Oggi è nato per voi un Salvatore

Categoria :Natale, Omelie
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Data :25 Dicembre 2024

Natale di Gesù Cristo

Is 9,1-6 / Sal 95 / Tt 2,11-14 / Lc 2,1-14

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Questa storia potrebbe iniziare come iniziavano tante storie, e dunque… c’era una volta in un mondo che pare tanto lontano da noi, c’erano una volta pastori e contadini, gente che ben sapeva quanto la vita sulla terra dipendesse dal cielo, per la vita di tutti gli animali da pascolo, per la vita stessa dell’uomo e dei suoi simili. Si guardava il cielo per sapere cosa fare in terra. Transumanze e alpeggi nelle stagioni calde e nelle giornate lunghe di luce. Riparo dal rigore e dalla notte nelle giornata d’inverno, nelle stalle come nelle case. Si attendeva il ritorno della luce, del sole che scalda la terra per farla nuovamente fiorire a primavera. In ogni caso l’uomo aveva il Cielo per amico. 

Poco a poco l’uomo prese il gusto per una vita un poco più comoda, forse più pratica… non per forza più semplice. E l’uomo andò a vivere in città. Abbandonando la campagna, le greggi, abbandonando forse anche se stesso… dimentico del cielo, concentrato e oltremodo preoccupato solo di quanto accade in terra, in un mondo che per forza di cose si fa sempre più piccolo sebbene si coltiva la percezione di poter essere ovunque o forse in nessun luogo. 

Improvvisamente grandi eventi atmosferici (bufere, uragani, piogge torrenziali… metteteci – intendo – tutti i grandi sconvolgimenti climatici con i quali non vogliamo imparare a convivere) costrinsero l’uomo a guardare nuovamente il cielo, sentendolo tuttavia più minaccioso che amico. E da quando dal cielo non piovono solo acqua e neve, ma anche proiettili di ogni sorta, diventa sempre più difficile invogliare a guardare in alto, cercando solo stelle cadenti davanti alle quali poter esprimere desideri, balbettii di speranze e di preghiere che sempre avremo difficoltà a formulare. 

La storia non è finita, il racconto nemmeno… ma certo cambia il modo di vivere, di stare al mondo. Cambia in modo inarrestabile. Alcuni si rifugiano nei ricordi di Natali che non ci sono più, inquieti o delusi di non condividere più il significato primo del Natale. Ma cos’è questo Natale che anche oggi festeggiamo? È il Natale di Gesù Cristo, vera Luce che viene nel mondo per illuminare quelli che giacciono nelle tenebre e nell’ombra di morte. E ben prima che fosse il Natale di Cristo, era più semplicemente il natale dell’imperatore che prendendosi per un nuovo astro nascente, celebrava la sua ascesa al potere, celebrava la sua volontà di illuminare quelli che a lui si sarebbero sottomessi. Sudditanza in cambio di un po’ di luce, un po’ di visibilità. Venne poi il tempo in cui i cristiani provarono a dire con più convinzione e più speranza che la luce non è per natura selettiva. Ricordandosi delle parole del Vangelo – che cioè la Luce splende nelle tenebre e che semmai  si accendesse una luce è perché questa faccia luce a tutti coloro che sono nella casa – i discepoli di Cristo non esitarono un istante a dire che la Luce vera aveva un altro nome: Gesù. Egli splende come il sole sui buoni e sui cattivi, sui giusti e sugli ingiusti. E dunque meglio celebrare Gesù, vera Luce che viene nel mondo. 

La sua nascita, il suo venire alla luce è per effetto immediato la nostra illuminazione. E noi che senza saperlo giacevano nelle tenebre ci ritroviamo avvolti di una luce nuova, proprio come i pastori del Vangelo della notte di Natale. La parola è chiara, il messaggio luminoso e risuona nella notte: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11).

Certo si trasforma il nostro modo di vivere e celebrare il Natale eppure siamo ancora qui a cercare di conservare tradizioni sentendo tuttavia l’urgenza di trovare nuovi linguaggi, nuove espressioni. Cambiare i segni o approfondire i simboli? Trasformare il linguaggio rischiando di impoverirlo o apprenderne la ricchezza delle espressioni? Celebrando le diverse liturgie del giorno di Natale, mi sorprende sempre come nel giro di poche ore il racconto della nascita di Gesù è narrato in modo completamente diverso: si inizia con un racconto talmente figurativo che riusciamo persino a «metterlo in scena», ogni anno, in un presepio vivente popolato di bambini innocenti come angeli e di pastori, troppo giovani per essere già responsabili di un gregge. Anche se – va detto – nella terra di Gesù io li ho visti con i miei occhi questi pastori fanciulli a cui si affidano due pecore o poco più per svezzarli presto all’arduo mestiere di custodire. In cambio ne ricevono una capacità disarmante di vivere in una maggiore armonia con il creato.

Poche ore dopo la proclamazione del Vangelo della notte di Natale, quando ormai il giorno di Natale avvicina al suo mezzogiorno, la liturgia ci fa ascoltare il prologo di Giovanni. Tutt’altro linguaggio, tutt’altro genere letterario, tutt’altro stile. Un principio di Vangelo che certamente vuole fare eco al primo «In principio», quello della Genesi. Inizio dunque di una nuova creazione? Oppure continuità di una storia di salvezza in un mondo che è sempre il medesimo dove tuttavia nuovo è piuttosto il modo di guardare tutto e tutti, alla Luce di una Parola che si fa carne perché possiamo meglio vivere in questo mondo?

Il bambino che nasce nella notte del mondo e tra tenebre degli uomini, il Bambino-Luce è chiamato dai messaggeri di Dio «salvatore». Non il salvatore ma un salvatore… perché nel tempo tanti hanno avuto l’ardire di proporsi come tali. La sola differenza è che Lui non si propone. Lui ci è semplicemente donato. Un salvatore che ci invita ad interrogarci seriamente su parecchie cose. Bambini, adolescenti, giovani, adulti, anziani… tutti desideriamo salvezza, tutti desideriamo essere liberati. Da cosa? Da chi?

Certo è che per questo dono che oggi Dio ci fa, il cielo si mostra ancora amico della terra. Nella nostra notte, tra le nostre paure e perfino nelle nostre croci, la grazia di Dio si infiltra, si apre una strada umanissima. Sì, ci sono ancora croci sulla terra, ma c’è pure la grazia di Dio che s’è manifestata agli occhi della nostra mente e del nostro cuore, in questo giorno di Natale.

«Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11). «Figlio mio, quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia» (Tt 3,4-5). «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità… Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» (Gv 1,14.16). 
Grazia: parola che risuonerà abbondantemente in questo tempo di Natale. Parola sconosciuta, vocabolo il cui significato è sconosciuto? Chiediamolo al Salvatore.

A ciascuno e a voi tutti, amici carissimi, buon Natale !

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