Parole di esseri stanziali
La vita era precisamente in quelle sue parole. Le sue parole rigeneravano dalla fatica, rincuoravano dopo la paura, incoraggiavano dopo la sfiducia. Le sue parole, verità come poche altre, erano la via che porta alla Vita. La vita era nelle sue parole anche per il fatto che proprio la vita, nel suo quotidiano fluire, era oggetto del suo dire. Quanto diceva faceva riferimento alle cose di tutti i giorni.
Si creava così un punto di contatto e di incontro con i suoi ascoltatori, una vera ragione di dialogo. A volte anche di rottura. Parlava di pastori e di pecore. Ma parlava anche di agricoltori e di vigne. Parlava all’uomo che faceva lo stesso mestiere di Abele come all’uomo che faceva il mestiere di Caino. Parlava a chi, come i pastori, viveva quasi in modo nomadico e a chi, invece, stabilendosi in un preciso luogo iniziava a coltivare la terra per trarne sostentamento.
L’immagine della vigna – non è certo una delle coltivazioni più semplici e richiede cure costanti – sembra debba parlare anzitutto a gente stanziale, a chi, trovata la terra su cui mettere radici. Tra Caino e Abele sappiamo bene come le cose sono andate a finire: è l’uomo stanziale che difende la sua proprietà. Il pastore passa soltanto spingendo le greggi sempre oltre. Ci sarebbe da farci un pensiero su questa faccenda di uomini che cercano e uomini che hanno smesso di cercare, di uomini che stanno ancora provando la fatica del cammino e altri che si sono adagiati comodi.
Comunque sia, si intuisce un legame profondo e al contempo sottile: tra il pastore e le sue pecore, tra la vite e i tralci. E disse: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine». La vite ha questa precedenza rispetto ai tralci: essa viene prima dei tralci come a dichiarare questa precisa volontà di Dio a rimanere unito a noi.
O Dio,
che hai promesso di stabilire la tua dimora
in quanti ascoltano la tua parola e la mettono in pratica,
manda il tuo Spirito,
perché richiami al nostro cuore
tutto quello che Cristo ha fatto e insegnato,
e portiamo frutti di opere buone.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,1-8)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Mio Dio, prendimi per mano,
ti seguirò,
non farò troppa resistenza.
Non mi sottrarrò a nessuna delle cose
che mi verranno addosso in questa vita,
cercherò di accettare tutto
e nel modo migliore.
Ma concedimi di tanto in tanto
un breve momento di pace.
Non penserò più nella mia ingenuità,
che un simile momento
debba durare in eterno,
saprò anche accettare
l’irrequietezza e la lotta.
Il calore e la sicurezza mi piacciono,
ma non mi ribellerò se mi toccherà
stare al freddo purché
tu mi tenga per mano.
Andrò dappertutto allora,
e cercherò di non aver paura.
E dovunque mi troverò,
io cercherò
d’irraggiare un po’ di quell’amore,
di quel vero amore per gli uomini
che mi porto dentro.
(Etty Hillesum)
Gesù si serve delle cose semplici e quotidiane x trasmetterci le parole del Padre.Senza di me non potete fare nulla,ma proprio nulla.Signore rendici tuoi umili servi solo cosi porteremo frutto….