improvvisamente ti accorgi che stai facendo visita a qualcuno che non aveva nemmeno voglia di incontrarti. Come se un medico si trovasse davanti ad un malato che non vuole guarire. È davvero un peccato non riconoscere il tempo favorevole; è un peccato non rendersi conto che la salvezza è ad un passo, a portata di mano. Ogni chiusura, ogni incontro negato, ci candida all’implosione perché la vita di un uomo è nella relazione, nell’incontro.
Quelle lacrime sulla collina degli ulivi, davanti alla vista di Gerusalemme, sono il segno di un debole, quel debole che Dio ha per l’umano. Non sono lacrime di rassegnazione ma sono le lacrime che apriranno la via ad una testimonianza ultima d’amore, quella della croce. E pertanto non sono lacrime di debolezza. Ci vogliono anche le lacrime per dire l’amore.
Una lacrima sul viso – cantava un cantautore italiano – può svelare molte cose. Può svelare cosa siamo agli occhi di chi piange. Uno sguardo, un sorriso, una lacrima svelano il segreto di Dio che è stato innamorato di noi e ancora lo è. Quella lacrima sul viso è un miracolo d’amore che si avvera in questo istante.
Spirito santo,
facci scorgere la tua presenza
anche in questo tempo
e ricercare,
tra le nostre piccole forze,
ciò che suscita la pace.
Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (19,41-44)
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Te ne sei accorto, sì
che parti per scalare le montagne
e poi ti fermi al primo ristorante
e non ci pensi più.
Te ne sei accorto, sì
che tutto questo rischio calcolato
toglie il sapore pure al cioccolato
e non ti basta più.
Ma l’hai capito che non serve a niente
mostrarti sorridente
agli occhi della gente
e che il dolore serve
proprio come serve la felicità.
Te ne sei accorto, sì
che passi tutto il giorno a disegnare
quella barchetta ferma in mezzo al mare
e non ti butti mai.
Te ne sei accorto o no
che non c’hai più le palle per rischiare
di diventare quello che ti pare
e non ci credi più.
Ma l’hai capito che non ti serve a niente
sembrare intelligente
agli occhi della gente
e che morire serve
anche a rinascere.
La verità
è che ti fa paura
l’idea di scomparire
l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi
prima o poi dovrà finire.
La verità
è che non vuoi cambiare
che non sai rinunciare
a quelle quattro, cinque cose
a cui non credi neanche più.
(Brunori Sas, La verità)
Le lacrime su un volto o anche solo accennate dentro gli occhi mi provocano sempre una stretta allo stomaco…
Leggere dunque questo brano di Vangelo mi rende triste perché non saprei consolare…
Gesù sa bene cosa accadrà, sente l’amarezza di non essere stato compreso, di essere stato rifiutato, come ad incarnare i tanti profughi che facciamo piangere.
Nella “composizione di luogo” che ho provato a fare su questo brano sono rimasta inerme di fronte alle sue lacrime e non ho potuto far altro che piangere sulle miserie di noi suoi fratelli, chiedendoGli di trasformare il mio cuore di pietra in un cuore di carne.
Non ricordo con esattezza quante volte Gesù pianse, sicuramente un’altra volta fu alla morte del suo caro amico Lazzaro ma credo che difficilmente chi lo ha visto possa dimenticarsene… Come io non dimentico le poche volte in cui l’ho visto fare a mio padre: alla morte di sua mamma, quando rischiò di perdermi per un’appendicite non diagnosticata per tempo all’età di 12 anni ed il giorno del mio matrimonio, occasione in cui il solo vederlo mi commosse profondamente.
Forse Gesù piangerebbe ancora oggi e forse dovremmo piangere tutti al solo pensiero della costruzione di un muro alto 5,5 metri e lungo quasi 200 Km, perché non abbiamo riconosciuto il tempo in cui siamo stati visitati e nemmeno cosa porta alla pace.
Aveva ragione Patrick Bruel nella sua canzone “Combien de murs…” che i muri più alti sono quelli nella nostra testa ed io aggiungerei anche nel nostro cuore.
Cosa poter fare? Forse pregare e non cessare di ricercare, perseguire, vivere e difendere la pace ovunque siamo.
“Pace e bene”, come disse qualcuno e come potremmo dire noi in ogni incontro.
Il Vangelo di oggi tocca il cuore…Gesù piange di fronte alle persone che preferiscono chiudersi nelle loro sicurezze e non danno spazio alla novità di un Dio che è sempre più umano.La cosa più brutta è che non abbiamo riconosciuto il tempo in cui siamo stati visitati…..
‘Lo so che ti hanno detto che da grandi non si piangere mai, ma tu non dare retta, da grande te ne accorgerai…’
Sono le parole di una canzone di Luc Barbarossa, no ricordo titolo.
Ho sempre pensato che fossero vere, la lettura del Vangelo di oggi lo conferma.
E la grandezza di Gesù sta proprio nel suo saper piangere per ciò che veramente ama … NOI.
Grazie sempre don Stefano di questi input e riflessioni!