Oranti invadenti
(Ml 3,13-20 / Sal 1 / Lc 11,5-13)
Dopo aver insegnato le parole per pregare, Gesù suggerisce alcuni atteggiamenti interiore necessari alla preghiera. La richiesta dei discepoli «insegnaci a pregare» in effetti potrebbe comprendere sia l’insegnamento di parole da dire, sia il suggerimento di alcuni atteggiamenti o disposizioni per la preghiera.
Dunque, per pregare occorre anzitutto un buon grado di confidenza e di amicizia tali per cui l’insistenza del richiedente non risulti troppo fastidiosa da provocare l’effetto contrario. In effetti è solo l’amicizia che non ci fa perdere la pazienza davanti a tanta insistenza. La prova contraria è subito fatta: pensate che effetto può fare su alcune persone l’insistenza di certi poveri che bussano alle nostre porte. Senza un minimo di amicizia, un minimo di empatia, si può essere presi piuttosto da un crescente senso di fastidio e l’indifferenza può, alla fine, crescere a dismisura e sortire l’effetto contrario. Nella preghiera noi ci collochiamo dunque come davanti alla porta di casa di un amico ed è solo in nome di quell’amicizia che osiamo l’invadenza.
È perfino curioso che il Vangelo parli di invadenza, termine che per noi in genere assume piuttosto i tratti di qualcosa di negativo come di uno spiacevole atteggiamento ad intromettersi. Una persona invadente non ci fa una bella figura… eppure, in materia di preghiera, Gesù ci chiede di essere proprio così.
L’invadenza dei poveri che hanno fame o che cercano casa suona come preghiera ai nostri orecchi. Dimentichi di questa dimensione creaturale che fa di tutti gli uomini degli esseri bisognosi, mendicanti d’amicizia e d’amore, non meravigliamoci di scoprirci cattivi, incapaci a soddisfare le preghiere di chi osa chiedere tre pani, un uovo. Non offendiamoci neppure se Gesù stesso ci dice che siamo cattivi. Buono è colui che sa dare non le briciole, non gli avanzi, ma tutto ciò che è e possiede.
A chi lo chiamò «Maestro buono», disse subito «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo» (Mc 10,18-17). Buono è Dio con i suoi figli perché non ci dona qualcosa di materiale, ma il bene più grande che è il suo stesso Spirito. Il vangelo sembra perfino sottintendere che per tutte le richieste materiali ci si può davvero rivolgere agli amici. C’è tuttavia qualcosa che nessun uomo può donarci se non osiamo invadere il campo di Dio: superare quei confini di fragile materia e chiedere che il Padre ci doni il suo Spirito per essergli immagine e somiglianza.
Anche il Padre, in fondo, osa invaderci… con il suo Spirito. Non è scontato che ne possa far dono e soprattutto Egli lo dona a chi ne è interessato, a chi osa chiederlo. È dunque possibile vivere una vita senza il sostegno del suo Spirito? Parrebbe di sì, ma sarebbe dunque una vita fatta solo di materialità, fatta solo di bisogni temporanei che si ripresentano periodicamente. Si può cercare altro nella vita.
Abituati come siamo diventati ad esaudire immediatamente richieste materiali dei figli (che figuraccia ci fai al supermercato se il figlio si mette a strillare all’impazzata perché s’è fissato di volere una determinata cosa?) rischiamo di non saper più insegnare la perseveranza e l’insistenza. La preghiera interviene proprio a curare le nostre impazienze: non c’è bisogno di fare capricci con Dio perché Gesù ci ha insegnato che Egli esaudisce le nostre preghiere. E se ancora a noi sembra essere indifferente o sordo a tutto quanto gli abbiamo chiesto, ciò significa, probabilmente, che dobbiamo affinare la richiesta, portarla all’essenziale: donaci lo Spirito Santo!
Padre nostro,
venga su di noi il tuo Santo Spirito,
venga a noi la Tua Parola,
come il pane quotidiano,
venga a noi il tuo Amore,
la tua Presenza.
Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (11,5-13)
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
[…] L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi,
e anche l’unica che veramente conti,
è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio.
Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti
dai cuori devastati di altri uomini.
Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto
per modificare le circostanze attuali
ma anch’esse fanno parte di questa vita.
Io non chiamo in causa la tua responsabilità,
più tardi sarai Tu a dichiarare responsabili noi.
E quasi a ogni battito del mio cuore,
cresce la mia certezza:
tocca a noi aiutare Te,
difendere fino all’ultimo la tua casa in noi.
Fa’ che ogni mia giornata sia qualcosa di più
che le mille preoccupazioni per la sopravvivenza quotidiana.
E tutte le nostre preoccupazioni
per il cibo, i vestiti, il freddo, la salute,
non sono forse altrettante mozioni di sfiducia
nei tuoi confronti, mio Dio?
(Etty Hillesum)
Questi Vangelo e questo commento mi hanno ricordato il re Salomone. Poteva chiedere qualunque cosa: potere, ricchezza, …
Ha chiesto la saggezza. Qualcosa di meno tangibile, ma ben più grande: chiedere la Sapienza è chiedere di essere come Dio!
Che pretesa! Eppure viene lodato ed esaudito.
Meglio dunque una preghiera pretenziosa e invadente, ma che punta verso l’alto, che tante piccole richieste ipocritamente umili?