Orizzonte incerto? Guardare in alto

IV domenica di quaresima

(2Cr 36,14-16.19-23 / Sal 136 / Ef 2,4-10 / Gv 3,14-21)

La Pasqua s’avvicina. Oggi – nelle chiese – i presbiteri vestono nei paramenti del celebrare un colore rosaceo come a lasciar intendere che il bianco di una luce pasquale già riverbera su fosche tinte violacee e quaresimali. Sarebbe proprio così dal mattino di quella Pasqua. Dovrebbe essere proprio così, dopo il buio di un sepolcro; dopo che le tenebre dense e caotiche ricoprirono la terra fino a penetrare nei cuori di chi aveva scoperto quanta luce c’è nell’amare; dopo quel venerdì santo fuori dalla mura di Gerusalemme, mentre come un chiodo il patibolo cruciforme venisse issato e Cristo – con tutti gli altri poveri cristi, perché anche per questo accettò di arrivare fin lì – veniva innalzato da terra, sospeso tra cielo e terra. Sospeso… né qui né lì. In attesa che qualcuno se lo riprenda: forse per pietà un Padre che sta nei cieli, o una madre, per pietà pure lei, tra le braccia prima di consegnarlo alla terra, nel gesto pietoso della sepoltura. Noi, che veniamo dopo quei fatti, fortunatamente sappiamo che quel «…come in cielo così in terra» che aveva insegnato a proposito di quando preghiamo ma pure a proposito di quando eventualmente decidessimo di perdonare, di fare misericordia, anche nell’ora della croce si avverò.

Liturgicamente parlando, questa domenica è per questo detta «lætare». È latinorum: si scrive lætare, si legge letare, significa siate felici. Un invito alla gioia. È un invito, sono d’accordo. Si può anche declinare. Rifiutare. E non ci vuole molto di questi tempi. Così la Chiesa farebbe ancora la pessima figuraccia di essere fuori dal tempo, come una mamma che non riesce a farsi capire dai suoi figli? Cosa ci inviti alla gioia? Tu solo sei cosi straniera da non sapere che siamo punto e a capo? O forse, da qualche parte, stava gridando, come un profeta inascoltato, che proseguendo su quella strada, avremmo trovato solo morte… Eppure le parole dei profeti, stanno lì: da leggere, da ascoltare: «Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore». «Hanno Mosé e i profeti – disse Abramo al ricco epulone – ascoltino loro» (Lc 16,29) Ma se non li ascoltano, anche se uno tornasse dai morti [e Gesù è tornato! ndr] non si convertirebbero, non sarebbero persuasi. (Lc 16,31)

In altri tempi ma di questi tempi, attorno alle due feste maggiori – Pasqua e Natale a voler rispettare l’ordine di grandezza anche se raccontiamo e celebriamo secondo la logica che prima si nasce poi si muore (e risorge) – attorno alle due feste maggiori, si condesavano sempre provocazioni divenute ora un po’ marginali: i presepi nelle scuole? I crocefissi sugli stessi muri? Non si sente più nulla… ci sono questioni ben più serie ora, anche per la Chiesa: le celebrazioni, come, dove, quando. Posti da prenotare nelle parrocchie più grandi, celebrazioni da aggiungere e moltiplicare dove non ci fossero posti ma ci sono preti in numero da poterlo fare, orari di collegamenti da comunicare, eccetera eccetara. Alquanto marginali anche queste questioni. 

Intanto là fuori, la gente continua i suoi pellegrinaggi verso quei luoghi indicati da una croce illuminata di verde… Ecco! Non lontano da lì, in quei paraggi, forse proprio sotto l’insegna c’è l’ingresso di una farmacia. Segnale convenzionale. Siamo salvi! È aperta! Puoi entrare e trovare finalmente il farmaco necessario! Mi ha sempre stupito che in Occidente attorno a quella croce illuminata di verde a nessuno sia mai venuto in mente di fare l’ennesima «crociata» per proporre di abolire quel simbolo e trovarne uno nuovo, che sia meno religiosamente connotato. Beh, qualcosa attorno al simbolo internazionale della Croce Rossa è stato fatto, ma con delicatezza. E s’è giunti a scegliere loghi diversi, meno connotati. Con le moderne tecnologie a led, nella stesse insegne a forma di croce appare a volte anche il simbolo dell’arte farmaceutica che da veleni di serpenti estrae antidoti e vaccini…

Non considerate, vi prego, troppo banali questi agganci alla realtà che cerco di tenere ogni tanto per non esulare troppo dal mondo e dal tempo in cui viviamo. Il vangelo di oggi con tutti gli episodi vetero-testamentari evocati dallo stesso, mi fa pensare anche all’insegna verde. Difetto di fantasia, forse. Mi fa pensare al bisogno di salvezza, di salute, di guarigione che ogni uomo, ad un certo punto, sente sempre. E lo sente quando a volte sembra essere troppo tardi. Eppure cerchi, ti appigli, ti aggrappi… una soluzione, un ripiego, un rimedio, un tentativo… una speranza! Appunto! Alzare lo sguardo in cerca di una croce illuminata di “verde-speranza” che segni dov’è una farmacia pare davvero un gesto di fede. Per molti, a volte, più che l’entrare in una chiesa. Di questi tempi sono davvero frequenti questi umani pellegrinaggi verso le farmacie.

È proprio nell’ora buia della prova, nel lungo passaggio in mezzo al deserto che dura più di un ora, nell’ora della croce in cui pare che tutto muoia e tutto si perda, è in quel momento che occorre desiderare la Luce, altrimenti siamo di quelli che sembrano affermare implicitamente di preferire le tenebre.

Cosa c’è da guardare davanti allo spettacolo osceno e violento di un uomo in croce? Come si può chiedere di volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto? E fu proprio Lui a chiederlo, Lui che sulla croce sarà innalzato. E i profeti, che nemmeno immaginavano ciò che stavano dicendo, dicevano che non avrebbe avuto ne apparenza, né bellezza per attirare i nostri sguardi. Eppure… eppure bisogna guardare proprio in quella direzione.  Per pudore e pietà gli abbiamo messo uno straccio almeno in vita; per rendere meno cruento quel segno possiamo pure velare il troppo sangue sui crocefissi scolpiti sui quali  i pittori hanno abbondantemente fatto colare su quel corpo martoriato. Altrimenti non si riesce proprio a guardare. E chi guarda – come preghiamo nei salmi – dovrebbe dire: «Ti sta bene!»?

Intanto la TV continua a proporre immagini (non di repertorio) delle terapie intensive accompagnate da interviste a medici e malati per cercare di rendere ragione di certe scelte o ragionevoli alcuni comportamenti, sollecitati nuovamente da questa terza ondata. Poi, un instante dopo – il servizio seguente – le immagini degli istanti prima della nuova chiusura… E cerco di capire le scelte redazionali: cosa significano questi accostamenti? Che proprio l’uomo non vuole capire? Che siamo tutti colpevoli o che è colpa di questi o di quelli?

La nostra società e il nostro tempo sembrano scontare i mali che s’è provocata col proprio egoismo, per ambizione, per sete di potere. Certo, l’uomo sulla croce a cui possiamo guardare come fonte di una vita nuove e diversamente illuminata, ci stava chiedendo da tempo di guardare dentro di noi per trovare la causa dei mali ed estirparli alla radice. Perché le radici dei nostri mali, sono sempre nascoste… e dove, se non nel nostro giardino segreto? Era un Eden, un paradiso terrestre ed è diventato un groviglio di spine, una vigna abbandonata e devastata, proprio come cantavano i profeti. L’uomo sulla croce non sta lì per rimproverarci e farci guardare fino a che punto l’uomo è arrivato con il suo simile. E quei crocefissi, forse, li si volevano tolti perché la nostra coscienza, il nostro cuore ci rimprovera di essere noi parte di quell’umanità che è sempre pronta a condannare e uccidere… provando comunque a dire di mezzo alla folla: io non c’entro!

Il fatto stesso di non voler più guardare alla croce, di dimenticarci così frequentemente di Cristo e del suo Vangelo o di ridurre tutto ad una pratica religiosa, un certo tempo da passare nel Tempio, è per noi indizio o sintomo di complicità col male. C’è poco da dire, poco da giudicare, pochissimo da discernere, perchè – Vangelo alla mano – il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.

 La visione dei mali della nostra società genera in molti pessimismo e disfattismo, senso di abbandono, di rinuncia, di rassegnazione, di desolazione. Gesù, di certo, non ci vuole arresi o delusi. Ci servono nuove forze, nuove energie, nuova luce… un alba di Pasqua. Lætare fratelli, laetare sorelle! Dio non ha mandato suo figlio nel mondo per condannarci di queste ferite che ci siamo provocati giocando con la vita. Il giudizio è fatto, la sentenza è scritta ma il Vangelo, accanto al giudizio del mondo, risuona sempre come buona notizia. Eccola: Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Buona domenica, buona Pasqua… anche in mezzo alla Quaresima!

O Dio, ricco di misericordia,
che nel tuo Figlio, innalzato sulla croce,
ci guarisci dalle ferite del male,
donaci la luce della tua grazia,
perché, rinnovati nello spirito,
possiamo corrispondere al tuo amore di Padre.
Amen.

(dalla liturgia, orazione di colletta)

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Rolf Lislevand, Arianna Savall, Marco Ambrosini, Corrente, Nuove musiche

Signore Gesù, il Padre ti ha mandato nel mondo
no per giudicare il mondo, ma per salvarlo.
Per questa grazia noi siamo salvi
e cantiamo la nostra gratitudine a Te.


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Ti seguirò sulla via del dolore
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