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Cattedra di san Pietro apostolo

(1Pt 5,1-4 / Sal 22 / Mt 16,13-19)

Ciò che ci sarà dato di vivere è sempre frutto di incontri, di legami, di dialoghi personalissimi. Un giorno Gesù interrogò i suoi discepoli: gli interessava, per un verso, di sapere cosa la gente dicesse di lui. Fu come un modo per abbordare la questione. La prese un po’ alla larga, come si dice, per poi giungere al cuore: «Ma voi chi dite che io sia?». 

E la gente faceva paragoni, cercava somiglianze con uomini già passati seppur uomini di un certo spessore. Perfino un ultimo arrivato siamo soliti accoglierlo e guardarlo con gli occhi di chi deve assolutamente cercare particolari e dettagli che lo possano far assomigliare a qualcuno che ci sia in qualche modo famigliare. Nel nominare la maternità e la paternità di un figlio, si richiamano alla mente tratti somatici e qualità di carattere… è l’unico modo, umanissimo, per iniziare a comprendere l’altro. 

Personaggi del passato poi, stanno lì… da osservare, da conoscere, come un oggetto di studio. Nel presente noi potremmo ancora scoprire cose nuove di personaggi passati. La nostra conoscenza si arricchirebbe di dettagli. Ma quegli uomini sono già passati. Non sono più.

Alla viva domanda di Gesù, ora indirizzata con maggior precisione a coloro che lo stavano seguendo, Pietro rispose lasciando intuire alcune cose. Egli stesso, Pietro, si trovò davanti Gesù, come quanto ci si trova davanti ad una persona, magari in un particolarissimo momento della propria esistenza e, riconoscendo già in quell’incontro un aiuto, una salvezza non ancora ben definita, gli si dice: «Ti ha mandato il Signore!». E lo chiamò Cristo. Inviato. E Pietro si sentì raggiunto. Come fosse il destinatario di quell’invio. Tu sei qui per me.

Mi viene in mente un altro incontro, un’altra visita. «A che debbo – disse Elisabetta a Maria –  che la madre del mio Signore venga fino a me?» Quale onore ricevere la visita di Dio nella nostra vita… A cosa la dobbiamo?  Ci sono domande che giungendo alle nostre orecchie fanno sussultare quel figlio di Dio che vive nascosto in noi. Che dorme come un figlio che ancora deve venire alla luce o che riposa come un povero cristo nel sepolcro. E sempre e comunque ha da venire alla Luce. Quella domanda di Gesù Cristo, risveglia in Pietro quella fraterna relazione che riconosce nell’altro anzitutto un fratello, anche se non fosse un fratello di carne e di sangue, ma soprattutto riconosce nell’altro la presenza di un Dio vivente che impareremo a chiamare «Padre nostro».

Dio non è il Dio dei morti ma dei viventi. Gesù Cristo non è un personaggio del passato da studiare, da scomporre, da analizzare come si farebbe con un reperto. Da grande, mi dicevo, avrei voluto fare l’archeologo… mi intrigava la ricerca di reperti e il loro studio. Ed ora invece mi trovo sempre materiale umano vivissimo tra le mani. Anche il Vangelo. E Gesù stesso di cui non riesco praticamente mai a parlarne come di un personaggio esistito nel passato. È figlio del Dio vivente e come tale vive ancora. Proprio come noi, ogni volta che incappiamo in quella domanda, ogni volta che sentiamo che il Signore ci rifà le forze… è vivente e ancora dispensa generosamente i suoi doni. E pure le sue questioni, che ci tengono vigili e attenti. 

Pietro riceve così le chiavi di un regno che non è questione di cibo, bevande, vestiti. Ma è giustizia, gioia e pace nello Spirito (Rom 14,17). Ci sono certe domande e certe risposte che aprono in noi percorsi e cammini, connessioni che si costruiscono giorno dopo giorno, passo dopo passo proprio come un cammino dalla meta precisa e sicura. In quella domanda: «Voi chi dite che io sia?» è Gesù stesso che traccia così una strada, apre il cammino del dialogo dell’uomo verso l’altro. Su questa strada è Dio stesso che si incammina per raggiungerci e venirci incontro, per farsi riconoscere come il Dio vivente. 

Ci sono parole che assomigliano a chiavi: aprono o chiudono porte. Pietro, che oggi ricordiamo come un maestro seduto in cattedra, ci insegna ad ascoltare queste parole di Gesù Cristo affinché noi apriamo le porte al Bene e chiudiamo fuori il Male. Un legame di amicizia, d’amore e perfino di fede, che ci conservi nella libertà, è un nodo che vale la pena di stringere sempre più. Ci sono invece nodi da sciogliere, legami opprimenti da cui occorre liberare: «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare li­beri gli oppressi e spezzare ogni giogo?», come ascoltavamo alcuni giorni fa dal profeta Isaia, è un preciso mandato quaresimale e un lavoro ecclesiale.

Signore Gesù, Tu hai detto:
«Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».
Aumenta la nostra fede
perché, in forza dello Spirito che da vita,
ti sentiamo vivo e presente in mezzo a noi
e la nostra vita quotidiana
sia un incontro di fiducia a Te
e con coloro che oggi incontreremo
sul nostro cammino.
Amen.

Dal Vangelo secondo Matteo (16,13-19)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Ho ricevuto ieri, via mail, questa canzone di Angelo Branduardi, che non conoscevo… mi pare bellissimo condividerla e meditarla insieme.

Che cosa ti ha fatto pensare
che ci fossero cieli più belli
al di là delle mura di casa
oltre il giardino in fondo alla strada
che cosa ti ha fatto pensare?

E quando hai passato il cancello
sulla strada che sale ad Assisi
Tu, il figlio del ricco mercante
senza un soldo e senza le scarpe
Francesco, uomo santo e felice.

E così te ne vai con i tuoi pochi
tanto ricco della tua povertà
così saggio da parlare anche col lupo
tanto sapiente da non volere niente.

Che cosa mi ha fatto pensare
questa sera a cieli più belli
al di là delle mura di casa
oltre il mare in fondo al tramonto
Che cosa mi ha fatto pensare?

E quando mi sento già stanco
Sulla strada che va poco lontano
io, il figlio di un padre qualunque
con le scarpe ma con poco coraggio
Francesco, mi sento già vecchio.

E così me ne vado da solo
sulla strada che sale ad Assisi
così solo da cercare ad ogni passo
la tua voce che ancora muove il grano.

Francesco, uomo santo e felice…


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Piccoli Pensieri (4)

Antonella

Gesù predica e le sue parole vengono interpretate dal popolo in relazione al loro vivere. E’ invece diverso sentire le sue parole e lasciarle agire in noi (come acqua su semi in un terreno fertile) per vedere la realtà sotto una luce diversa, con priorità diverse.

24 Febbraio 2021
Dania

A tu per tu con Gesù… Un tu che sa di relazione vera, di prossimità, intimità e nel cercare di capire chi è l’altro per me scopro chi sono io per Lui. “Un nome che suona come una canzone”, quello di ciascuno, per Colui che “ci ama di un amore senza fine”.
Il Signore non smetta mai di porci questa domanda e ci aiuti ogni giorno a darvi risposta, insieme ai pastori della Chiesa, affinché il gregge riesca ad andare nella giusta direzione.

22 Febbraio 2021

Orpo… Che bello conoscere il senso della parola “Cristo”! Io mica lo sapevo che significava l’inviato… Magari qualcuno me l’ha pure detto lungo il percorso, ma probabilmente non avevo ancora orecchie pronte per capirlo, chissà. Oggi quindi è un po’ come se scoprissi daccapo questo brano di vangelo ed è bello! Come bella e, a parer mio, anche molto paterna ed affettuosa la prima lettera di Pietro. Davvero un ottimo modo per iniziare questa giornata in cui tornerò in università, grazie mille Don Stefano!

22 Febbraio 2021

    Ad essere più preciso (e ovviamente l’errore di approssimazione è mio) Cristo significa “unto”. Nel mio pensare, e nel conseguente scrivere, ho dato subito voce alla conseguenza di quell’unzione. Unto, quindi eletto, prescelto per essere inviato (che di dice meglio con “Messia”) in mezzo a noi. Per quanto importante sia conoscere i termini teologici e i titoli che noi attribuiamo anche a Gesù, il nostro incontro con lui è ancor più decisivo. Noi pure ci scopriremo e ci conosceremo come degli “unti” e degli “inviati”.

    22 Febbraio 2021

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